Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9490 del 22/05/2020

Cassazione civile sez. lav., 22/05/2020, (ud. 10/12/2019, dep. 22/05/2020), n.9490

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19989-2014 proposto da:

AZIENDA OSPEDALIERO – UNIVERSITARIA – “OSPEDALI RIUNITI UMBERTO I,

G.M. LANCISI, G. SALESI”, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SCIRE’ 15, presso lo

studio dell’avvocato LUIGI CASALE, rappresentata e difesa

dall’avvocato LORENZO GNOCCHINI;

– ricorrente principale –

contro

– B.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LEONE IV n.

99, presso lo studio dell’avvocato CARLO FERZI, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati CESARE POZZOLI, ANGELO CHIELLO;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

e contro

AZIENDA OSPEDALIERO – UNIVERSITARIA – “OSPEDALI RIUNITI UMBERTO I,

G.M. LANCISI, G, SALESI”;

– ricorrente principale controricorrente incidentale –

e contro

– BI.MA., n. q. di unico erede di I.C.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LEONE IV n. 99, presso lo

studio dell’avvocato CARLO FERZI, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati CESARE POZZOLI, ANGELO CHIELLO;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

e contro

AZIENDA OSPEDALIERO – UNIVERSITARIA – “OSPEDALI RIUNITI UMBERTO I,

G.M. LANCISI, G, SALESI”;

– ricorrente principale controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 75/2014 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 11/02/2014 R.G.N. 441/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/12/2019 dal Consigliere Dott. IRENE TRICOMI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CIMMINO ALESSANDRO, che ha concluso per rigetto del ricorso

principale, accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato FRANCESCA FRIGERIO per delega Avvocati ANGELO

CHIELLO e CESARE POZZOLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Ancona, con la sentenza n. 75 del 2014, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Ancona, ha accolto in parte gli appelli principali dell’Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti Umberto 1, Lancisi e Salesi, nei confronti di B.D. o I.C., avverso le sentenze n. 180 e 181 del 2013, rese tra le parti dal Tribunale di Ancona, ed ha eliminato la condanna al pagamento dei risarcimenti rapportati a mensilità di retribuzione e ha confermato le condanne al pagamento alle appellate delle differenze retributive, con gli accessori, limitati agli interessi legali, ovvero alla svalutazione intercorsa tra la maturazione dei crediti al pagamento, se maggiore degli interessi, e in sostituzione di questi, e ha condannato l’Azienda a rimborsare alle appellate la metà delle spese del grado, come liquidate.

2. La Corte d’Appello, premesso che il Tribunale aveva accolto la domanda delle lavoratrici di riconoscimento e declaratoria di illegittimità delle assunzioni come collaboratrici con contratti a termine, più volte reiterati, con condanna al risarcimento del danno nella misura forfettaria di 15 mensilità, oltre alla differenza tra i compensi percepiti e quelli che sarebbero stati ad esse erogati se assunte regolarmente con contratti di lavoro subordinato, in sintesi, ha affermato:

che era controverso se la configurazione dei contratti come di collaborazione con termine (reiterato) fosse illegittima;

che ciò comunque non era decisivo e la statuizione sul punto, contenuta nella sentenza impugnata non costituiva giudicato;

che infatti non era funzionale alla decisione una valutazione in ordine alla legittimità delle assunzioni e delle proroghe dei dipendenti con clausola di durata determinata, trattandosi di modalità che non costituiscono, di per sè autonomo e rilevante motivo di danno;

che era decisivo se spettasse un risarcimento alle lavoratrici, e la sentenza doveva essere riformata non corrispondendo la quantificazione del risarcimento in modo forfettario ad alcun criterio legale, rispetto al congruo criterio della illegittima differenziazione tra le retribuzioni erogate e quelle spettanti ai dipendenti assunti a tempo indeterminato;

