Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 949 del 17/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 949 Anno 2014
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: BLASUTTO DANIELA

ORDINANZA
sul ricorso 15416-2010 proposto da:
MINISTERO DELLA SALUTE, in persona del Ministro pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

,
COSTANTINI ANNA GRAZI CSTNGR63P47F8814 \ZOLLINO
UMANA ( ZLLLLN67S43E563L) RAUSA ADDOLORATA
( RSADLR66P61I549X) elettivamente domiciliate in ROMA, PIAZZA
ADRIANA 5, presso lo studio dell’avvocato MASIANI ROBERTO,
rappresentate e difese dall’avvocato PERRONE PAOLA giusta
procura a margine del controricorso;
– controricorrenti –

80 (

Data pubblicazione: 17/01/2014

nonché contro
REGIONE PUGLIA, ASL LECCE;

-intimate avverso la sentenza n. 613/2010 della CORTE D’APPELLO di
LECCE del 26/02/2010, depositata il 05/03/2010;

10/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA BLASUTTO;
è presente il P.G. in persona del Dott. COSTANTINO FUCCI.
FATTO E DIRITTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Lecce, pronunciando
sugli appelli, principale e incidentale, accoglieva quello principale
proposto da Zollino Liliana, Rausa Addolorata e Costantini Anna
Grazia nei confronti del Ministero della Salute e, per l’effetto,
dichiarava che le suddette appellanti avevano diritto alla rivalutazione
annuale, sulla base del tasso di inflazione programmato, dell’indennità
integrativa speciale di cui all’art. 2, comma 2, legge n. 210 del 1992 nei
limiti della prescrizione decennale e condannava il Ministero della
Salute al relativo pagamento.
Avverso detta sentenza il Ministero propone ricorso con un unico
motivo.
Zollino Liliana, Rausa Addolorata e Costantini Anna Grazia resistono
con controricorso.
È stata depositata relazione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., che ha
concluso per la manifesta infondatezza del ricorso. Il Collegio ha
ritenuto la sussistenza dei presupposti per la definizione del giudizio in
camera di consiglio

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udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

Il ricorso va dichiarato manifestamente infondato, conformemente
alla giurisprudenza di questa Corte (v. da ultimo, Cass. nn.
29080/2011, 29914/2011, 10769/2012).
Anteriormente era stato affermato (Cass. n. 21703 del 13/10/2009,
disattendendo il precedente orientamento di cui a Cass. N. 15894 del

od emoderivati, la rivalutazione annuale non si applica all’indennità
integrativa speciale, prevista dalla L. 25 luglio 1992, n. 210, art. 2,
comma 2, sia perché il legislatore ne ha espressamente stabilito il
riconoscimento solo per l’indennizzo, autonomamente disciplinato
dall’art. 2 cit., comma 1 (così come modificato dalla L. 25 luglio 1997,
n. 238), sia perché l’indennità integrativa speciale ha proprio la
funzione di attenuare od impedire gli effetti della svalutazione
monetaria, per cui è ragionevole che ne sia esclusa normativamente la
rivalutabilità”.
L’infondatezza della pretesa era stata poi confermata dalla successiva
sentenza n. 22112 del 2009, che si era data carico di risolvere il
contrasto.
Con il D.L. n. 78 del 2010, art. 11, comma 13 convertito in L. n. 122
del 2010, si è disposto che “la L. 25 febbraio 1992, n. 210, art. 2,
comma 2 e successive modifiche, si interpreta nel senso che la somma
corrispondente all’importo della indennità integrativa speciale non è
rivalutato secondo il tasso di inflazione”.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 293 del 2011, ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale del D.L. 31 maggio 2010, n. 78,
art. 11, commi 13 e 14, ritenendo tale disciplina non conforme al
canone di ragionevolezza.
La Corte Costituzionale ha affermato, con detta sentenza: “Va
premesso che, come questa Corte ha già chiarito, la menomazione
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2005) che “in materia di danni da vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni

della salute conseguente a trattamenti sanitari può determinare, oltre al
risarcimento del danno in base alla previsione dell’art. 2043 c.c., il
diritto ad un equo indennizzo, in forza dell’art. 32 in collegamento con
l’art. 2 Cost., qualora il danno, non derivante da fatto illecito, sia
conseguenza dell’adempimento di un obbligo legale, come la

