Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 95 del 04/01/2017

Cassazione civile, sez. I, 04/01/2017, (ud. 08/11/2016, dep.04/01/2017),  n. 95

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21780/2010 proposto da:

P.G., (c.f. (OMISSIS)), D.S.A. (c.f.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CELIMONTANA 38,

presso l’avvocato PAOLO PANARITI, rappresentati e difesi

dall’avvocato ETTORE SANTUCCI, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.A., C.V., C.R.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1913/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 08/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/11/2016 dal Consigliere Dott. MAURO DI MARZIO;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato SANTUCCI ETTORE che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

p. 1. – Con sentenza del 9 luglio 2004 il Tribunale di Napoli ha accolto l’opposizione al precetto (intimato in forza di sentenza della Corte d’appello di Napoli numero 1929 del 1994) di pagamento dell’importo di Lire 3.039.040, con accessori e spese, proposta da P.G. e D.S.A. nei confronti di C.A., C.V. e C.R., condannando queste ultime al rimborso, quali soccombenti, in favore degli opponenti, delle spese di lite liquidate in Euro 1200,00, oltre Iva, C.p.a. e rimborso forfettario nella misura del 10%.

p. 2. – Pronunciando sull’appello principale di P.G. e D.S.A., che avevano lamentato l’esiguità della liquidazione delle spese, operata al di sotto dei minimi, e la mancata distrazione delle stesse, nonchè sull’appello incidentale di C.A., C.V. e C.R., le quali avevano sostenuto che dette spese avrebbero dovuto essere liquidate in loro favore o al più compensate, la Corte d’appello di Napoli, con sentenza dell’8 giugno 2009, ha accolto parzialmente l’appello incidentale e, per l’effetto, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, ha dichiarato compensate tra le parti le spese di lite del primo grado in misura di 2/3, condannando in solido le appellate alla rifusione della quota residua come da liquidazione operata dal primo giudice, rigettando altresì l’appello principale e compensando per intero le spese del grado.

p. 3. – Contro la sentenza P.G. e D.S.A. hanno proposto ricorso per cassazione per quattro motivi.

C.A., C.V. e C.R. non hanno spiegato attività.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

p. 4. – Il ricorso contiene quattro motivi.

p. 4.1. Il primo motivo denuncia:

“Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 91, 112 e 342 c.p.c., e art. 2909 c.c., in relazione all’art. 24113 Cost.”.

Secondo i ricorrenti, non avendo essi impugnato la statuizione del giudice di primo grado che aveva condannato le C. alle spese in quanto soccombenti, l’appello proposto da queste ultime sarebbe stato inammissibile o irricevibile, introducendo una doglianza autonoma e del tutto indipendente rispetto all’appello principale.

p. 4.2. Il secondo motivo denuncia:

“Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 91, 99 e 112 c.p.c., e art. 2909 c.c.”.

Secondo i ricorrenti la declaratoria di irricevibilità dell’appello incidentale, per aver introdotto una doglianza autonoma e del tutto indipendente rispetto all’appello principale, avrebbe comportato l’esame del primo motivo di impugnazione spiegato in appello, concernente l’entità della liquidazione delle spese di lite.

p. 4.3. Il terzo motivo denuncia:

“Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 93 e 112 c.p.c.”.

Secondo i ricorrenti la Corte d’appello sarebbe incorsa in violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato non avendo disposto, come richiesto, la distrazione delle spese del primo grado.

p. 4.4. – Il quarto motivo ha ad oggetto le spese di lite del grado d’appello, che secondo i ricorrenti avrebbero dovuto essere ripartite secondo il generale principio della soccombenza.

p. 5. – Il ricorso è inammissibile.

La L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 1, reca la generale previsione di sospensione dei termini nel periodo feriale.

Il successivo art. 3, della stessa legge soggiunge che: “In materia civile, l’art. 1 non si applica alle cause ed ai procedimenti indicati nell’art. 92 dell’ordinamento giudiziario 30 gennaio 1941, n. 12, nonchè alle controversie previste dagli artt. 429 e 459 c.p.c.”.

