Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9483 del 28/04/2011

Cassazione civile sez. II, 28/04/2011, (ud. 10/03/2011, dep. 28/04/2011), n.9483

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

A.B. (C.F.: (OMISSIS)), A.C. (C.F.:

(OMISSIS)) e A.E. (C.F.:

(OMISSIS)), rappresentati e difesi, in forza di procura speciale

in

calce al ricorso, dall’Avv. Antinucci Massimo ed elettivamente

domiciliati presso il suo studio, in Roma, via della Giuliana, n. 73;

– ricorrenti –

contro

C.V. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e

difeso dall’Avv. Petillo Francesco, in virtù di procura speciale a

margine del controricorso, ed elettivamente domiciliato presso lo

studio degli Avv.ti Silipo Filomena e Irene Pellicciari, in Roma,

alla v. Pietro Tacchini, n. 7;

– controricorrente –

Avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 3267/2004,

depositata il 13 luglio 2004;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 10

marzo 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 12 marzo 1994, i sigg. A. B., A.C. e A.E. esponevano: – che nel 1957 l’Ente Maremma aveva assegnato al sig. C.F. il podere colonico n. (OMISSIS), successivamente riscattato con cessazione del riservato dominio per il pagamento della trentesima annualità del prezzo di assegnazione e che, sopravvenuto il decesso del suddetto assegnatario il 18 aprile 1981, il menzionato podere era stato assegnato per testamento al figlio V. (preferito agli altri);

– che, essendo stato leso con il testamento il diritto alla quota di legittima degli altri coeredi, questi ultimi instauravano apposito giudizio civile nei confronti del C.V., il quale veniva definito con transazione del febbraio 1984, in virtù della quale, mediante l’intervento di apposito tecnico, si addiveniva ad una divisione bonaria del predetto podere;

– che, con detta transazione, il C.V. si era impegnato a trasferire in proprietà alle sorelle F., V. e L. una determinata porzione del terreno, che le medesime concordavano di dividersi tra loro, assegnando, in esclusiva proprietà a V. la parte di terreno distinta in catasto con le particelle 35 e 146; – che il 15 giugno 1986 decedeva la C.V. lasciando quali eredi, quali figli, gli attori A.B., C. ed E.;

– che, essendo cessato il patto di riservato dominio dell’Ente assegnante ed essendo venuto meno il vincolo trentennale dalla prima assegnazione (1957) di indivisibilità del fondo in questione (in base alla L. n. 191 del 1992), era possibile attuare la promessa divisione conseguente alla transazione conclusa nel 1984; tanto premesso convenivano dinanzi al Tribunale di Viterbo il sig., C.V. per sentir accertare le obbligazioni di cui allo stesso atto di transazione del 1984 nonchè il consenso delle sorelle L. e F. (e, per quest’ultima, degli eredi) e per ottenere l’emissione di sentenza ex art. 2932 c.c., con il conseguente ordine di trasferimento in favore di essi attori della proprietà, in comune per quote uguali, del terreno agricolo loro spettante (ubicato al foglio 21, particelle 35 e 146) e condanna del convenuto al suo rilascio, oltre al risarcimento dei danni. Nella contumacia del convenuto, il Tribunale di Viterbo, con sentenza n. 773 del 2000, rigettava la domanda.

Interposto appello da parte dei germani A., nella costituzione dell’appellato, la Corte di appello di Roma, con sentenza n. 3267 del 2004 (depositata il 13 luglio 2004), rigettava il gravame e dichiarava la nullità degli atti processuali sin dal primo grado, compensando per intero le spese giudiziali con riferimento al doppio grado. A sostegno dell’adottata sentenza la Corte territoriale rilevava che la controversia ineriva, in effetti, la divisibilità di terreno di riforma fondiaria, effettuata antecedentemente al 1992, ragion per cui la stessa avrebbe dovuto essere decisa con il rito camerale di cui alla L. n. 1078 del 1940, art. 7 e, quindi, con la partecipazione obbligatoria del P.M., prevista a pena di nullità rilevabile d’ufficio in qualsiasi stato e grado del processo.

Avverso la suddetta sentenza (non notificata) hanno proposto ricorso per cassazione (notificato il 19 settembre 2005 e depositato il 29 settembre successivo) A.B., A.C. e A.E., articolato in tre motivi, al quale ha resistito con controricorso l’intimato C.V..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo i ricorrenti hanno dedotto la violazione della L. 3 giugno 1940, n. 1078, art. 7 nonchè la violazione degli artt. 9 e 163 e segg. c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 2 e 3, unitamente alla nullità degli atti processuali svolti in camera di consiglio.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti hanno censurato la sentenza impugnata per assunta violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avuto riguardo all’omessa decisione sulle domande di consegna e risarcimento dei danni.

