Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9486 del 21/04/2010

Cassazione civile sez. trib., 21/04/2010, (ud. 11/02/2010, dep. 21/04/2010), n.9486

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ALTIERI Enrico – Presidente –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. BOGNANNI Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6106/2007 proposto da:

COMUNE DI SCANZANO JONICO in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA GRAMSCI 16, presso lo studio

dell’avvocato PANDOLFO, rappresentato e difeso dall’avvocato

STERPETTI Emilio, giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA LUCANA SVIL INNOVAZIONE AGRICOLTURA in persona del

Commissario straordinario e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20,

presso lo studio dell’avvocato PAGANELLI MAURIZIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato PERCOCO Aldo, giusta delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 112/2005 della COMM. TRIB. REG. di POTENZA,

depositata il 21/02/2006;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

11/02/2010 dal Consigliere Dott. SALVATORE BOGNANNI;

udito per il ricorrente l’Avvocato STERPETTI, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Matera l’Agenzia Lucana di Sviluppo e di Innovazione in Agricoltura (A.L.S.I.A.) proponeva opposizione avverso il silenzio-rifiuto determinatosi a seguito della richiesta di rimborso al Comune di Scanzano delle somme pagate, a titolo di Ici, per gli anni dal 1993 al 2001, e che la A.RI.T. Società di Gestione delle Entrate aveva riscosso quale concessionaria del relativo servizio, per un’area fabbricabile, sita in quel territorio. Esponeva che l’imposta pretesa era carente dei presupposti, atteso che essa era subentrata “ex lege” all’ente ESAB, e pertanto costituiva un’articolazione della regione Basilicata, ancorchè munita di personalità giuridica, sicchè avendo fini istituzionali di carattere pubblico, tale bene doveva ritenersi esente dalla relativa imposizione.

Instauratosi il contraddittorio, per il Comune si costituiva quella concessionaria alla riscossione, la quale contestava la fondatezza dell’atto introduttivo, in quanto per alcuni anni il bene era appartenuto all’Esab sino al 1996; per quelli sino al 1998 la contribuente ormai era incorsa in decadenza per non avere esercitato il preteso diritto nel termine previsto di tre anni dai singoli pagamenti; inoltre tale Agenzia di Sviluppo si diversificava notevolmente dall’ente regione; nè le norme agevolative od esentative possono avere; interpretazione analogica o comunque estensiva in materia fiscale.

Quella commissione accoglieva il ricorso con sentenza n. 160 del 2003.

Avverso la relativa, decisione l’ente pubblico territoriale proponeva appello, cui l’appellata società resisteva, dinanzi alla commissione tributaria regionale della Basilicata, la quale rigettava il gravame con sentenza n. 112 del 31.10.2005, osservando che l’Alsia, sebbene abbia una diversa soggettività ed autonomia gestionale, tuttavia costituisce pur sempre un “organismo strumentale e tecnico della regione”, di cui perciò assume la stessa posizione ai fini fiscali.

Contro questa pronuncia il Comune di Scanzano Jonico ha proposto ricorso per cassazione, affidandolo a tre motivi, che ha illustrato con memoria.

La società Alsia ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Col primo motivo il ricorrente deduce violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, lett. a), con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la commissione tributaria regionale non considerava che l’Alsia sostanzialmente costituisce un ente succeduto all’Esab, con propria personalità giuridica e di gestione, e perciò non può ritenersi un’articolazione della regione. Inoltre i beni per cui l’agevolazione di che trattasi viene invocata, sono tassativamente previsti quanto ai presupposti del beneficio, e devono essere strettamente connessi all’uso che gli enti in concreto ne facciano, senza che un’interpretazione delle norme agevolative in maniera analogica ovvero estensiva sia possibile in materia tributaria, trattandosi invece di disposizioni di stretta applicazione. Peraltro il vincolo istituzionale con le finalità dell’ente difetta nel bene, trattandosi di terreno ricadente in zona edificabile, e non da destinare a sfruttamento agricolo, tanto che è inserito nel piano particolareggiato del Comune; nè la contribuente, che ne a-veva l’onere, ha fornito la relativa prova.

La doglianza va condivisa.

