Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9510 del 18/04/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9510 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: CAMPANILE PIETRO

ORDINANZA
sul ricorso 15950-2011 proposto da:
CACCIAVILLANI IVONE (CCCVNI32C22L899M) elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso
lo studio dell’avvocato MANZI LUIGI, rappresentato e difeso da se
stesso;

– ricorrente contro
FONDAZIONE LA BIENNALE di VENEZIA (00330320276)in
persona del Presidente, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AURORA 39, presso lo studio dell’avvocato FUSANI MARIO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato GANDOLFI CRISTINA giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 18/04/2013

avverso la sentenza n. 653/2011 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del 19/01/2011, depositata il 24/03/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/11/2012 dal Consigliere Relatore Dott. PIETRO CAMPANILE;
è presente il P.G. in persona del Dott. LIBERTINO ALBERTO

RUSSO.
Ritenuto in fatto e in diritto
Il consigliere delegato ha depositato, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la
seguente relazione.
1 — L’avv. Ivone Cacciavillani, con atto di citazione notificato in data
16 febbraio 2002, conveniva in giudizio davanti il Tribunale di Venezia
la fondazione “La Biennale di Venezia” per ottenere, previa declaratoria della lesività del sentimento religioso cristiano, in conseguenza della presentazione, fuori concorso, nell’anno 1988, del film “L’ultima
tentazione di Cristo”, contenente — a suo criterio — una prospettazione in
termini dileggiatori della figura del Redentore, il risarcimento del pregiudizio di natura non patrimoniale personalmente subito.
1.1 — Instauratosi il contraddittorio, il tribunale adito, con sentenza n.
1914 del 2004, accoglieva l’eccezione di prescrizione sollevata dalla
convenuta ai sensi dell’art. 2947 c.c.. in relazione alla pretesa risarcitoria, rigettando, nel resto, la domanda.
2 – La Corte di appello di Venezia, con la decisione n. 653 del 24 marzo 2011, pronunciando, nel contraddittorio delle parti, sul gravame
proposto dall’avv. Cacciavillani, confermava la sentenza di primo grado, osservando, in primo luogo, che la tesi dell’appellante, secondo cui
egli non avrebbe potuto esercitare l’azione risarcitoria davanti al giudice ordinario prima della rimozione del provvedimento amministrativo
(in effetti impugnato davanti al T.A.R.), non era condivisibile, in quanto, venendo in considerazione la tutela di un diritto soggettivo,
l’azione era sorta immediatamente, e non era condizionata dalla rimozione dell’atto amministrativo. Pertanto si ribadiva che il termine previsto dall’art. 2947 c.c., al momento della proposizione della domanda,
era abbondantemente decorso.
Si aggiungevano talune considerazioni sull’inesistenza, nel nostro ordinamento, di un diritto del singolo all’impedimento di manifestazioni di

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4 – Si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio,
imponendosene il rigetto, in considerazione della manifesta infondatezza.
5 — Vale bene premettere, per una migliore comprensione della vicenda processuale, che, come emerge anche dalla ricostruzione contenuta
nel ricorso, in data 13 agosto 1988 l’avv. Cacciavillani aveva impugnato
davanti al TAR del Veneto l’atto con il quale la Biennale aveva invitato alla proiezione “fuori concorso” il film considerato basfemo. Con
sentenza in data 4 febbraio 2002, il TAR adito dichiarava il difetto di
giurisdizione, essendo stata azionata la tutela di un diritto soggettivo,
per altro leso, in sostanza, dal comportamento dell’ente consistente nel
disporre e consentire la proiezione del film. Pochi giorni dopo l’avv.
Cacciavillani adiva l’autorità giudiziaria ordinaria, ed il giudizio si svolgeva nei termini sopra indicati.
6 — Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art.
2943, comma 1 c.c., nonché sui principi generali del diritto processaule
sulla disciplina della translatio judicii, affermati da Corte Cost. n. 77 del
2007, poi recepiti dall’art. 59 della 1. n. 69 del 2009, in relazione all’art.
360 c.p.c..
Assume il ricorrente che all’epoca della proposizione del ricorso al
TAR “non si pensava neppure di chiedere il risarcimento del danno da atto amministrativo illegittimo prima che ne fosse stato disposto l’annullamento da parte del
GA”. La domanda di risarcimento del danno, pertanto, venne avanzata, in base al principio della translatio iudicii, davanti al giudice indicato
nella sentenza declinatoria della giurisdizione.
7 – La censura è all’evidenza infondata, non essendo consentito proporre, nel giudizio riassunto in virtù dei principi in tema di translatio jiudicii, temi nuovi o diversi rispetto a quelli già in precedenza azionati,
con la conseguenza che l’efficacia degli effetti processuali e sostanziali
dell’originaria domanda non può estendersi oltre i confini contrassegnati dai limiti della stessa. Ne consegue che la riassunzione del giudizio non poteva comunque implicare la salvezza di effetti che davanti al
giudice amministrativo — non essendo stata azionata alcuna pretesa risarcitoria — non potevano prodursi.
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pensiero o artistiche contrarie alla visione della morale della vita secondo i principi della religione cristiana.
3 – Per la cassazione di tale decisione propone ricorso l’Avv. Cacciavillani, deducendo tre motivi, cui la Fondazione “La Biennale di Venezia”
(d’ora in poi, per brevità, Biennale) resiste con controricorso.

