Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9492 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 09/04/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 09/04/2021), n.9492

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. Picaroni Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7937-2019 proposto da:

S.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN NICOLA DEI

CESARINI n. 3, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MACARIO,

rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO S.;

– ricorrente –

contro

D.A.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONELLI

n. 49, presso lo studio dell’avvocato MASSIMO COLARIZI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIO VITTORIO

GUARNATI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2314/2018 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 27/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/01/2021 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione ritualmente notificato D.A.C. ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo n. 470/2007 emesso dal Tribunale di Verona per il pagamento in favore dell’avv. S.P. della somma di Euro 4.483,20 a titolo di saldo dei compensi per l’opera professionale dallo stesso svolta in favore dell’ingiunta. L’opponente ha eccepito che l’opera del professionista era stata interamente saldata dalla compagnia assicurativa, che in sede di liquidazione del danno derivante da sinistro stradale aveva indennizzato la parte, provvedendo separatamente al pagamento, direttamente nelle mani dell’opposto, delle spese di assistenza legale.

Si costituiva il S., resistendo all’opposizione ed invocandone il rigetto. L’opposto deduceva, in particolare, che quanto corrispostogli dalla compagnia assicurativa non copriva interamente la somma dovutagli in relazione all’opera professionale svolta nell’interesse della D..

Con sentenza n. 2836/2011 il Tribunale accoglieva l’opposizione revocando il decreto opposto, valorizzando il fatto che l’avvocato avesse emesso nei confronti della compagnia assicurativa parcella a saldo della propria opera.

Interponeva appello il S. e si costituiva in seconda istanza la D., per resistere al gravame.

Con la sentenza oggi impugnata, n. 2314/2018, la Corte di Appello di Venezia rigettava l’impugnazione.

Propone ricorso per la cassazione di tale decisione S.P. affidandosi ad un solo motivo, articolato in diversi profili. Resiste con controricorso D.A.C..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico articolato motivo il ricorrente lamenta:

– con il profilo indicato come lett. “A”, la violazione dell’art. 1965 c.c., perchè la Corte di Appello non avrebbe tenuto conto che la transazione raggiunta tra la D. e la compagnia assicurativa non poteva comunque coprire le spese legali ancora da sostenere;

– con il profilo indicato come lett. “B”, la violazione dell’art. 1372 c.c., perchè la Corte lagunare, nell’affermare che l’avvocato del danneggiato sarebbe stato saldato nell’ambito dell’accordo intervenuto tra il suo assistito e la compagnia assicurativa, avrebbe ravvisato un effetto diretto di quell’accordo nei confronti del terzo, in contrasto con quanto stabilito dal richiamato art. 1372 c.c., comma 2;

– con il profilo indicato come lett. “C”, la violazione dell’art. 1180 c.c., perchè la Corte distrettuale non avrebbe considerato l’autonomia del rapporto intercorrente tra professionista e cliente dal distinto rapporto intercorrente tra cliente, danneggiato, e compagnia assicurativa tenuta al risarcimento del danno;

– con il profilo indicato come lett. “D”, la violazione dell’art. 2233 c.c., perchè la Corte territoriale avrebbe omesso di tener conto del principio per cui, in assenza di pattuizione tra cliente ed avvocato, il compenso dovuto al secondo, se non può essere determinato nel rispetto delle tariffe o secondo gli usi, va liquidato dal giudice, sentita l’associazione cui il professionista appartiene;

– con il profilo indicato come lett. “E”, l’erroneità della decisione della Corte veneziana, che avrebbe esteso la portata confessoria della quietanza emessa dal ricorrente nei confronti di Fondiaria-Sai anche al diverso rapporto corrente tra il predetto e la D..

I primi quattro profili, suscettibili di esame congiunto, sono inammissibili in quanto nessuno di essi coglie l’effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata.

Il giudice di seconde cure, infatti, ha innanzitutto evidenziato che la quietanza sottoscritta dal S. era stata emessa con la formula “ad integrale saldo di ogni proprio onorario e spesa per le prestazioni comunque connesse con la vertenza suddetta”, e quindi con formula ampia, idonea ad escludere la sussistenza di ulteriori profili di debenza, tanto in capo alla compagnia assicurativa, quanto in capo alla cliente D.. In secondo luogo, ha valorizzato la circostanza -non revocata in dubbio dal ricorrente- che questi avesse svolto le trattative finalizzate alla definizione della somma dovuta alla D., la quale aveva subito un danno derivante da sinistro stradale, convenendo direttamente con la compagnia assicurativa tanto il quantum del risarcimento dovuto alla propria cliente, che l’importo delle spese legali relative all’assistenza prestata per la definizione stragiudiziale della vertenza. In base a tali premesse logiche, il giudice di merito ha concluso che la somma liquidata dalla compagnia alla D. fosse comprensiva anche delle spese legali, concordate nella misura di Euro 12.240, ovverosia nell’importo effettivamente quietanzato dal S..

Non si configura dunque alcuna violazione dell’art. 1965 c.c., perchè la Corte di Appello non ha affatto esteso gli effetti della transazione raggiunta tra la D. e la compagnia assicurativa alle spese legali ancora da sostenere. Nè alcuna violazione dell’art. 1372 c.c., poichè l’affermazione secondo cui il risarcimento riconosciuto alla D. era comprensivo anche delle spese legali si spiega in base al rilievo che le trattative per la definizione del quantum per capitale e spese erano state condotte direttamente dall’avvocato, che dunque non poteva essere ritenuto terzo rispetto all’accordo transattivo, per avervi preso attivamente parte come patrocinatore della parte danneggiata. Neppure si ravvisa un profilo di violazione dell’art. 1180 c.c., perchè la Corte distrettuale non ha affatto obliterato la differenza e l’autonomia esistente tra i rapporti intercorrenti, rispettivamente, tra professionista e cliente e tra quest’ultima e la compagnia assicurativa tenuta al risarcimento del danno il giudice di appello, infatti, si è limitato ad affermare che, in base alle evidenze probatorie acquisite agli atti del giudizio, risultava che l’avvocato S. avesse direttamente trattato con la compagnia assicurativa tanto il risarcimento del danno dovuto alla propria cliente, quanto l’importo delle spese legali relative alla sua opera professionale. Nè, infine, si configura alcuna violazione dell’art. 2233 c.c., perchè la Corte veneta ha ritenuto che, nel caso specifico, la somma quietanzata dal S. direttamente alla compagnie assicurativa era stata concordata con la D. (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata.

Per quanto invece attiene ai quinto profilo, con il quale il ricorrente lamenta l’erroneità della decisione della Corte veneziana, in quanto Frutto – a suo giudizio – di un esercizio non condivisibile del potere di libero apprezzamento della quietanza emessa e sottoscritta dal S., esso pure è inammissibile in quanto si risolve nella invocazione di una interpretazione alternativa dei dati di fatto e delle risultanze istruttorie acquisite dagli atti del giudizio di merito. Sul punto, occorre ribadire che il motivo di ricorso non può mai risolversi nella richiesta di revisione della valutazione condotta del giudice di merito, finalizzata al conseguimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura e alle finalità del giudizio in Cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790), nè nella sollecitazione di un nuovo apprezzamento delle risultanze istruttorie, del pari non consentito in questa sede, ove le ragioni del convincimento del giudice di merito risultino comunque indicate nella decisione impugnata (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595: Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448: Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631339).

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.600, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura dei 15%, iva, cassa avvocati ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

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