Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9504 del 30/04/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 9504 Anno 2014
Presidente: BURSESE GAETANO ANTONIO
Relatore: PARZIALE IPPOLISTO

SENTENZA
sul ricorso 6902-2008 proposto da:
DONAZZAN DANILO, DNZ DNL 57M17 A703B, domiciliato ex
lege in ROMA, presso la cancelleria della Corte di Cassazione,
rappresentato e difeso dall’avvocato BRUSADIN SERGIO, come da
procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente contro
STEVAN LUIGI O LUIGINO, PIA PIERGIORGIO, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio
dell’avvocato

ciccorn

SABINA, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato NICHELE GIAMPIETRO, come da procura
speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

z 63p113

Data pubblicazione: 30/04/2014

avverso la sentenza n. 25/2007 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA, depositata il 12/01/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
13/12/2013 dal Consigliere Dott. IPPOLISTO PARZIALE;
udito l’Avvocato Sergio Brusadin per il ricorrente e l’avv. Giovanni

conclusioni assunte;
udito il sostituto procuratore generale, dott. Carmelo Sgroi, che
conclude per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con atto di citazione notificato il 7 settembre 1990 il sig. Danilo
Donazzon conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Bassano del
Grappa, il sig. Piergiorgio Pia con il quale aveva stipulato, il 22 gennaio
1988, un contratto preliminare per l’acquisto di un garage interrato, che
al momento della conclusione del preliminare non era ancora stato
realizzato, a fronte del trasferimento della proprietà di un’autovettura.
L’attore esponeva che il manufatto era stato consegnato con grave
ritardo rispetto ai tempi concordati e con gravi difetti riguardanti
l’impermeabilizzazione delle pareti interrate nel garage.
Per questi motivi chiedeva la condanna del convenuto Pia
all’eliminazione dei vizi e al risarcimento dei danni per il ritardato
adempimento.
Si costituiva il sig. Pia deducendo che le infiltrazioni erano correlate al
mancato completamento dell’opera e che di tali inconvenienti doveva
essere chiamato a rispondere il sig. Luigi Stevan, titolare dell’impresa
edile cui erano state commissionate le opere. Pertanto, chiedeva la
chiamata in causa del suddetto sig. Stevan per essere da questi
manlevato e, in via riconvenzionale, domandava la condanna dell’attore

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Giuffré per delega per i contro ricorrenti, che si riportano agli atti e alle

al pagamento del maggior valore del bene negoziato, essendo la
superficie del garage realizzato superiore a quella concordata.
Si costituiva, altresì, il sig. Stevan rilevando che l’opera era stata
eseguita secondo le istruzioni impartite dal committente sig. Pia.
Nel corso del giudizio era disposta la c.t.u. ed acquisite testimonianze.

rigettava le domande proposte sia dall’attore dal convenuto
compensando le spese di lite.
Il giudice di prime cure riteneva, infatti, che il programma negoziale
contenuto nella scrittura privata del 22 gennaio 1988, qualificata in
termini di contratto preliminare, fosse stato adempiuto con la stipula
del definitivo intervenuta, in corso di causa, il 4 novembre 1992, sicché
il perfezionamento dell’operazione comportava il rigetto delle pretese
azionate, in quanto l’atto di vendita era avvenuto nello stato di fatto e
di diritto in cui si trovava il bene, i cui vizi erano perfettamente
conosciuti dai contraenti.
3. Avverso tale decisione proponeva appello il sig. Donazzan. Si
costituiva in giudizio il sig. Pia resistendo al gravame e proponendo
appello incidentale subordinato con cui chiedeva la condanna del
Donazzon al pagamento della somma di € 4.415,00. Si costituiva altresì
il sig. Stevan chiedendo il rigetto dell’appello.
Il sig. Donazzan deduceva l’errata qualificazione compiuta dal giudice
in ordine all’operazione conclusa in data 4 novembre 1992,
evidenziando che, al di là delle espressioni utilizzate dalle parti, la
stessa costituiva un vero e proprio contratto le cui prestazioni erano
state eseguite prima della stipula notarile. Dunque, attraverso il rogito
non si sarebbe operato alcun trasferimento e, pertanto, i preesistenti
vizi dell’opera non potevano considerarsi rinunciati.

