Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9485 del 12/04/2017
Cassazione civile, sez. trib., 12/04/2017, (ud. 26/01/2017, dep.12/04/2017), n. 9485
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 4194/2012 R.G. proposto da:
Agenzia delle entrate, elettivamente domiciliata in Roma, via dei
Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la
rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
L.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Roberto
Iannaccone con domicilio eletto in Roma, via Claudio Monteverdi, n.
20, presso lo studio dell’Avv. Valeria Amatiello;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della
Lombardia, n. 212/34/2010, depositata il 20/12/2010;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 26
gennaio 2017 dal Relatore Cons. Emilio Iannello;
udito l’Avvocato dello Stato Massimo Bachetti;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale FUZIO
Riccardo, la quale ha concluso per l’inammissibilità o, in
subordine, per il rigetto.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza depositata in data 20/12/2010 la C.T.R. della Lombardia ha accolto l’appello proposto dal contribuente L.A. ritenendo illegittimo l’avviso di accertamento con il quale l’Ufficio aveva provveduto a rettificare il reddito imponibile a fini Irpef e Irap per l’anno d’imposta 2001, riprendendo a tassazione costi ritenuti indeducibili e il maggior reddito presunto sulla base degli esiti di indagine bancaria dalla quale erano emersi prelevamenti da due conti correnti, per complessive Lire 59.021.520 di cui il contribuente non aveva fornito la causale.
2. Avverso tale sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, cui resiste il contribuente depositando controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. ritenuto inapplicabili al caso di specie la norma di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, comma 1, n. 2, secondo periodo, come modificato dalla L. 30 dicembre 2004, n. 311, art. 1, comma 402, lett. a), n. 1, che ha introdotto nel testo della norma anche il riferimento ai compensi propri dell’attività libero-professionale.
2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39 e 51, in combinato disposto con l’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. ritenuto che l’ufficio non potesse procedere all’accertamento induttivo in presenza di una contabilità formalmente corretta.
3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce ancora violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, in combinato disposto con gli artt. 2729 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. ritenuto insufficienti le presunzioni ricavabili dai movimenti bancari a fondare l’accertamento, in mancanza di specifiche contrarie allegazioni e prove da parte del contribuente.
4. Con il quarto motivo l’Agenzia delle entrate denuncia infine vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la C.T.R. omesso di motivare adeguatamente sugli elementi di fatto posti dall’Ufficio a fondamento della contestazione erariale e ritualmente riproposti in sede di gravame.
5. Con il proposto controricorso il contribuente ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso in quanto tardivamente proposto.
6. Tale pregiudiziale eccezione si appalesa fondata e deve pertanto condurre alla richiesta declaratoria di inammissibilità.
Il ricorso per cassazione risulta invero consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica in data 7/2/2012, un giorno al di là del termine ultimo per la sua proposizione da considerarsi nella specie venuto a scadere il 6/2/2012, essendo stata la sentenza de qua pubblicata in data 20/12/2010. Alla soccombenza segue la condanna dell’amministrazione ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.100 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2017