Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9509 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. II, 09/04/2021, (ud. 17/11/2020, dep. 09/04/2021), n.9509

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 23233 – 2019 R.G. proposto da:

M.O., – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliato, con

indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Roma, alla via degli Ottavi,

n. 9, presso lo studio dell’avvocato Massimiliano Scaringella, che

disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato Fabio Loscerbo, lo

rappresenta e difende in virtù di procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, – c.f. (OMISSIS) – in persona del Ministro

pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12,

domicilia per legge;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 2992/2019 del Tribunale di Bologna;

udita la relazione nella camera di consiglio del 17 novembre 2020 del

consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. M.O., cittadino del (OMISSIS), formulava istanza di protezione internazionale.

Esponeva che aveva abbandonato il proprio paese per ragioni di salute, ovvero per la necessità di sottoporsi ad un delicato intervento chirurgico.

2. La competente Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale rigettava l’istanza.

3. Con decreto n. 2992/2019 il Tribunale di Bologna respingeva il ricorso proposto da M.O. avverso il provvedimento della commissione.

Evidenziava peraltro – il tribunale – che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento della protezione umanitaria, siccome, in caso di rimpatrio, il ricorrente non si sarebbe ritrovato in condizioni di vulnerabilità.

Evidenziava, per un verso, che i certificati medici allegati, risalenti al (OMISSIS), davano conto di situazioni patologiche per le quali sarebbe stato sufficiente il trattamento medico neurologico ed, altresì, che il ricorrente non aveva riferito di aver effettuato successivamente altri accertamenti.

Evidenziava, per altro verso, che il ricorrente poteva far affidamento nel paese d’origine sui suoi legami familiari e non svolgeva in Italia alcuna attività lavorativa, sicchè in Italia non poteva in alcun modo considerarsi integrato.

4. Avverso tale decreto ha proposto ricorso M.O.; ne ha chiesto sulla scorta di cinque motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.

Il Ministero dell’Interno ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese.

5. Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5.

Deduce che ha errato il tribunale a reputare inattendibili le sue dichiarazioni e a non avvalersi dei suoi poteri istruttori officiosi.

6. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 11 e 17.

Deduce che, ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, il giudice deve valutare tutte le circostanze del caso concreto e non deve fondarsi esclusivamente sulla ritenuta inattendibilità delle dichiarazioni all’uopo rese.

7. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia.

Deduce che l’impugnato decreto non reca puntuale specificazione della disciplina legislativa applicata ai fini dell’operato riscontro di inattendibilità delle sue dichiarazioni e dunque ai fini dell’operato disconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria.

8. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia.

Deduce che in tema di protezione umanitaria la motivazione è del tutto “apparente”, viepiù a fronte degli elementi di valutazione a tal riguardo addotti.

Deduce che il riconoscimento della protezione umanitaria prescinde dal riscontro di attendibilità delle dichiarazioni rese.

9. Con il quinto motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione di legge; l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia.

Deduce che ha errato il tribunale a disconoscere la protezione umanitaria; che in ipotesi di rimpatrio i suoi diritti fondamentali, ovvero il diritto alla salute, all’alimentazione, subirebbero una significativa menomazione.

10. I rilievi postulati dalla delibazione dei motivi tutti di ricorso tendono, per ampia parte, a sovrapporsi e a riproporsi; il che suggerisce la disamina simultanea dei mezzi di impugnazione, che comunque sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, siccome il Tribunale di Bologna ha statuito in modo conforme alla giurisprudenza di questa Corte.

11. Si premette che il tribunale ha specificato che il ricorrente si era “limitato ad addurre genericamente problemi di salute” (così decreto impugnato, pag. 3) e su tale scorta ha precisato che M.O. non aveva allegato alcuna circostanza atta a giustificare il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero il riconoscimento della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

In questi termini, innegabilmente, le censure veicolate dal primo, dal secondo e dal terzo motivo non si correlano puntualmente alla ratio decidendi (cfr. Cass. (ord.) 10.8.2017, n. 19989, secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, è necessario che venga contestata specificamente la “ratio decidendi” posta a fondamento della pronuncia impugnata; Cass. 17.7.2007, n. 15952, secondo cui i motivi di ricorso per cassazione devono connotarsi, a pena di inammissibilità, in conformità ai requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata).

