Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9489 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 09/04/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 09/04/2021), n.9489

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE AnnaMaria – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7368-2019 proposto da:

Z.G., rappresentato e difeso dall’avv. MARTORANA FABIO e

domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MONASTERO DELLA VISITAZIONE DI S. MARIA REGGIO CALABRIA, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ARISTIDE LEONORI n. 113, presso lo studio dell’avvocato

MESIANI MAZZACUVA PIETRO LUCA, rappresentato e difeso dall’avvocato

FIUMANO CARLO ANTONINO FORTUNATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 873/2018 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA, depositata ii 13,112/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/01/2021 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione notificato il 6.12.2013 il Monastero della Visitazione di S. Maria Reggio Calabria proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1019/2013 emesso dal Tribunale di Reggio Calabria in favore di Z.G., per il pagamento della somma di Euro 64.761,19 a titolo di saldo del compenso dovuto a fronte delle prestazioni professionali rese in relazione al collaudo dei lavori di realizzazione del nuovo monastero. L’opponente eccepiva in particolare la non debenza della somma, in quanto il compenso per l’intera opera dello Z. era stato determinato dal disciplinare sottoscritto tra le parti in data 21.7.2012 nell’importo di Euro 25.885,96 e l’ente religioso aveva corrisposto al professionista, per senso di gratitudine a fronte dell’opera svolta, la maggior somma di Euro 50.000, pari a circa il doppio del dovuto.

Si costituiva in giudizio il Z. resistendo all’opposizione e sostenendo che l’importo richiesto a saldo era giustificato dal fatto che, per poter procedere al collaudo delle opere, era stato necessario ricostruire per intero la contabilità dei lavori, cosa per la quale egli aveva ricevuto uno specifico incarico verbale.

Con sentenza n. 921/2015 il Tribunale accoglieva l’opposizione, revocando il decreto opposto e condannando lo Z. alle spese del grado.

Interponeva appello lo Z. e la Corte di Appello di Reggio Calabria, con la sentenza impugnata, n. 873/2018, rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di tale decisione Z.G. affidandosi ad un unico motivo.

Resiste con controricorso il Monastero della Visitazione di S. Maria Reggio Calabria.

La parte controricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente lamenta il difetto di motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, perchè la Corte di Appello avrebbe pronunciato senza fornire una motivazione corrispondente al minimo legale.

La censura è inammissibile.

Il Tribunale di Reggio Calabria aveva ricostruito l’importo dei lavori e rideterminato il compenso nella stessa misura percentuale prevista dal disciplinare sottoscritto tra le parti, che indicava un valore delle opere di gran lunga inferiore a quello effettivamente riscontrato. Operando tale calcolo, il primo giudice era pervenuto ad un importo totale di Euro 46.957,53 ed aveva quindi ritenuto che nulla fosse dovuto allo Z., che aveva già percepito una somma maggiore di quella che gli sarebbe spettata. La Corte di Appello ha ritenuto corretto il predetto calcolo, confermando quindi la decisione del giudice di prime cure, con conseguente inammissibilità della censura relativa alla motivazione, in forza della disposizione di cui all’art. 348 c.p.c., u.c..

Inoltre, la Corte territoriale ha ritenuto che nulla fosse dovuto allo Z. anche per il preteso ulteriore incarico avente ad:;getto la ricostruzione della contabilità dei lavori, in assenza d prova del suo conferimento da parte della madre superiora. Tale statuizione viene attinta dal ricorrente in modo assolutamente generico: egli sostiene, infatti, che la prova dell’esistenza di detto incarico avrebbe potuto essere fornita con ogni mezzo, anche con presunzioni, ma non indica alcun elemento che il giudice di secondo grado avrebbe omesso di considerare” o avrebbe considerato in modo inadeguato, nè precisa in quale momento del processo di merito detto ipotetico elemento istruttorio sarebbe stato acquisito agli atti.

Ne deriva, sotto diversi e concorrenti profili, l’inammissibilità dell’unica doglianza proposta dallo Z., e con essa dell’intero ricorso.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

Stante ii tenore della pronuncia, va dato atto – ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente ai pagamento in favore del controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, iva, cassa avvocati ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

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