non vi era dubbio sulla sussistenza di rapporto di lavoro subordinato, di fatto, non essendo contestato ed essendo emerso dall’istruttoria svolta in primo grado, che le lavoratrici avevano reso prestazioni lavorative organizzate e inserite in ambito strutturato, perfettamente analoghe a quelle dei colleghi con posto stabile e mansioni e trattamento di pubblico dipendente;

non rilevava che la prestazione avrebbe potuto essere resa anche con lavoro autonomo in ragione del fatto che le lavoratrici non potevano aver operato nella struttura ospedaliera, svolgendo funzioni in rapporto, coordinamento, sintonia e analogia piena rispetto ai colleghi dipendenti pubblici, se non con impegno e modalità analoghe;

le deduzioni formulate in appello dall’Azienda sulle mansioni erano tardive e quindi inammissibili;

non poteva accogliersi la domanda di riconoscimento del lavoro straordinario, perchè mancava la previa autorizzazione;

non potevano essere riconosciuti danni ulteriori.

3. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre l’Azienda prospettando 6 motivi di ricorso.

4. Resiste B.D. con controricorso e ricorso incidentale articolato in due motivi.

5. Si è costituito per resistere al ricorso, e proponendo il ricorso incidentale articolato in tre motivi Bi.Ma., in qualità di unico erede di I.C..

6. L’Azienda ha resistito con controricorso.

6. Sia B.D., che Bi.Ma., quale erede di I.C., hanno depositato memoria in prossimità dell’udienza pubblica.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Occorre premettere che le due lavoratrici e l’Azienda erano intercorsi plurimi contratti di collaborazione, nonchè di tutte le successive proroghe e rinnovi, dal 1 giugno 1999 per la I. dal 22 novembre 1999 per la B..

2. Il Tribunale accertava la nullità dei contratti di collaborazione e condannava l’Azienda al risarcimento del danno nella misura di quindici mensilità nonchè al pagamento delle differenze retributive, oltre rivalutazione ed interessi.

3. Tanto precisato può passarsi all’esame dei motivi del ricorso principale.

4. Con il primo motivo del ricorso principale è dedotta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 7 dell’art. 2094 c.c., nonchè dell’art. 409 c.p.c., artt. 414 c.p.c. e ss., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sotto il profilo della omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia – errato/omesso accertamento dell’illegittimità delle assunzioni.

Assume il ricorrente che la Corte d’Appello ha omesso di effettuare l’accertamento della illegittimità dei contratti di collaborazione, non analizzando il primo motivo dell’appello. In proposito il giudice di secondo grado affermava la non decisività della questione. Diversamente avrebbe dovuto esaminare tale punto verificando la legittimità delle assunzioni a termine, avvenute nel rispetto delle condizioni fissate dal legislatore.

4. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta a violazione, e falsa applicazione degli artt. 112 e 434 c.p.c., del D.Lgs. n. 165 del 1131, art. 7, dell’art. 2094 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 360, n. 5, sotto il profilo della omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, errato/omesso accertamento della simulazione dei contrarti di assunzione.

La Corte aveva omesso di vagliare anche il secondo motivo di appello relativo all’accertamento della simulazione dei contratti in questione, in quanto tale domanda non era stata svolta dalle ricorrenti.

5. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 3697 c.c., nonchè dell’art. 409 c.p.c., artt. 414 c.p.c. e ss., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 360, n. 5, sotto il profilo dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia – errata declaratoria del rapporto subordinato.

La Corte d’Appello aveva ritenuto di poter evincere l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato solo basandosi sull’assiduità della prestazione non verificando, come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità, anche in ragione delle risultanze probatorie, se le lavoratrici fossero assoggettate al potere direttivo e di controllo del datore di lavoro, dando per scontate circostanze che non erano tali (quali quella che un medico non possa lavorare presso un ospedale pubblico se non come lavoratore dipendente). Inoltre, già in primo grado erano state sollevate eccezioni con riguardo alle mansioni e comunque anche l’attività del dirigente sanitario, in ragione delle disposizioni del CCNL sanità, era soggetta a verifica dell’attività, mentre la prestazione delle ricorrenti non incorreva in ciò.

