Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9510 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. II, 09/04/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 09/04/2021), n.9510

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 23257 – 2019 R.G. proposto da:

B.A., – nato in (OMISSIS) il (OMISSIS) – elettivamente

domiciliato in Roma, alla via Augusto Riboty, n. 23, presso lo

studio dell’avvocato Valeria Gerace che lo rappresenta e difende in

virtù di procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, – c.f. (OMISSIS) – in persona del Ministro

pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

domicilia per legge;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 45/2019 della Corte d’Appello di Cagliari;

udita la relazione nella camera di consiglio del 17 novembre 2020 del

consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. B.A., cittadino del (OMISSIS), formulava istanza di protezione internazionale.

Esponeva che era fuggito dal (OMISSIS) perchè perseguitato dal padre, iman, islamico integralista, che disapprovava il suo stile di vita e le sue frequentazioni; che il padre lo aveva più volte minacciato e percosso ed in una occasione per giunta gli aveva cagionato la frattura di un braccio.

2. La competente Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale rigettava l’istanza.

3. Con ordinanza in data 23.2.2017 il Tribunale di Cagliari respingeva il ricorso esperito da B.A. avverso il provvedimento della commissione.

4. B.A. proponeva appello.

Non si costituiva il Ministero dell’Interno.

5. Con sentenza n. 45/2019 la Corte di Cagliari dichiarava inammissibile il gravame.

Evidenziava la corte che i motivi di appello erano generici e non correlati alle motivazioni del primo dictum.

Evidenziava altresì che unicamente in seconde cure l’appellante aveva dedotto di essere omosessuale, sicchè si trattava di nuova allegazione.

Evidenziava inoltre che nulla l’appellante aveva addotto a censura delle affermazioni del tribunale circa l’inattendibilità delle sue dichiarazioni.

Evidenziava infine che unicamente in grado d’appello e quindi in maniera inammissibile B.A. aveva prodotto documentazione – contratti di lavoro – a sostegno dell’invocata protezione umanitaria; che in ogni caso trattavasi di documentazione inidonea, siccome i contratti di lavoro a tempo determinato non valevano a dar adeguatamente conto del suo inserimento nel contesto socioeconomico italiano.

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso B.A.; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.

Il Ministero dell’Interno ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

7. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della Convenzione di Ginevra del 28.7.1951 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14.

Premette che la corte di merito ha ritenuto insussistenti i presupposti per il riconoscimento di qualsivoglia forma di protezione internazionale.

Indi deduce che, pur a reputarlo inattendibile, la corte distrettuale avrebbe dovuto, sulla scorta dei suoi poteri officiosi, approfondire la situazione generale del suo paese d’origine, onde riscontrare l’esistenza di una situazione di violenza generalizzata.

Deduce che la corte non ha considerato che è stato vittima di violenza seppur da parte di un soggetto non statuale.

Deduce che ha errato la corte territoriale a negare la protezione umanitaria; che il rimpatrio comprometterebbe i suoi fondamentali diritti alla salute ed all’alimentazione.

8. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia l’omesso errato esame della vicenda narrata in relazione alla situazione di violazione dei diritti umani esistente in (OMISSIS).

Deduce che la corte cagliaritana ha valutato superficialmente le sue dichiarazioni, così radicalmente travisandole.

Deduce che la corte sarda non ha tenuto conto che in (OMISSIS) i diritti umani vengono sistematicamente violati, non esiste un adeguato sistema giudiziario ed è radicata l’omofobia.

Deduce che ha errato la corte di seconde cure a non avvalersi dei suoi poteri istruttori officiosi.

9. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della Direttiva Europea 2004/83/CE del Consiglio del 29.4.2004 e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3.

Deduce che ha errato la Corte di Cagliari a non avvalersi dei suoi poteri istruttori officiosi, onde riscontrare i fatti addotti alla sua valutazione.

10. I rilievi che la delibazione dei motivi di ricorso postula, tendono a sovrapporsi e a riproporsi; il che suggerisce la disamina simultanea dei mezzi di impugnazione, che comunque sono senz’altro inammissibili.

11. Si è dato conto in precedenza, analiticamente, delle ragioni che hanno indotto la Corte d’Appello a dichiarare inammissibile il gravame esperito da B.A. avverso l’ordinanza del 23.2.2017 del Tribunale di Cagliari.

Ulteriormente la corte di seconde cure ha specificato che l’appellante aveva invocato con la comparsa conclusionale il riconoscimento della protezione umanitaria (cfr. sentenza d’appello, pag. 7).

E’ indubitabile quindi che gli esperiti motivi di ricorso per cassazione per nulla si correlano alla ratio decidendi della declaratoria di inammissibilità operata dal secondo giudice.

Evidentemente soccorre l’insegnamento di questa Corte secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia impugnata (cfr. Cass. (ord.) 10.8.2017, n. 19989; Cass. 17.7.2007, n. 15952).

12. Ovviamente il controllo di legittimità demandato a questa Corte, eccettuate l’ipotesi della cosiddetta revisio per saltum e l’ipotesi di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 3, ha per oggetto la sola decisione di appello e non anche la decisione di primo grado e le considerazioni che la sorreggono (cfr. Cass. 7.6.2002, n. 8265; Cass. sez. lav. 18.7.1989, n. 3367; Cass. 6.2.1989, n. 722).

Del resto la sentenza di secondo grado assorbe e sostituisce quella resa in primo grado, ancorchè si limiti a confermarla (cfr. Cass. 7.6.2002, n. 8265).

Cosicchè è del tutto fuor di luogo la deduzione, veicolata dal primo motivo di ricorso (cfr. pag. 9), secondo cui ha errato il giudice del primo grado a qualificare sicura la situazione del (OMISSIS), ove viceversa esiste una situazione generalizzata di violazione dei diritti umani.

13. Il Ministero dell’Interno sostanzialmente non ha svolto difese. Nonostante la declaratoria di inammissibilità del ricorso nessuna statuizione in ordine alle spese va pertanto assunta.

14. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

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