12. E parimenti per nulla pertinenti sono sia la deduzione secondo cui il tribunale avrebbe dovuto valutare tutti gli elementi del caso concreto (cfr. ricorso, pag. 7) sia la deduzione – veicolata dal terzo motivo – secondo cui non sarebbe dato “comprendere quale sia la legislazione richiamata allorquando il giudice ritiene che la mancanza di credibilità impedisca il riconoscimento dello status di rifugiato così come anche della protezione sussidiaria” (così ricorso, pag. 8), sicchè risulterebbe menomata la possibilità per il ricorrente di contraddire.

13. In ogni caso questa Corte spiega che, nel giudizio relativo alla protezione internazionale del cittadino straniero, la valutazione di attendibilità, di coerenza intrinseca e di credibilità della versione dei fatti resa dal richiedente, non può che riguardare – tendenzialmente – tutte le ipotesi di protezione prospettate nella domanda, qualunque ne sia il fondamento; cosicchè, ritenuti non credibili i fatti allegati a sostegno della domanda, non è necessario far luogo a un approfondimento istruttorio ulteriore, attivando il dovere di cooperazione istruttoria officiosa incombente sul giudice, dal momento che tale dovere non scatta laddove sia stato proprio il richiedente a declinare, con una versione dei fatti inaffidabile o inattendibile, la volontà di cooperare, quantomeno in relazione all’allegazione affidabile degli stessi (cfr. Cass. (ord.) 20.12.2018, n. 33096; Cass. 12.6.2019, n. 15794).

Su tale scorta del tutto legittimo è – recte, sarebbe stato – il mancato esercizio, da parte del tribunale, dei poteri istruttori officiosi.

Cosicchè il ricorrente non ha – recte, non avrebbe avuto – motivo per addurre che il tribunale “avrebbe dovuto esercitare il potere/dovere istruttorio per l’acquisizione di aggiornate informazioni sul paese di provenienza” (così ricorso, pag. 6).

14. Si rimarca inoltre che nel vigore del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – al di là dell’ipotesi del “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”, insussistente nel caso de quo – non è più configurabile il vizio di contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del medesimo art. 360 c.p.c., n. 4 (cfr. Cass. (ord.) 6.7.2015, n. 13928).

15. Privo di fondamento è l’assunto secondo cui la motivazione in punto di “umanitaria” è del tutto “apparente”.

Si è premesso che il tribunale ha, in parte qua, indicato gli elementi cui ha correlato il proprio convincimento ed in pari tempo ha fatto luogo ad una loro approfondita disamina logico – giuridica, sì da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16762; Cass. 24.2.1995, n. 2114).

E si è anticipato che il giudizio di inattendibilità si riflette – recte, si rifletterebbe – pur sul terreno della protezione umanitaria.

16. Comunque il quarto ed il quinto motivo di ricorso recano, al più, censura del giudizio “di fatto” cui, in punto di “umanitaria”, il tribunale ha atteso, giudizio “di fatto” inevitabilmente postulato dalla valutazione comparativa, caso per caso, necessaria ai fini del riscontro della condizione di “vulnerabilità” – e soggettiva e oggettiva – del richiedente.

17. Ebbene, in quest’ottica, è da escludere recisamente – nel solco, appunto, dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 alla cui stregua le doglianze concernenti l'”umanitaria” sostanzialmente si qualificano – che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte, e tra le quali non è annoverabile il semplice difetto di sufficienza della motivazione, possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui il tribunale ha ancorato il disconoscimento della protezione “residuale”.

18. D’altronde il ricorrente sollecita questa Corte a rivalutare le risultanze di causa, ossia che è integrato in Italia, parla perfettamente l’italiano e non ha in (OMISSIS) alcun legame familiare (cfr. ricorso, pag. 16).

E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nè in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4, – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. (ord.) 26.9.2018, n. 23153).

19. In dipendenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso il ricorrente va condannato a rimborsare al Ministero dell’Interno le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.

20. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente, M.O., a rimborsare al Ministero dell’Interno le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 2.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sez. Seconda civ. della Corte Suprema di Cassazione, il 17 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

 

 

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