3. Con il terzo motivo i ricorrenti hanno dedotto la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in relazione alla regolamentazione delle spese dei vari gradi di giudizio.

4. Rileva il collegio che il primo motivo articolato dai ricorrenti è fondato e deve, pertanto, essere accolto.

Con tale motivo i ricorrenti hanno, in effetti, dedotto l’erroneità della sentenza impugnata della Corte di appello di Roma che aveva ritenuto assoggettata al rito camerale previsto dalla L. 3 giugno 1940, n. 1078, art. 7 la controversia in questione sul presupposto che la stessa riguardasse una vicenda successoria (avente origine in una transazione stipulata fra le parti nel 1984) con la quale si era inteso procedere, prima dell’entrata in vigore della L. 19 febbraio 1992, n. 191, alla divisione di un fondo sottoposto al regime di indisponibilità e di infrazionabilità dei fondi assegnati nell’ambito della riforma fondiaria, trascurandosi che l’oggetto della domanda ineriva l’adempimento delle obbligazioni riguardanti la suddetta transazione e il conseguente rilascio delle porzioni dei beni concordati e il correlato risarcimento dei danni in favore di essi ricorrenti, dovendosi tener conto, peraltro, che, nel 1996, era sopravvenuta una nuova situazione giuridica del podere avendo il C.V. riconosciuto che esso avrebbe dovuto essere assegnato e cointestato a tutti i coeredi, in virtù della realizzata dichiarazione di successione del padre C.F. (deceduto il (OMISSIS)), indicando tutti i germani (tra i quali V., alla quale erano succeduti gli stessi ricorrenti A.), che, perciò, si sarebbero dovuti considerare diventati comproprietari del podere (per effetto della concorde volontà del medesimo C.V. che aveva eseguito il relativo accatastamento anche a loro nome).

Osserva il collegio che, a prescindere se, nel caso di specie, possa ritenersi superata la controversia relativa alla liquidazione della quota dei diritti di ciascun coerede, deve rilevarsi che la causa era stata intrapresa per ottenere l’accertamento delle obbligazioni discendenti dalla conclusione dell’atto di transazione concluso nel 1984 tra il C.V. (quale unico erede testamentario designato dall’assegnatario del podere colonico appartenente all’Ente Maremma) e le sorelle F., L. e V. (poi deceduta e a cui erano subentrati gli odierni ricorrenti A.), con la correlata richiesta di esecuzione in forma specifica delle stesse mediante l’adozione di pronuncia giudiziale ex art. 2932 c.c. e di condanna al rilascio della porzione concordata e al risarcimento dei danni derivanti dall’inadempimento. Orbene, come è risaputo, la L. n. 1078 del 1940, espressamente richiamata con riferimento all’ipotesi in cui per l’esercizio del riscatto l’assegnatario abbia acquisito la piena proprietà del fondo, individua una serie di disposizioni dirette ad assicurare l’infrazionabilità delle unità poderali costituite in comprensori di bonifica da enti di colonizzazione ed assegnati in proprietà a coltivatori diretti, nel caso di trasferimento sia per atto “inter vivos” che “mortis causa”.

Gli artt. 1 e 9 di detta legge affermano espressamente che la suddivisione dell’unità poderale non può derivare da nessun atto di trasferimento tra vivi o “mortis causa” volontario o coattivo.

Risulta così stabilito all’art. 3 che gli atti aventi per effetto il trasferimento dell’unità poderale sono nulli e che la nullità può essere fatta valere solo nel termine quinquennale dall’atto, con il conferimento della correlata legittimazione anche al P.M..

L’art. 4 della legge in questione estende tale disciplina sostanziale alla disposizioni testamentarie che abbiano per effetto il frazionamento dell’unità poderale. Il successivo art. 5 stabilisce l’attribuzione dell’unità poderale, in caso di morte dell’assegnatario, gradatamente al coerede designato dal testatore;

in difetto di designazione, ad un coerede idoneo e disposto ad accettare l’attribuzione o, in caso di disaccordo tra gli eredi, a quello fra essi designato dal giudice, individuato sulla base delle condizioni ed attitudini personali. L’art. 6 disciplina le modalità di soddisfacimento dei coeredi esclusi dall’assegnazione. Con riferimento a tale forma di intervento dell’Autorità giudiziaria (di scelta del coerede in caso di disaccordo fra gli interessati ed in mancanza di designazione da parte del testatore) è previsto (dall’ari. 7) il ricorso al procedimento in camera di consiglio. Tale procedimento camerale era, dunque, contemplato con riferimento all’ipotesi di assegnazione di terre di riforma fondiaria nel caso in cui l’assegnatario fosse deceduto prima del riscatto senza designare l’erede destinato a subentrargli nel rapporto di assegnazione.