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2. Con sentenza del 24 luglio 2001 il Tribunale di Bassano del Grappa

4. Con sentenza del 6 dicembre 2006, la Corte d’Appello di Venezia
rigettava l’appello principale e quello incidentale confermando la
sentenza di primo grado.
La Corte Territoriale osservava che l’atto sottoscritto in data 4
novembre 1992 aveva un contenuto misto: da un lato i contraenti

corrispettivo di un’autovettura di proprietà del promettente acquirente,
dall’altro veniva commissionata la realizzazione del manufatto in
oggetto, dei cui tratti caratteristici veniva data una descrizione
sommaria.
La Corte d’Appello, pur effettuando una qualificazione della vicenda
negoziale parzialmente diversa rispetto al Tribunale, riteneva di
condividere l’impianto motivazionale della sentenza di primo grado: la
stipulazione del contratto definitivo intervenuta in corso di causa aveva
comportato l’accettazione dei vizi dell’opera per i quali era stata avviata
l’azione giudiziale, nella misura in cui l’immobile era stato negoziato
nello stato di fatto e di diritto, ben conosciuto dalle parti contraenti, in
cui lo stesso si trovava.
5. Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione il sig.
Donazzan, articolando quattro motivi di gravame. Resistono con
controricorso i sig.ri Pia e Stevan. Il ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DEL RICORSO
1. I motivi del ricorso.
1.1 Col primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 360 n. 4 c.p.c. la

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«nullità della senten a impugnata per violcqione dell’art. 112 oc per avere detta
sentenza omesso di pronunciare sulla domanda formulata dall’appellante
Donaln Danilo in atto di citazione di appello e ribadita nelle conclusioni di II
grado che il giudice di prime cure era andato ultra petita, dato che mai le
controparti Pia e Stevan, durante il primo grado, avevano eccepito che l’atto notarile
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concludevano la compravendita di un garage interrato a fronte del

di trasferimento del bene de quo, fatto successivamente alla notifica della citazione
senta alcun riferimento alla causa in corso e quindi senta salvarne gli effetti,
comportasse la “destituzione di ogni fondamento delle domande versate in causa
dall’attore e dal convenuto” dato che oggetto dell’atto notatile (atto definitivo rispetto
a quello inkiale ritenuto preliminare) era il manufatto così come costruito e non

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trattandosi all’evidenza di un ‘ecce ione non rilevabile d’ufficio ma rilevabile e
utiliabile solo di fronte ad esplicita proposizione ad iniziativa di parte».
Il giudice di primo grado è incorso nel vizio di ultrapetizione
affermando che l’atto di compravendita intervenuto in corso di causa
avesse il significato di una tacita rinuncia alla domanda giudiziale di
eliminazione dei vizi del bene compravenduto. L’eccezione della tacita
rinuncia in seguito alla stipula dell’atto notarile è eccezione in senso
stretto, pertanto il giudice di primo grado non poteva rilevarla d’ufficio
ponendola come unico motivo della reiezione delle domande svolte
dall’attore.
Il vizio di ultrapetizione è stato puntualmente dedotto dal sig.
Donazzan tra i motivi d’appello, ma la Corte Territoriale,
contravvenendo ai suoi doveri decisori di cui all’articolo 112 c.p.c., non
ha nemmeno preso in considerazione la domanda, incorrendo nel vizio
di omessa pronuncia che integra un error in procedendo idoneo a rendere
nulla la sentenza e deducibile in cassazione ai sensi dell’articolo 360, n.
4, c.p.c.
Ai sensi dell’articolo 366 bis c.p.c. viene formulato il seguente quesito
di diritto:
«Di fronte alla domanda formulata in atto di citazione di appello e ribadita in
conclusioni di accertare e dichiarare che il giudice di I grado è andato ultra petita,
avendo il primo giudice applicato d’ufficio un ‘eccezione in senso stretto, applicabile
invece solo su richiesta tempestiva di parte, può dichiararsi la nullità della sentenza
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come originariamente previsto e i cui vki erano ampiamente noti alle pani”,