assimilato il caso in cui il danno sia derivato da un trattamento
sanitario che, pur non essendo giuridicamente obbligatorio, sia tuttavia,
in base ad una legge, promosso dalla pubblica autorità in vista della sua
diffusione capillare nella società: sentenza n. 27 del 1998); nonché il
diritto, qualora ne sussistano i presupposti a norma dell’art. 2 Cost. e
dell’art. 38 Cost., comma 2, a misure di sostegno assistenziale disposte
dal legislatore nell’ambito della propria discrezionalità (sentenze n. 342
del 2006, n. 226 del 2000 e n. 118 del 1996). La situazione giuridica di
coloro che, a seguito di trasfusione, siano affetti da epatite è
riconducibile all’ultima delle ipotesi ora indicate. E il legislatore,
nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali, è intervenuto con la L. n.
210 del 1992, prevedendo (tra l’altro) un indennizzo consistente in una
misura di sostegno economico, fondato sulla solidarietà collettiva
garantita ai cittadini, alla stregua dei citati artt. 2 e 38 Cost., a fronte di
eventi generanti una situazione di bisogno (sentenza n. 342 del 2006,
punto 3 del Considerato in diritto), misura che trova fondamento nella
insufficienza dei controlli sanitari predisposti nel settore (sentenza n.
28 del 2009). Le scelte del legislatore, nell’esercizio dei suoi poteri di
apprezzamento della qualità, della misura, della gradualità e dei modi di
erogazione delle provvidenze da adottare, rientrano nella sfera della
sua discrezionalità. Tuttavia, compete a questa Corte verificare che esse
non siano affette da palese arbitrarietà o irrazionalità, ovvero non

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sottoposizione a vaccinazioni obbligatorie (fattispecie alla quale è stato

comportino una lesione della parità di trattamento o del nucleo
minimo della garanzia (sentenze n. 342 del 2006 e n, 226 del 2000).
Ciò posto, si deve rilevare che con la L. 24 dicembre 2007, n. 244, art.
2, comma 363 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – Legge Finanziaria 2008), è stato disposto che

riconosciuto, altresì, ai soggetti affetti da sindrome da talidomide,
determinata dalla somministrazione dell’omonimo farmaco, nelle
forme dell’amelia, dell’emimelia, della focomelia e della macromelia”.
La L. 29 ottobre 2005, n. 229, art. 1 rinvia, a sua volta, ai soggetti di cui
alla L. n. 210 del 1992, art. 1, comma 1 e disciplina l’ulteriore
indennizzo ai medesimi spettante, determinandone importo e modalità
di erogazione (comma 1). Il comma 4 della norma statuisce che
“L’intero importo dell’indennizzo,stabilito ai sensi del presente
articolo, è rivalutato annualmente in base alla variazione degli indici
ISTAT”. Per il richiamo effettuato dalla L. n. 24 del 2007 all’intero L.
n. 229 del 2005, art. 1 anche quest’ultima disposizione si applica
all’indennizzo riconosciuto ai soggetti affetti da sindrome da
talidomide. Del resto, il regolamento di esecuzione della L. n. 244 del
2007, art. 2, comma 363, recato dal D.M. 2 ottobre 2009, n. 163
ribadisce nell’art. 1, comma 4, che l’importo dell’indennizzo suddetto
“è interamente rivalutato annualmente in base alla variazione degli
indici ISTAT.
Orbene, come già chiarito da questa Corte, non è ravvisabile
irrazionale disparità di trattamento dei soggetti danneggiati in modo
irreversibile da emotrasfusioni rispetto a quanti abbiano ricevuto una
menomazione permanente alla salute da vaccinazioni obbligatorie,
trattandosi di situazioni diverse che non si prestano ad entrare in una
visione unificatrice (sentenza n. 423 del 2000 e ordinanza n. 522 del
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“L’indennizzo di cui alla L. 29 ottobre 2005, n. 229, art. 1 è

