Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9507 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. II, 09/04/2021, (ud. 23/06/2020, dep. 09/04/2021), n.9507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23593-2019 proposto da:

M.F., rappresentato e difeso dall’Avvocato MASSIMO

GILARDONI, ed elettivamente domiciliato presso la Cancelleria

sezionale della CORTE di CASSAZIONE in ROMA;

– ricorrente –

contro

MINISTERO dell’INTERNO, in persona del Ministro pro-tempore,

rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in ROMA, VIA dei PORTOGHESI 12 è

domiciliato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 80/2019 della CORTE d’APPELLO di TORINO

depositata l’11/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/06/2020 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Torino, con la sentenza n. 80/2019, pubblicata l’11/01/2019, confermando l’ordinanza di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da M.F., cittadino proveniente dalla regione dell'(OMISSIS), nel (OMISSIS).

Il richiedente aveva riferito di avere lasciato la propria abitazione che era stata distrutta nel corso di un bombardamento effettuato dalla forze armate indiane, nell’ambito di un conflitto latente tra (OMISSIS) ed (OMISSIS) che si svolge mediante attacchi transfrontalieri; e quindi di avere abbandonato il proprio paese per cercare lavoro per aiutare la sua famiglia, che era molto povera. Chiedeva, pertanto, il riconoscimento della protezione sussidiaria e, in subordine, di quella umanitaria.

La Corte territoriale ha escluso il pericolo di un danno grave alla persona in relazione alle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) nonchè la sussistenza, nell’area di provenienza del richiedente, di una situazione di violenza generalizzata, come richiesto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ed ha inoltre respinto la richiesta di protezione umanitaria, rilevando la mancanza di una specifica situazione di vulnerabilità del richiedente.

Avverso detta sentenza M.F. propone ricorso per cassazione, con due motivi; resiste il Ministero dell’Interno con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorrente deduce, pregiudizialmente, la ammissibilità del suo ricorso per cassazione, in applicazione del termine ex art. 327 c.p.c.

Peraltro, neppure il controricorrente svolge, dal canto suo, alcuna censura in merito alla tempestività del ricorso, posto che in tema di riconoscimento della protezione internazionale, la disciplina introdotta con il D.L. n. 13 del 2017, conv. con modif. dalla L. n. 46 del 2017, si applica, ai sensi dell’art. 21, comma 1 citato decreto, alle controversie instaurate successivamente al 18.8.2017; di conseguenza, per la proposizione del ricorso per cassazione avverso le controversie instaurate anteriormente a quella data si applica la precedente disciplina, anche riguardo al termine semestrale ed alla sospensione dei termini durante il periodo feriale (Cass. n. 8203 del 2020; Cass. n. 6597 del 2020; Cass. n. 18295 del 2018).

2. – Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la “violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione al D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3,4,5,6,7 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 degli artt. 2 e 3 CEDU ex artt. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 per avere la Corte di appello di Torino escluso la protezione sussidiaria nel silenzio assoluto sulla situazione generale del (OMISSIS) ed in violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 nonchè per avere omesso di considerare la condizione di vulnerabilità personale che discende dalla situazione del paese di provenienza avuto rigardo alla Libia”.

2.1. – Il motivo è inammissibile, per genericità.

2.2. – Come questa Corte ha già affermato (ex plurimis di recente Cass. n. 9600 del 2019), la valutazione in ordine al racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero sotto il profilo della mancanza assoluta della motivazione, della motivazione apparente, o perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. 3340/2019).

Nel caso di specie la Corte territoriale ha ritenuto, con motivazione logica, coerente ed adeguata, che il racconto del richiedente riguardi un caso di emigrazione dettata da ragioni economiche, giacchè il richiedente stesso ha ammesso di avere lasciato il paese in quanto non riusciva a provvedere al sostentamento della fam la con la propria attività lavorativa. Tale valutazione non è stata censurata in modo specifico dal ricorrente, che si sofferma su circostanze del tutto generiche ed inidonee ad incidere sull’articolato apprezzamento del giudice di merito, che, come già evidenziato, ha in radice escluso la credibilità del racconto.

3. – Con il terzo motivo, il ricorrente deduce la “Violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 2 avuto riguardo alle condizioni legittimanti il rilascio del permesso umanitario”.

3.1. – Il motivo è inammissibile.

3.2. – Anche con riferimento al mancato riconoscimento della protezione umanitaria, ferma la ritenuta inapplicabilità al caso di specie del D.L. n. 113 del 2018 conv. nella L. n. 132 del 2018 (in tal senso Cass., sez. un., n. 29459 del 2019; Cass. n. 4890 del 2019) si rileva la genericità della censura, unicamente fondata sulla omessa valutazione della documentazione attestante l’inserimento lavorativo ed il percorso di integrazione.

Si osserva al riguardo che lo specifico tenore del racconto svolge un ruolo rilevante anche ai fini della protezione umanitaria, atteso che, ai fini di valutare se il richiedente abbia subito una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, essa dev’essere correlata alla condizione personale che ha determinato le ragioni della partenza, secondo le allegazioni del richiedente, la cui attendibilità soltanto consente l’attivazione dei poteri officiosi (Cass. n. 4455 del 2018).

Va inoltre rilevato che non può essere riconosciuto al cittadino straniero il diritto al permesso di soggiorno per motivi umanitari, di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, considerando isolatamente ed astrattamente il suo livello di integrazione in Italia, nè il diritto può essere affermato in considerazione del contesto di una generale e non specifica compromissione dei diritti umani accertato in relazione al Paese di provenienza, atteso che il rispetto del diritto alla vita privata di cui all’art. 8 CEDU, può soffrire ingerenze legittime da parte di pubblici poteri finalizzate al raggiungimento d’interessi pubblici contrapposti quali quelli relativi al rispetto delle leggi sull’immigrazione, particolarmente nel caso in cui lo straniero non possieda uno stabile titolo di soggiorno nello Stato di accoglienza, ma vi risieda in attesa che sia definita la sua domanda di riconoscimento della protezione internazionale (Sentenza CEDU 8/4/2008 Ric. 21878 del 2006 Caso Nyianzi c. Regno Unito)(Cass. 17072/2018).

3. – Il ricorso è inammissibile. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Va emessa la dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controparte le spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 2.100,00, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito. Ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 23 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

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