dell’appello se il giudice dell’appello, cui è stata sottoposta espressamente la relativa
domanda che il giudice è andato ultra petita, omette del tutto l’esame di questa
domanda, determinante nella decisione di conferma della sentenza di primo
grado?».
1.2 Con il secondo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’art. 360, n.

clausola n. 3 dell’atto notatile, omesso di prendere in considercqione l’art. 1362 c.c
che recita “Neltintopretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune
interqione delle parti e non limitarsi al senso letterale delle parole. Per determinare

z

la comune inten ione delle parti si deve valutare il loro comportamento complessivo
anche posteriore alla conclusione del contratto”».
Il giudice avrebbe dovuto esaminare il comportamento delle parti
prima e dopo la stipula del contratto del 4 novembre 1992, per valutare
la loro effettiva volontà.
Il sig. Pia, parte venditrice del presunto contratto preliminare, era
obbligato a costruire un garage sito in gran parte nella proprietà del
promittente acquirente, sig. Donazzan, e in piccola parte nella
proprietà dello stesso venditore. Terminato il garage quest’ultimo ne
entrava subito in possesso e, accertati i gravi difetti del manufatto,
promuoveva il giudizio innanzi al Tribunale di Bassano del Grappa.
L’atto notarile del 4 novembre 1992 fu stipulato al fine di evitare che i
creditori del sig. Pia potessero pignorare quella superficie
originariamente di sua proprietà (rectius: della sua società Edilnova), che
aveva promesso in vendita al sig. Donazzan con un precedente
preliminare e su cui era stata edificata una piccola parte del garage.
La clausola, inclusa nell’atto notatile suddetto, secondo cui ”
viene venduto nello stato di fatto e di diritto in cui attualmente si trova”, stava
proprio a significare che le parti tenevano conto dell’esistente
controversia promossa dal sig. Donazzan per i difetti dell’opera e nella
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3, c.p.c. la «vianione di legge per avere il giudice dell’appello, nell’intetpretare la

quale il sig. Pia faceva valere la sua pretesa al pagamento del maggior
prezzo per i mq di garage realizzati in più. Il comportamento di fatto
tenuto dalle parti in causa Donazzan e Pia prima e dopo l’atto notarile
rende evidente come non vi sia stato alcun tacito accordo per ritenere
intervenuta una rinuncia alle reciproche pretese. D’altronde, il reale

originariamente di proprietà del sig. Pia ed oggetto di precedente
preliminare, su una cui piccola porzione ricadeva una piccola parte del
garage.
Ai sensi dell’articolo 366 bis c.p.c. viene formulato il seguente quesito
di diritto:
«Concreta un error in iudicando con nfitimento all’art. 1362 c.c. l’intetpretckione
di una clausola contrattuale, normalmente di stile, basandosi solo sulla lettera della
stessa (di per sé già ambigua) omettendo l’esame della citata norma 1362 c. c. e
quindi la ricerca della vera volontà delle parti contraenti tramite l’esame del loro
comportamento prima e dopo l’atto notarile, che poteva portare ad una conclusione

z

opposta a quella accolta in senten a?».
1.3 Col terzo motivo di ricorso, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. si

z

deduce il vizio di «insufficiente ed omessa motiva ione su un fatto controverso e
decisivo del giudkio per avere la sentenza di appello ritenuto che la conclusione del
definitivo (atto notarile) intervenuto in corso di causa, essendo stato l’immobile
negoiato nello stato di fatto e di diritto in cui si trovava, ha comportato
l’accetkkione dei vi-

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