Al riguardo va rilevato che in materia di Ici l’esenzione prevista dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 7, comma 1, lett. a), per gli immobili posseduti dagli enti ivi indicati “destinati esclusivamente ai compiti istituzionali”, spetta soltanto se l’immobile è adibito ad un compito istituzionale dallo stesso ente che lo possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale (e che sarebbe perciò soggetto passivo dell’imposta ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, comma 1), e non a compiti istituzionali di soggetti pubblici diversi, cui pure l’ente proprietario abbia in ipotesi l’obbligo, per disposizione di legge, di mettere a disposizione l’immobile, restando però del tutto estraneo alle funzioni ivi svolte. Pertanto deve escludersi che l’Aslia della Basilicata possa fruire dell’esenzione in relazione all’immobile in questione, anche perchè si tratta di bene non nella disponibilità di quell’ente pubblico territoriale, nè adibito ad uso specifico attinente ai suoi compiti istituzionali (V. pure Cass. Sentenze n. 18838 del 30/08/2006, n. 20577 del 2005). Peraltro, come è noto, le norme relative ad agevolazioni od esenzioni non possono avere interpretazione in via di analogia o estensione in materia fiscale, trattandosi invece di regole di stretta applicazione ex art. 14 preleggi.

Inoltre appare opportuno aggiungere “ad abundamtiam” che, come è dato rilevare dall’esame della legge istitutiva dell’ente Aslia, e cioè quella della regione Basilicata, avente il n. 38/96, fra i vari fini istituzionali di tale azienda sono previsti il “riordino, ricomposizione ed ampliamento fondiario” (art. 3, lett. 1), e la “…formazione di aziende con adeguata base terriera” (art. 4, lett. 1), e non invece il possesso o la proprietà di aree inserite nel piano particolareggiato di fabbricazione, come nella specie.

Sul punto perciò la sentenza impugnata non risulta motivata in modo giuridicamente corretto.

2) Col secondo motivo la ricorrente denunzia omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, giacchè la CTR non considerava che l’appellata gode di autonomia organizzativa e amministrativa rispetto all’ente Regione, di cui perciò non costituisce una diretta articolazione, anche se ne svolge funzioni delegate.

La censura rimane assorbita da quanto enunciato rispetto al primo motivo.

3) Col terzo motivo il ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 13, oltre che difetto di motivazione circa un punto decisivo della controversia, posto che il giudice del gravame non considerava che il termine di prescrizione del preteso diritto era ormai consumato, sicchè la controricorrente era incorsa in decadenza quando aveva avanzato l’istanza di rimborso per gli importi pagati sino al 1998, senza che potesse rilevare la data dell’accertamento definitivo, bensì quella dei pagamenti.

Inoltre era stato l’Esab ad avere gestito il settore agrario di che trattasi sino al 1996, e al quale l’agenzia era subentrata, sicchè, essendo il preteso diritto dell’ente predecessore ormai prescritto, il successore, proprio perchè era subentrato in tutte le posizioni attive e passive del primo, di conseguenza non poteva reclamare alcunchè in proposito.

La doglianza rimane assorbita da quanto enunciato rispetto al primo motivo. In ogni caso – e ciò va rilevato solo “ad abundantiam” – la contribuente, ovvero il suo predecessore per gli anni di riferimento, avrebbero dovuto chiedere il rimborso al Comune al quale l’imposta sarebbe stata versata erroneamente, nel termine prescrizionale di tre anni, come stabilito dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 13, atteso che la disposizione tributaria non opera distinzioni tra i due tipi di indebito (oggettivo e soggettivo) conosciuti dal codice civile, mentre invece nel caso in esame l’Alsia aveva chiesto il rimborso addirittura il 9 maggio 2002, sicchè i pretesi crediti d’imposta sino al 1998 ormai erano non più rivendicabili per la decadenza in cui i suindicati enti erano incorsi (V. pure Cass. Sentenza n. 14291 del 26/09/2003).

Ne discende che il primo motivo di ricorso va accolto; il secondo ed il terzo rimangono assorbiti, con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione al primo, senza rinvio, posto che la causa può essere decisa nel merito, atteso che non occorrono ulteriori accertamenti di fatto ex art. 384 c.p.c., comma 1, sicchè va disposto il rigetto del ricorso in opposizione della contribuente avverso il provvedimento negativo del rimborso.

Quanto alle spese di questo giudizio, come pure dei precedenti gradi, sussistono giusti motivi per compensarle per intero tra le parti.

PQM

LA CORTE Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo, e compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2010

 

 

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