Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9490 del 28/04/2011

Cassazione civile sez. lav., 28/04/2011, (ud. 10/03/2011, dep. 28/04/2011), n.9490

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 12342/2007 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato DE MARINIS Nicola, che la rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

T.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA RENO 21,

presso lo studio dell’avvocato RIZZO Roberto, che la rappresenta e

difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 8787/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/04/2006 r.g.n. 7908/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

10/03/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MELIADO’;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI per delega DE MARINIS NICOLA;

udito l’Avvocato RIZZO ROBERTO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro, che ha concluso per l’inammissibilità, in subordine

rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 12.12.2005/21.4.2006 la Corte di appello di Roma confermava la sentenza resa dal Tribunale di Roma l’8.10.2002, che dichiarava la nullità del termine apposto al contratto stipulato fra T.C. e le Poste Italiane per il periodo dal 2 al 30 gennaio 1999, ai sensi dell’art. 8 del CCNL 26.11.1994, “per esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e di rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”.

Osservava in sintesi la corte territoriale che, trattandosi di contratto stipulato successivamente al 30.4.1998, si doveva ritenere che gli accordi sindacali intervenuti successivamente all’accordo del 25.9.1997 non fossero meramente ricognitivi del perdurare delle esigenze legittimanti le assunzioni a tempo determinato, ma erano piuttosto volti a stabilire precisi limiti di scadenza all’autorizzazione alla stipulazione di contratti a tempo determinato, con la conseguenza che era inibito alle parti di autorizzare retroattivamente, anche mediante lo strumento dell’interpretazione autentica, la stipulazione di contratti a termine non più legittimati per effetto della durata in precedenza stabilita.

Per la cassazione della sentenza propongono ricorso le Poste Italiane con un unico motivo. Resiste con controricorso, illustrato con memoria, T.C..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un unico motivo la società ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione (art. 360 c.p.c., n. 3) dell’art. 425 c.p.c. e dei criteri di ermeneutica contrattuale in relazione agli accordi collettivi intercorsi, nonchè vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5), deduce che il potere normativamente attribuito alla contrattazione collettiva di individuare nuove ipotesi di assunzione a termine, in aggiunta a quelle già stabilite dall’ordinamento, poteva essere esercitato senza limiti di tempo, non prevedendosi alcun limite temporale al riguardo, con la conseguenza che agli accordi c.d. attuativi del contratto del 25.9.1997 non poteva che riconoscersi una funzione meramente ricognitiva della permanenza delle esigenze sottese alla necessità di stipulare ulteriori contratti a termine.

Il ricorso è inammissibile per mancanza dei quesiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c.. La sentenza impugnata è stata pubblicata, infatti, successivamente al 2 marzo 2006, e, quindi, risulta soggetta ratione temporis alla disposizione in esame, introdotta dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, la quale, come noto, è stata successivamente abrogata dalla Legge di riforma 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, comma 1, lett. d), con effetto a decorrere dal 4 luglio 2009. Ai sensi, tuttavia, dell’art. 58, comma 5 della medesima legge tale ultima disposizione si applica solo “alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non sia prevista la pubblicazione, sia stato depositato successivamente all’entrata in vigore della legge” stessa.

Ne deriva che nel periodo ricompreso fra l’introduzione dell’art. 366 bis c.p.c., e la sua abrogazione, risulta rilevante, ai fini della permanenza, in via transitoria, del precetto, la data di pubblicazione del provvedimento impugnato col ricorso per cassazione, che, ove anteriore al 4 luglio 2009, comporta l’obbligo per la parte ricorrente della formulazione del quesito di diritto, a pena di inammissibilità, rilevabile d’ufficio.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 35,00 per esborsi ed in Euro 2.500,00 per onorari di avvocato, oltre ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 10 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2011

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