Tuttavia la giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Cass. 7 aprile 1997, n. 2997, e, più recentemente, Cass. 4 giugno 2008, n. 14765) ha, poi, precisato che, in tema di assegnazione di terre di riforma agraria, la L. n. 379 del 1967, art. 4, comma 1, affermando il divieto di frazionamento ai sensi della L. n. 1078 del 1940 anche per il fondo riscattato, fa riferimento non soltanto alle norme che sanciscono la nullità degli atti tra vivi e delle disposizioni testamentarie aventi per effetto il frazionamento (L. n. 1078 del 1940, artt. 3 e 4), ma anche a quelle dettate per l’ipotesi di morte dell’assegnatario e per la conseguente procedura di subentro dell’erede (artt. 5, 6 e 7 della stessa legge), con la conseguenza che il rito camerale di cui al citato art. 7 trova applicazione, conformemente all’interpretazione della Corte costituzionale, anche nel caso di assegnatario deceduto dopo il riscatto del fondo, per la designazione da parte dell’autorità giudiziaria, in caso di disaccordo degli eredi, di quello di essi cui spetta subentrare al defunto.

Da questo quadro complessivo si desume (v., da ultimo, Cass. 31 luglio 2009, n. 17884) che la L. n. 1078 del 1940, art. 7 prevede che la procedura camerale si applichi soltanto per le materie di cui ai precedenti artt. 5 e 6, ovvero nell’ipotesi in cui, in difetto di designazione del testatore e in presenza di una pluralità di eredi in disaccordo tra loro, l’intervento del giudice è necessario per individuare (sulla scorta del criterio delle condizioni personali e delle migliori attitudini a gestire l’impresa agricola) il subentrante senza comportare annullamento di alcun negozio o contratto che abbia effetto nei riguardi dei coeredi stessi. La previsione del rito camerale non si applica, invece, alle controversie di cui all’art. 4 della medesima legge, in cui esiste n testamento o una disposizione testamentaria che ha per oggetto il frazionamento dell’unità produttiva, le quali vanno decise con rito ordinario.

Ciò posto, rileva il collegio che, nella fattispecie, la controversia riguardava, in effetti, l’adempimento di una transazione stipulata nel 1984, che – indipendentemente dalla sua possibile nullità per il vincolo di indivisibilità del fondo già facente parte dell’Ente Maremma – trovava il suo fondamento in una pregressa impugnazione del testamento disposto dall’assegnatario del podere con cui esso era stato attribuito in favore del figlio V. in via esclusiva, con la correlata deduzione della lesione della quota di legittima da parte degli altri coeredi, ragion per cui l’oggetto della controversia non ineriva l’individuazione del soggetto subentrante all’assegnatario in relazione alle previsioni di cui alla L. n. 1078 del 1940, artt. 5 e 6 non facendosi propriamente questione dell’attribuzione del fondo assoggettato alla disciplina della riforma fondiaria.

Pertanto, la causa, così inquadrata, ed impregiudicata la valutazione sull’ammissibilità (in ordine alla quale dovrà pronunciarsi il giudice di rinvio) della rinnovata impostazione difensiva adottata dagli odierni ricorrenti in appello in relazione al contenuto dell’originario atto di citazione per come dedotto con il primo motivo del ricorso (avuto riguardo alla sopravvenuta cessazione del vincolo di indivisibilità del fondo a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 191 del 1992 e alla successiva condotta adottata dal C.V. nel 1996 con il prospettato riconoscimento del diritto di comproprietà del fondo anche in favore degli altri coeredi), avrebbe dovuto essere trattata, anche in appello, con il rito ordinario.

5. Conseguentemente, il primo motivo formulato con il ricorso va accolto, e, dichiarati assorbiti gli altri due prospettati motivi (siccome inerenti ad aspetti dipendenti dal primo), deve disporsi la cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma, che si conformerà al principio di diritto precedentemente enunciato (v. sub 4) e provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri;

cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2A Sezione civile, il 10 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2011

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