Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9498 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 09/04/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 09/04/2021), n.9498

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FERRO Massimo – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9736-2020 proposto da:

K.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARIAGRAZIA STIGLIANO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. R.G. 16145/2018 del TRIBUNALE di BARI,

depositato il 24/02/2020;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FIDANZIA

ANDREA.

 

Fatto

RILEVATO

– che viene proposto ricorso avverso il decreto del Tribunale di Bari del 24.02.2020 che ha respinto la domanda di K.D., cittadino della Costa d’Avorio, diretta al riconoscimento della protezione internazionale e, in subordine, umanitaria;

– che il Ministero intimato si è costituito tardivamente in giudizio ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione;

– che sono stati ritenuti sussistenti i presupposti ex art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

1. che con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, del T.U. Immigrazione, artt. 5 e 6, dell’art. 19, comma 2, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, della L. n. 110 del 2017, art. 3, comma 1, del D.L. n. 13 del 2017, art. 3, lett. d), sul rilievo che il giudice di merito non ha valorizzato, anche ai fini della condizione di vulnerabilità, la sua delicata vicenda, che era stata comunque ben illustrata e dettagliata, non applicando gli indici di affidabilità di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, nella valutazione della credibilità delle sue dichiarazioni (costui aveva riferito di essere fuggito dal paese di provenienza per il timore di essere ucciso o arrestato per motivi politici, avendo sostenuto il partito dell’ex presidente Gbagbo);

2. che il motivo è inammissibile;

– che, in particolare, la valutazione con cui il ricorrente è stato ritenuto non credibile dal giudice di merito (vedi articolate argomentazioni del decreto impugnato a pag. 4) costituisce apprezzamento di fatto che è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (Cass. n. 3340 del 05/02/2019);

– che, nel caso di specie, il ricorrente non ha neppure lamentato la grave anomalia nella motivazione del decreto impugnato (nei termini sopra illustrati), svolgendo censure di merito in ordine alla ricostruzione del Tribunale di Bari;

3. che con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 35 bis e 8, e del D.P.R. n. 21 del 2015, art. 13, comma 2, per non avere il giudice di merito assolto il dovere di cooperazione, non essendo state acquisite informazioni aggiornate sulla condizione del paese di origine al momento della decisione, avvenuta il 24 febbraio 2020;

– che, in particolare, il Tribunale di Bari aveva deciso in base a fonti risalenti ad oltre un anno prima della data di deposito del decreto impugnato;

4. che il motivo è inammissibile;

– che va preliminarmente osservato che questa Corte ha recentemente statuito che chi intenda denunciare la violazione da parte del giudice di merito del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, per avere rigettato la domanda senza indicare le fonti di informazione da cui ha tratto le conclusioni, ha l’onere di allegare che esistono COI (Country of Origin Informations) aggiornate e attendibili dimostrative dell’esistenza, nella regione di provenienza, di una situazione di violenza indiscriminata derivante da conflitto armato, di indicarne gli estremi e di riassumerne (o trascriverne) il contenuto, al fine di evidenziare che, se il giudice ne avesse tenuto conto, l’esito della lite sarebbe stato diverso, non potendo altrimenti la Corte apprezzare l’astratta rilevanza del vizio dedotto e, conseguentemente, valutare l’interesse all’impugnazione ex art. 100 c.p.c. (Cass. n. 21932 del 09/10/2020);

che, nel caso di specie, pur avendo il ricorrente allegato e trascritto il contenuto di fonti più aggiornate rispetto a quelle utilizzate dal giudice di merito (report del sito Viaggiare Sicuri del Ministero dell’Interno del marzo 2020), da un attento esame delle medesime non si evince affatto una situazione di violenza generalizzata derivante da un conflitto armato di livello talmente elevato da far ritenere che un civile, se rinviato nel Paese o nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio, un rischio effettivo di subire detta minaccia (Cass. n. 13858 del 31/05/2018), emergendo solo una generica situazione di insicurezza ed il riferimento ad un unico attacco armato (in ordine al quale non è precisato se le vittime siano state o meno dei civili) avvenuto comunque in epoca assai risalente, e, segnatamente, nel marzo 2016;

che, pertanto, il ricorrente, con l’apparente deduzione della violazione di legge, non fa altro che svolgere censure di merito in ordine alla valutazione in fatto sulla situazione generale della Costa d’Avorio, disamina che non è sindacabile in sede di legittimità se non a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;

5. che con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione della Convenzione di Ginevra, del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 14, del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 7,8,11 e 32, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, sul rilievo che il giudice di merito ha omesso di considerare che il richiedente aveva subito un arresto illegale e tortura nel periodo di permanenza in Libia;

6. che il motivo è inammissibile per genericità;

– che se è pur vero che questa Corte ha affermato che la condizione di vulnerabilità può essere valutata anche considerando le violenze subite nel Paese di transito e di temporanea permanenza, potenzialmente idonee, quali eventi in grado di ingenerare un forte grado di traumaticità (vedi Cass. n. 13565 del 02/07/2020), tuttavia, nel caso di specie, il ricorrente non ha neppure dedotto un’attuale compromissione delle sue condizioni psico-fisiche per effetto dell’esperienza vissuta in Libia, così non evidenziando alcuna connessione tra il transito in quel Paese e il contenuto della domanda;

– che la soccombenza del ricorrente non comporta la condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali in considerazione dell’inammissibilità della costituzione tardiva del Ministero.

PQM

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

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