8 – Deve in proposito rilevarsi come l’affermazione della corte territoriale, secondo cui, trattandosi della tutela di un diritto soggettivo,
l’azione sorgeva direttamente – ragion per cui non si richiedeva che
fosse preliminarmente annullato l’atto amministrativo asseritamente lesivo -, oltre a non risultare adeguatamente censurata, è conforme a un
consolidato orientamento giurisprudenziale.
Ed invero il tema della c.d. pregiudizialità amministrativa — per il vero
superato, con riferimento al periodo considerato, anche per la tutela
degli interessi legittimi (Cass., Sez. un., Cass., 22 luglio 2004, n.
13619), riguardava la possibilità o meno di agire direttamente per la tutela di quegli interessi non solo pregiudicati dall’atto amministrativo,
ma dallo stesso “affievoliti”, per usare la terminologia dell’epoca, in
quanto,.
Tale fenomeno giuridico non investiva i diritti della personalità del ricorrente, per loro natura non correlati a poteri della pubblica amministrazione, idonei ad affievolirli (cfr. per tutte, Cass., Sez. Un., 10 no
vembre 1992, n. 12102), ragion per cui la controversia riguardante la
lesione di tali diritti non poteva che essere attribuita, direttamente ed
immediatamente, al giudice ordinario.
9 — Per completezza di esposizione va osservato che la validità della tesi secondo cui non può attribuirsi, per i motivi già esposti – efficacia
interruttiva del decorso del termine prescrizionale del diritto al risarcimento del danno a un’azione esercitata n via amministrativa per la
rimozione dell’atto asseritamente lesivo, non risulta intaccata dal principio affermato da questa Corte in merito all’effetto interruttivo della
tutela demolitoria rispetto a quella risarcitoria nel caso di danno ingiusto provocato da atto amministrativo illegittimo in materia di espropriazione (Cass., Sez. un., 8 aprile 2008, n. 9040). In tal caso, infatti, si
è ritenuto di porre rimedio alle situazioni, anteriori alla nota decisione
di questa Corte n. 500 del 1999, in cui si riteneva, in virtù del principio
della pregiudizialità amministrativa, che fosse necessario attendere
l’annullamento per poter risarcire il danno arrecato dal sacrificio di situazioni di diritto degradato ad interesse. Le sezioni unite hanno affermato, in maniera del tutto condivisibile, che “la svolta giurisprudenziale che ha reso possibile la riparazione del danno da attività provRic. 2011 n. 15950 sez. M1 – ud. 21-11-2012
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In proposito va rilevato che è assolutamente pacifico che il ricorso
proposto in sede amministrativa non conteneva alcuna domanda ai
sensi dell’art. 2043 c.c., come ammette Io stesso ricorrente, laddove
esplicitamente sostiene la ritenuta impossibilità, all’epoca, di esperire
l’azione aquiliana prima che fossero rimossi gli effetti dell’atto amministrativo ritenuto illegittimo.

10) Non ricorre, pertanto, nessun valido elemento ostativo alla decorrenza del termine prescrizionale, come correttamente rilevato dalla corte territoriale.
La rilevata infondatezza della censura inerente alla prescrizione rende
superfluo l’esame dei rimanenti motivi, attinenti al merito, evidentemente assorbiti.
Il Collegio condivide la relazione, ritualmente comunicata al P.G. e notificata alle parti costituite. Tale condivisione è preclusiva della richiesta, avanzata nella memoria, di rimessione della causa all’udienza pubblica, dovendosi per altro richiamare i più recenti approdi della giurisprudenza costituzionale in merito alla compatibilità, anche sulla base
delle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo, del rito carnerale con il giudizio di legittimità (Corte cost. , n. 80 del 2011).
Quanto al merito, osserva il Collegio che il riogferimento, contenuto
nella memoria depositata dal ricorrente, a un giudicato implicito sulla
lesività della condotta affermata nella decisione di primo grado, non
coglie nel segno, in quanto la sentenza impugnata, come del resto il
presente giudizio di legittimità, sono incentrati sulla prescrizione
dell’azione risarcitoria. A tale riguardo deve ribadirsi l’inconferenza del
principio della translatio judicii con riferimento alla domanda già presentata davanti al giudice amministrativo, non contenendo la stessa alcun
riferimento alla pretesa risarcitoria, all’epoca già proponibile, come evidenziato nella relazione, davanti al giudice ordinario.
Deve, pertanto, procedersi al rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore della controparte, che si liquidano, come in dispositivo, ai sensi del D.M. n. 140 del
2012.
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vedimentale illegittima, senza la preventiva impugnazione dell’atto
amministrativo, non può, paradossalmente, aver pregiudicato nella sostanza, anziché migliorarla, la posizione del privato che lamenta un
danno quale conseguenza di quell’atto”.
Appare del tutto evidente la diversità del caso esaminato, nel quale
viene in considerazione la tutela in via aquiliana di un diritto della personalità., mai degradato, né degradabile, a interesse legittimo, ragion
per cui l’azione esperibile dall’avv. Cacciavillani, come sopra evidenziato, non ha mai subito l’influsso, anche prima della richiamata svolta
giurisprudenziale, del principio della pregiudizialità (a tacere del fatto
che l’invito a partecipare a una mostra cinematografica assume rilievo
sotto il profilo comportamentale e non sembra implicare il ricorso
all’emanazione di un provvedimento amministrativo).

P. Q. M.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile — 1 , il 21 novembre 2012.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controparte costituita, delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, liquidate in € 1.900,00, di cui €
1.700,00 per compensi, oltre accessori di legge.

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