L’art. 92, dell’ordinamento giudiziario, cui la norma rinvia, è così formulato: “Durante il periodo feriale dei magistrati le corti di appello ed i tribunali ordinari trattano le cause civili relative ad alimenti, alla materia corporativa, ai procedimenti cautelari, ai procedimenti per l’adozione di provvedimenti in materia di amministrazione di sostegno, di interdizione, di inabilitazione, ai procedimenti per l’adozione di ordini di protezione contro gli abusi familiari, di sfratto e di opposizione all’esecuzione, nonchè quelle relative alla dichiarazione ed alla revoca dei fallimenti, ed in genere quelle rispetto alle quali la ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti”.

Le opposizioni esecutive in generale, pertanto, ivi comprese le opposizioni proposte prima dell’inizio dell’esecuzione (Cass. 19 marzo 2010, n. 6672), sono sottratte all’operatività della disciplina della sospensione dei termini durante il periodo feriale sia con riferimento alla fase sommaria che con riguardo alla fase a cognizione piena (Cass. 9 giugno 2010, n. 13928), nel suo dipanarsi nei successivi gradi, fino alla fase di cassazione (Cass. 2 marzo 2010, n. 4942; Cass. 16 gennaio 2007 n. 749; Cass. 8 febbraio 2006 n. 2636; Cass. 15 marzo 2006, n. 5684; Cass. 31 gennaio 2006, n. 2140).

Anche di recente, per quanto rileva in questa sede, è stato ribadito che: “L’opposizione a precetto, con la quale si contesta alla parte istante il diritto di procedere ad esecuzione forzata quando questa non è ancora iniziata, rientra, come tutte le cause di opposizione al processo esecutivo, tra i procedimenti ai quali non si applica, neppure con riguardo ai termini relativi ai giudizi di impugnazione, la sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale, ai sensi della L. 7 ottobre 1969, n. 742, art. 3, e art. 92 dell’ordinamento giudiziario” (Cass. 22 ottobre 2014, n. 22484).

Quanto alle opposizioni a precetto, tuttavia, la sospensione torna ad essere applicabile:

– quando si discuta soltanto dell’esistenza o meno del diritto del creditore di promuovere l’azione esecutiva al solo fine del riparto delle spese del processo (Cass. 19 marzo 2010, n. 6672);

– quando l’attore opponente chieda la condanna della controparte al pagamento di una somma di danaro (Cass. 13 novembre 2009, n. 24047; Cass. 19 maggio 1989 n. 2400);

– quando il giudice di primo grado dichiari inefficace il precetto, pronunciando sulla domanda esperita in via riconvenzionale dall’opposto, e poi, in grado d’appello, sia impugnata e si discuta soltanto di tale ultima pronuncia (Cass. 13 ottobre 2009, n. 21681);

– quando nel giudizio di opposizione all’esecuzione sia eccepito dal debitore esecutato un controcredito ed esso sia contestato dal creditore procedente, se il valore del controcredito non eccede quello del credito per cui si procede, il cumulo di cause (quella di opposizione e quella di accertamento del controcredito) non resta soggetto alla sospensione dei termini per il periodo feriale, mentre, se il controcredito sia eccedente, opera la sospensione cui è soggetta la causa di opposizione all’esecuzione (Cass. 5 marzo 2009, n. 5396).

Nel caso in esame, quindi, non vi è dubbio che, versandosi in ipotesi di opposizione a precetto, e non ricorrendo alcuna delle eccezioni poc’anzi menzionate, la sospensione dei termini feriali non trovasse applicazione.

Dopodichè resta soltanto da aggiungere che la sentenza impugnata è stata pronunciata l’8 giugno 2009, mentre il ricorso per cassazione è stato proposto con atto notificato il 26 luglio 2010 e, comunque, passato alla notifica dopo il decorso del termine di cui all’articolo 327 c.p.c., computato dalla pubblicazione della sentenza, esclusa la sospensione feriale.

6. – Non vi è luogo pronunciare sulle spese dal momento che gli intimati non hanno spiegato attività.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 8 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 4 gennaio 2017

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