6. Con il quarto motivo di ricorso è prospettata la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., del D.Lgs. n. 155 del 2001, art. 7 art. 2094 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c. Violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sotto il profilo della omessa. insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia – omesso accertamento dell’onere della prova in ordine al quantum debeatur.

La Corte d’Appello non aveva statuito sulla mancanza di prova dell’esatta quantificazione del risarcimento del danno, liquidato alle ricorrenti più di quanto a loro dovuto e provato, stante l’errato conteggio di controparte e la mancanza di CTU.

La Corte d’Appello affermava che non vi era contestazione in merito, ma essa Azienda aveva contestato la misura della mensilità di riferimento some prospettato dalle lavoratrici, dovendosi avere riguardo allo stipendio base e alle ore effettive di lavoro prestate.

7. Con il quinto motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 2948 c.c., n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3; violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, sotto il profilo della omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, omesso accertamento della intervenuta prescrizione quinquennale dei diritti creditori e risarcitori.

In modo errato e contraddittorio rispetto alla ritenuta subordinazione la Corte d’Appello escludeva la prescrizione. Ed infatti, se dall’inizio le lavoratrici avevano la consapevolezza di un rapporto di lavoro subordinato, non poteva ritenersi che le stesse fossero psicologicamente condizionate dallo svolgimento di una prestazione autonoma.

Inoltre, la Corte d’Appello non esaminava le deduzioni svolte con il settimo motivo d’appello a sostegno della intervenuta prescrizione quinquennale.

8. Con il sesto motivo di ricorso l’Azienda espone che sarebbero violati gli artt. 91 e 92 c.p.c. – errata valutazione circa la condanna alle spese – violazione del principio della soccombenza. La condanna alle spese era avvenuta in quanto, pur in presenza di soccombenza reciproca, la Corte d’Appello ha ritenuto prevalente quella dell’Azienda.

Ed infatti era intervenuto l’accoglimento, anche se parziale, dei motivi dell’appello principale e il totale rigetto degli appelli incidentali delle lavoratrici.

9. I suddetti motivi di ricorso devono essere trattati congiuntamente in ragione della loro connessione.

Gli stessi sono fondati in quanto la Corte d’Appello non ha effettuato l’accertamento relativo alla legittimità dei contratti di collaborazione alla sussistenza degli indici della subordinazione in ragione dei principi enunciati da questa Corte, previa verifica del thema decidendum, devoluto dalle lavoratrice con l’atto introduttivo del giudizio.

Nè ha indicato quali fossero i criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto e a cui si era attenuta per le statuizioni assunte.

Da ciò discende l’erroneità anche delle statuizioni consequenziali assunte sul risarcimento, sulla prescrizione e sulle spese.

9.1. Ai sensi del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 7, comma 6, dettato per l’espletamento di esigenze cui non è possibile far fronte con il personale in servizio, la Pubblica Amministrazione può instaurare, mediante contratto, rapporti di lavoro autonomo, come tali retti dal diritto privato.

Questa Corte ha già affermato, con la sentenza n. 338, del 2017 che la stipulazione di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa con un’amministrazione pubblica, al di fuori dei presupposti di legge, non può mai determinare la conversione del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, potendo il lavoratore conseguire tutela nei limiti di cui all’art. 2126 c.c., qualora il contratto di collaborazione abbia la sostanza di rapporto di lavoro subordinato, con conseguente diritto anche alla ricostruzione della posizione contributiva previdenziale.

Tali principi sono stati ribaditi dalla giurisprudenza di legittimità con l’ordinanza n. 9591 del 2018.

La giurisprudenza di legittimità ha reiteratamente affermato che “ai fini della qualificabilità come rapporto di pubblico impiego di un rapporto di lavoro prestato alle dipendenze di un ente pubblico non economico, rileva che il dipendente risulti effettivamente inserito nella organizzazione pubblicistica ed adibito ad un servizio rientrante nei fini istituzionali dell’ente pubblico, non rilevando in senso contrario l’assenza di un atto formale di nomina, nè che si tratti di un rapporto a termine, e neppure che il rapporto sia affetto da nullità per violazione delle norme imperative sul divieto di nuove assunzioni” (v. Cass., n. 3314 del 201 9, che richiama Cass., nn. 28161 del 2018, 17101 del 2017, 1639 del 2012, 12749 del 2003, 20009 del 2005).