2000). Non altrettanto, però, può dirsi per la situazione delle persone
affette da sindrome da talidomide. Invero, la ratio del beneficio
concesso a tali persone è da ravvisare nell’immissione in commercio
del detto farmaco in assenza di adeguati controlli sanitari sui suoi
effetti, sicché esso ha fondamento analogo, se non identico, a quello

sindrome da talidomide, come nell’epatite post-trasfusionale, i danni
irreversibili subiti dai pazienti sono derivati da trattamenti terapeutici
non legalmente imposti e neppure incentivati e promossi dall’autorità
nell’ambito di una politica sanitaria pubblica. Entrambe le misure
hanno natura assistenziale, basandosi sulla solidarietà collettiva
garantita ai cittadini alla stregua degli artt. 2 e 38 Cost..
In questo quadro non si giustifica, e risulta, quindi, fonte di una
irragionevole disparità di trattamento in contrasto con l’art. 3 Cost.,
comma 1, la situazione venutasi a creare, a seguito della normativa
censurata, per le persone affette da epatite post- trasfusionale rispetto a
quella dei soggetti portatori della sindrome da talidomide. A questi
ultimi è riconosciuta la rivalutazione annuale dell’intero indennizzo,
mentre alle prime la rivalutazione (sulla base del tasso di inflazione
programmato: L. n. 210 del 1992, art. 2, comma 1) è negata proprio
sulla componente diretta a coprire la maggior parte dell’indennizzo
stesso, con la conseguenza, tra l’altro, che soltanto questo rimane
esposto alla progressiva erosione derivante dalla svalutazione. E ciò ad
onta delle caratteristiche omogenee come sopra riscontrate tra i due
benefici.
La tesi della difesa dello Stato, secondo cui essi in realtà
resterebbero differenziati ab origine, “nel senso che il relativo
ammontare è comunque diverso”, anche a prescindere dalla
rivalutabilità o meno della componente commisurata alla indennità
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del beneficio introdotto dalla L. n. 210 del 1992, art. 1, comma 3. Nella

integrativa speciale inclusa nella base di calcolo, non può essere
condivisa. Infatti, il diverso ammontare dell’indennizzo attiene alla
determinazione del quantum e, quindi, risponde a legittime scelte
discrezionali del legislatore che non sono qui in discussione. Esse,
comunque, non incidono sulle ragioni unificanti sopra evidenziate.

essere dichiarata l’illegittimità costituzionale del D.L. n. 78 del 2010,
art. 11, comma 13 convertito, con modificazioni, dalla L. n. 122 del
2010, art. 1, comma 1. La declaratoria riguarda anche il successivo
comma 14, trattandosi di disposizione strettamente connessa alla
precedente, in quanto diretta a regolare gli effetti intertemporali della
norma interpretativa, della quale, dunque, segue la sorte (Corte cost.
293/2011)”.
Né si può sostenere che, essendo stato individuato dalla citata
pronunzia della Corte Costituzionale come terlium comparationis la legge
in materia di talidomite n. 244 del 2007, la decorrenza
dell’adeguamento rivalutativo dovrebbe fissarsi dalla data di entrata in
vigore di quest’ultima legge. Non è infatti questo il dictum della Corte
Costituzionale, perché questa non ha posto limiti temporali alla
pronunzia di incostituzionalità, e la relativa statuizione non poteva che
competere esclusivamente al Giudice delle leggi; al contrario, la Corte
ha dichiarato incostituzionale anche la L. n. 122 del 2010, comma 14 il
quale disponeva la cessazione degli effetti di tutti i provvedimenti
emanati al fine di rivalutare l’indennità integrativa speciale.
Deve quindi concludersi, in conformità con i principi di diritto
recentemente espressi da questa Corte, che “in tema di danni da
trasfusione e somministrazione di emoderivati, l’indennità integrativa
speciale, prevista dall’art. 2, comma 2, della legge n. 210 del 1992, è
soggetta a rivalutazione annuale, in seguito alla sentenza della Corte
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Conclusivamente, alla stregua delle esposte considerazioni, deve

costituzionale n. 293 del 2011, che ha dichiarato illegittima l’esclusione
della rivalutazione per violazione del principio di uguaglianza, rispetto
alla disciplina, introdotta con l’art. 2, comma 363, della legge n. 244 del
2007, dei danni da somministrazione di talidomide (Cass. ord. n. 10769
del 27 giugno 2012 e n. 29080 del 27 dicembre 2012).

della Corte Costituzionale è intervenuta in epoca successiva alla
notifica del ricorso per cassazione, ricorrono giusti motivi per
compensare tra le parti le spese del presente giudizio.
P . Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di
legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 10 ottobre 2013
Il Presidente

In conclusione, il ricorso va respinto. Considerato che la pronuncia

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