Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9487 del 18/04/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 9487 Anno 2013
Presidente: SALME’ GIUSEPPE
Relatore: BERNABAI RENATO

SENTENZA

sul ricorso 22824-2006 proposto da:
MACALUSO

SALVATORE

(C.F.

MCLSVT60B27G510W),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GORIZIA
22, presso l’avvocato TOSCHI CRISTIANO,

Data pubblicazione: 18/04/2013

rappresentato e difeso dall’avvocato GATTUCCIO
ACHILLE, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

DI

PASQUALE

GIOVAN

BATTISTA

(C.F.

DPSGNB49E03G273Q), nella qualità di curatore del

1

Fallimento di SALVATORE MACALUSO, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA G. FERRARI 35, presso
l’avvocato MARZI FILIPPO MASSIMO, rappresentato e
difeso dall’avvocato MARINO ALBERTO, giusta procura
in calce al controricorso;

contro

PRISINZANO DOMENICO, TUMMINELLO PIERO, P.M. PRESSO
LA PROCURA DELLA REPUBBLICA DEL TRIBUNALE DI
TERMINI IMERESE, P.M. IN PERSONA DEL PROCURATORE
GENERALE PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI PALERMO;

intimati

avverso la sentenza n. 1491/2005 della CORTE
D’APPELLO di PALERMO, depositata il 05/12/2005;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 06/02/2013 dal Consigliere
Dott. RENATO BERNABAI;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato MARINO
ALBERTO che ha chiesto il rigetto del ricorso;

– controricorrente –

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO che ha
concluso per il rigetto del ricorso.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il sig. Salvatore Macaluso proponeva ricorso per cassazione,
affidato a tre motivi, avverso la sentenza 5 dicembre 2005 della
Corte d’appello di Palermo, reiettiva dalla domanda di revocazione

decisione resa dalla medesima Corte in sede di rinvio. Con essa era
stato rigettato l’appello contro la sentenza 9 dicembre 1993 del
Tribunale di Termini Imerese, che aveva negato l’omologazione del
concordato preventivo proposto dal Macaluso, con la conseguente
dichiarazione di fallimento.
Resisteva con controricorso la curatela del fallimento di
Macaluso Salvatore.
All’udienza del 6 febbraio 2013 il Procuratore generale ed il
difensore della curatela precisavano le rispettive conclusioni come
da verbale, in epigrafe riportate.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i primi due motivi il ricorrente sostanzialmente propone la
medesima questione di nullità della sentenza per omessa
ricostruzione del fascicolo di primo grado.
Con il terzo motivo deduce invece la carenza di motivazione
sulla consistenza patrimoniale, ritenuta insufficiente al fabbisogno
concordatario.
Anche a prescindere dall’ infondatezza delle prime due censure
– in quanto l’acquisizione del fascicolo di ufficio di primo grado resta
affidata all’apprezzamento discrezionale del giudice

ex art. 395, n.4, cod. proc. civile, da lui proposta contro la

dell’impugnazione, stante la sua funzione meramente sussidiaria:
cosicché l’omessa acquisizione, o ricostruzione, può essere solo
dedotta come motivo di ricorso per cassazione, ma non di
revocazione ex art. 395 n.4 cod. proc. civ., ove si adduca che il
giudice di appello avrebbe potuto trarre dal fascicolo elementi

aliunde e specificamente indicati dalla parte interessata (Cass.,
sez.3, 19 gennaio 2010 n. 678; Cass., sez.3, 14 febbraio 2006, n.
3181) – e dalla totale estraneità al giudizio di revocazione della
terza doglianza con cui si cerca di rimettere in discussione
l’accertamento di merito della corte d’appello sull’insufficienza del
patrimonio ai fini concordatari, si osserva come il ricorso sia

in

limine inammissibile, non mettendo in discussione un’autonoma
ratio decidendi

chiaramente enunciata in sentenza, consistente

nella commissione di atti compiuti dall’imprenditore in costanza di
procedimento concordatario, senza l’autorizzazione del giudice
delegato ex art. 167 della legge fallimentare ed in frode dei
creditori (art. 173 legge fallimentare).
Le spese della presente fase di legittimità seguono la
soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo, sulla base
del valore della causa e del numero e complessità delle questioni
trattate.

P.Q.M.
– Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla
rifusione delle spese di giudizio, liquidate in complessivi C 2.500,00,
di cui C 2.300,00 per compenso, oltre gli accessori di legge.

2

decisivi su uno o più punti controversi della causa non rilevabili

Roma, 6 Febbraio 2013

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