Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9501 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 09/04/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 09/04/2021), n.9501

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11864-2020 proposto da:

A.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO II 4,

presso lo studio dell’avvocato MARIO ANTONIO ANGELELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato GAETANO MARIO PASQUALINO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. R.G. 2220/2019 del TRIBUNALE di PALERMO,

depositato il 06/03/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FIDANZIA

ANDREA.

 

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto da A.M., cittadino del Pakistan, affidandolo a cinque motivi, ricorso avverso il decreto del Tribunale di Palermo del 6.03.2020 che ha rigettato il ricorso avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale;

– che il Ministero intimato si è costituito tardivamente in giudizio ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, degli artt. 167 e 215 c.p.c., dell’art. 8 dir. 2004/83/CE, dell’art. 3 CEDU, degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., dell’art. 10Cost., comma 3, e dell’art. 32 Cost.;

che, in particolare, il ricorrente lamenta l’omessa valutazione di circostanze documentate decisive e la violazione del dovere di collaborazione nella ricerca della prova e motivazione apparente in ordine alla questione inerente la credibilità del suo racconto (secondo la stessa ricostruzione del giudice di merito, il richiedente aveva riferito di essere fuggito dal paese di provenienza a causa delle minacce di morte subite da tal Ijaz – persona cui aveva dato in affitto un terreno di famiglia per motivi legati al pagamento del canone – che, forte delle amicizie con un politico locale, era stato mandante nei suoi confronti di un’aggressione, nel corso della quale era rimasto ucciso il cugino, che lo aveva accompagnato alla Polizia per la presentazione di una denuncia contro lo stesso Ijaz);

2. che con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e art. 14, lett. a) e b), del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, dell’art. 3 CEDU, degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., dell’art. 10Cost., comma 3, e dell’art. 32 Cost., nonchè la violazione del dovere di collaborazione nella ricerca della prova e illogicità e omessa valutazione delle specifiche risultanze emerse;

che, in particolare, il ricorrente lamenta di essere esposto, in caso ritorno in patria, a trattamenti inumani e degradanti nonchè l’assenza di tutela giuridica e legale nel paese di provenienza, dolendosi, inoltre, che le argomentazioni con cui il giudice di merito ha ritenuto non credibile la sua vicenda personale risultano apodittiche in quanto prive di specifica motivazione, non essendo state esplicitate le ragioni logico-giuridiche sottostanti, in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4;

3. con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 3, e art. 14, lett. a) e b), del D.Lgs. n.. 25 del 2008, artt. 3 e 8, degli artt. 3 e 8 CEDU, degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., dell’art. 10Cost., comma 3 e dell’art. 32 Cost; l’omessa valutazione di circostanze documentate decisive e violazione del dovere di collaborazione nella ricerca della prova, motivazione apparente;

che il ricorrente lamenta, in particolare, l’omessa valutazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, in ordine alla veridicità della vicenda dallo stesso documentata nonchè motivazione tautologica e meramente apparente in ordine alla ritenuta insussistenza del pericolo di persecuzione e di trattamenti inumani, oltre al mancato assolvimento del dovere di cooperazione istruttoria in relazione alla verifica dell’effettiva tutela giuridica e legale nel villaggio di Chachowali nella provincia di Naroal;

4. che i primi tre motivi, da esaminare unitariamente in relazione alla stretta connessione delle questioni trattate, sono fondati;

che, infatti, il giudice di merito, nel ritenere insussistenti le condizioni per l’accoglimento della domanda di protezione sussidiaria, ha diffusamente motivato solo in ordine alla insussistenza della fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), escludendo la configurabilità delle fattispecie di cui alle lett. a) e b) legge cit. con una motivazione tautologia e meramente apparente; che, in particolare, dall’esame del decreto impugnato emerge soltanto che il Tribunale di Palermo ha ritenuto non credibile la vicenda personale narrata dal ricorrente (occupandosi, peraltro, di tale aspetto nella parte del decreto che ha esaminato la domanda per il riconoscimento dello status di rifugiato), ma senza indicare minimamente le ragioni a sostegno di tale assunto, limitandosi ad affermare di aver condiviso, sul punto, le valutazioni operate dalla Commissione Territoriale, di cui non ha, tuttavia, avuto cura di indicare il contenuto;

che, in particolare, Il Tribunale ha omesso ogni valutazione sulla questione riferita dal ricorrente in sede di audizione innanzi alla Commissione, ovvero che la Polizia era stata restia nel formalizzare nella sua denuncia il nome del soggetto ritenuto responsabile dei crimini, in quanto persona potente, nonchè sulla valenza probatoria della documentazione prodotta dal richiedente innanzi alla Commissione (tra cui la denuncia presentata dallo zio e dal fratello), riportandosi genericamente alle argomentazioni della stessa Commissione;

5. con il quarto motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, degli artt. 3 e 8 CEDU, degli artt. 113, 115 e 116 c.p.c., dell’art. 10Cost., comma 3, e dell’art. 32 Cost. sul rilievo che il giudice di merito ha ritenuto insussistente una situazione di violenza generalizzata derivante dal conflitto armato nel suo paese di provenienza utilizzando fonti internazionali non aggiornate risalenti a tre anni prima della decisione;

6. con il quinto motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, dell’art. 6 par. 4 dir. 115/2008, della L. n. 881 del 1977, art. 11; degli artt. 113,115 e 116 c.p.c., dell’art. 10Cost., comma 3, e dell’art. 32 Cost;

che, in particolare, il ricorrente lamenta ogni valutazione del giudice di merito in ordine alla sua specifica condizione di vulnerabilità, non essendo, peraltro, stato nemmeno adeguatamente valutato il suo radicamento in Libia, ove era rimasto per circa quattro anni prima di approdare in Italia;

che il quarto ed il quinto motivo sono assorbiti.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso limitatamente ai primi tre motivi, assorbiti gli altri, cassa, in tali limiti, la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Palermo, in diversa composizione, per nuovo esame.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

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