Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9504 del 12/04/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 12/04/2017, (ud. 08/03/2017, dep.12/04/2017),  n. 9504

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 19331/13 proposto da:

M.E.G., elettivamente domiciliata in Milano,

Corso di Porta Romana 89/B, preso lo studio dell’Avv. Fabio Pace,

che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n.

12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 46/07/13 della Commissione Tributaria

Regionale della Lombardia, depositata il 19 aprile 2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 8

marzo 2017 dal Consigliere Dott. Ernestino Bruschetta;

udito l’Avv. Ernesto De Santis, per delega dell’Avv. Fabio Pace, per

la ricorrente;

udito l’Avv. dello Stato Eugenio De Bonis, per la controricorrente;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio delibera di adottare la motivazione semplificata.

2. Con l’impugnata sentenza n. 46/07/13 depositata il 19 aprile 2013 la Commissione Tributaria Regionale di Milano confermava la decisione n. 165/01/11 della Commissione Tributaria Provinciale di Como che aveva respinto i riuniti ricorsi promossi da Expertim S.r.l. – e da M.E.G. sua legale rappresentante responsabile in solido – contro l’avviso di accertamento che recuperava diritti doganali in relazione a fatture false per importazione di tappeti orientali.

3. La sola M.E.G. proponeva ricorso per cassazione affidato a sette motivi, a cui l’Agenzia delle Dogane resisteva con controricorso.

4. In mancanza di un rapporto di dipendenza tra gli obbligati in solido, è ammissibile il ricorso per cassazione soltanto promosso da M.E.G. (Cass. sez. 3, n. 15358 del 2006; Cass. sez. I n. 18674 del 2005).

5. Non esiste alcun motivo rubricato con il numero sei.

6. Il secondo e settimo motivo di ricorso che censurano la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, secondo l’anteriore formulazione – ai sensi del D.L. 22 giugno 201, n. 83, art. 54, comma 3, conv. con modif. in L. 7 agosto 2012, n. 134, non più applicabile alle decisioni che come quella impugnata siano state depositate dopo l’11 settembre 2012 – sono preliminarmente inammissibili quantomeno per questa ragione (Cass. sez. un. n. 19881 del 2014; Cass. sez. un. n. 8053 del 2014).

7. Con il primo motivo di ricorso la contribuente censurava la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deducendo che la CTR aveva erroneamente ritenuto che il tributo non si fosse prescritto per il decorso del termine triennale stabilito dal D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 84, nel testo ratione temporis; e questo perchè, siccome nei confronti della contribuente non era stato accertato alcun reato, non sarebbe stata nella concreta fattispecie applicabile la previsione per cui la penale denuncia per falsità delle fatture fa decorrere la prescrizione dalla conclusione del procedimento penale.

7.1. Il motivo è però infondato alla luce della costante giurisprudenza della Corte nella quale non si rinviene il principio individuato dalla contribuente, ma semmai quello esattamente contrario ricavabile dalla irrilevanza della conclusione dell’esito dell’accertamento penale ai fini della diversa decorrenza del termine di prescrizione, decorrenza soltanto condizionata dalla tempestiva denuncia della notitia criminis (Cass. sez. 6, n. 24674 del 2015; Cass. sez. trib. n. 14016 del 2012).

8. Con il terzo, quarto, quinto e ottavo motivo di ricorso la contribuente censurava la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, addebitando alla CTR la violazione dell’onere della prova perchè l’accertamento dei tributi sarebbe stato ritenuto dimostrato “unicamente sull’accertamento della falsità delle fatture effettuato in sede penale” ovvero sarebbe stato dimostrato sulla scorta dello “accertamento della falsità delle fatture effettuato in sede di processo tributario” ovvero “senza un controllo della consistenza quantitativa e qualitativa delle merci transitate in dogana” ovvero circa la prova “della riferibilità della violazione contestatale”.

8.1. I motivi che sono tra di loro contraddittori laddove dapprima si afferma che l’accertamento della CTR fa esclusivo riferimento agli esiti del processo penale – e poi al contrario che l’accertamento era stato soltanto interno al giudizio tributario – nemmeno sono veri in fatto giacchè la CTR ha invece espressamente condotto l’accertamento sia con riguardo alle emergenze del processo penale e sia con riguardo alla documentazione prodotta nel processo tributario e sono comunque nel loro complesso inammissibili anche in ragione della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè tutti intesi a rimettere in discussione peraltro anche sotto il profilo dell’apprezzamento dei numerosi elementi di prova l’accertamento in fatto condotto dalla CTR che non ha assolutamente messo in discussione alcun riparto dell’onere probatorio e bensì ha semplicemente ritenuto fondato il fatto della falsità delle fatture e la sua riferibilità alla contribuente sulla scorta dei mezzi documentali versati in atti.

9. Le spese seguono la soccombenza – e le stesse sono liquidate come in dispositivo – dandosi atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del contribuente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del ridetto cit. D.P.R. n. 155, art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte respinge il ricorso; condanna la contribuente a rimborsare all’ufficio le spese processuali, liquidate a titolo di compenso in Euro 5.000,00, oltre a spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2017

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