E’ stato anche affermato che la sussistenza dell’elemento della subordinazione nell’ambito di un contratto di lavoro va correttamente individuata sulla base di una serie di indici sintomatici, comprovati dalle risultanze istruttorie, quali la collaborazione, la continuità della prestazione lavorativa e l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale, da valutarsi criticamente e complessivamente, con un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità (Cass. nn. 28162 del 2008, 14434 del 2015).

L’elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo è il vincolo di soggezione personale del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia ed inserimento nell’organizzazione aziendale, mentre altri elementi, quali l’assenza di rischio, la continuità della prestazione, l’osservanza di un orario e la forma della retribuzione, pur avendo natura meramente sussidiaria e non decisiva, possono costituire indici rivelatori della subordinazione, idonei anche a prevalere sull’eventuale volontà contraria manifestata dalle parti, ove incompatibili con l’assetto previsto dalle stessi (Cass., n. 5645 del 2009).

9.2. Ai principi di diritto innanzi richiamati, condivisi dal Collegio, non si è attenuta la Corte territoriale la quale, non ha tenuto conto dei presupposti richiesti dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 7 (professionalità e competenze non esistenti in organico, ravvisabili sia nel testo originario che in quello successivo alle modifiche di cui alla L. n. 244 del 2007), al fine del relativo accertamento circa la legittimità o meno dei rapporti di lavoro in questione, e ha affermato la natura subordinata dei rapporti di lavoro senza previa verifica del thema decidendum, e senza un adeguato esame delle modalità di svolgimento degli stessi con riguardo agli indici della subordinazione, in ragione delle risultanze istruttorie.

10. Può passarsi all’esame di motivi dei ricorsi incidentali, cui i primi due coincidenti.

11. Il primo motivo, per entrambe le lavoratrici riguarda la violazione del D.Lgs. n. 165 del 200, art. 36 (art. 360 c.p.c., n. 3).

Erroneamente, la Corte d’Appello aveva limitato il risarcimento del danno alla retribuzione spettante al medico assunto a tempo indeterminato. escludendo il danno ulteriore, come invece poteva desumersi dalla norma invocata e dai principi enunciati dalla CGUE (causa Vassallo C-180/2004, causa Papalia C-50/13) nonchè da Cass., n. 26951 del 2013.

12. Con il secondo motivo del ricorso incidentale le lavoratrici deducono la violazione falsa applicazione dell’art. 2108 c.c. e del D.Lgs. n. 66 del 2003, art. 5 (art. 360 c.p.c., n. 3).

E’ censurata la statuizione che non ha riconosciuto lo straordinario. Prospettano le ricorrenti che l’autorizzazione preventiva può anche essere implicita e tale circostanza non era stata presa in considerazione dalla Corte d’Appello.

13. Il solo Bi.Ma., quale erede di I.C. ha proposto un terzo motivo di ricorso incidentale, volto a censurare la statuizione di rigetto del danno biologico, sotto il profilo della violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per non avere la Corte d’Appello considerato che essa ricorrente originaria aveva subito un danno non patrimoniale riconducibile all’aggravamento dello stato psico-fisico, già menomato da un carcinoma mammario, in conseguenza dello stato di precarietà cui era caratterizzato il rapporto di lavoro intercorrente con l’Azienda.

14. In ragione dell’accoglimento del ricorso principale, i motivi dei ricorsi incidentali sono assorbiti.

15. La Corte accoglie il ricorso principale. Assorbiti i ricorsi incidentali. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Ancona in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso principale. Assorbiti i ricorsi incidentali. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d’Appello di Ancona in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 10 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2020

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