Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 948 del 17/01/2017

Cassazione civile, sez. III, 17/01/2017, (ud. 05/12/2016, dep.17/01/2017),  n. 948

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26559-2014 proposto da:

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 173, presso lo studio dell’avvocato STEFANO SPINELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO COLELLA giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.T., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.FERRARI 11,

presso lo studio dell’avvocato DINO VALENZA, rappresentata e difesa

dall’avvocato ALESSANDRO FABBRI giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 401/2014 del TRIBUNALE di RIMINI, depositata

il 10/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/12/2016 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;

udito l’Avvocato GIUSEPPE GUANCIOLI per delega;

udito l’Avvocato MASSIMO VALENZA per delega non scritta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza resa in data 10/4/2014, il Tribunale di Rimini, decidendo in sede di rinvio, a seguito della pronuncia di cassazione del giudice di legittimità, ha rigettato la domanda proposta da P.G. per la condanna di C.T. al pagamento di quanto da quest’ultima asseritamente dovuto a titolo di spese per la compravendita di un immobile costruito dal P. e da quest’ultimo venduto alla C..

A sostegno della decisione assunta, il Tribunale di Rimini ha evidenziato il mancato raggiungimento di alcuna prova dell’effettivo esborso, da parte del P., di somme di denaro a titolo di spese per la compravendita conclusa con la C..

2. Avverso la sentenza del giudice del rinvio, ha proposto ricorso per cassazione P.G. sulla base di tre motivi d’impugnazione.

3. Resiste con controricorso C.T., che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità, ovvero per il rigetto dell’impugnazione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 384 c.p.c., comma 2 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè per omesso esame circa un fatto decisivo controverso (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere il giudice del rinvio ritenuto inesistente l’entità delle spese asseritamente sostenute dal P. per l’accatastamento dell’immobile compravenduto, senza procedere ad alcun ulteriore e doveroso accertamento ex art. 384 c.p.c., comma 2, ai sensi del quale la Corte di cassazione decide la causa nel merito nel caso in cui non vi sia necessità di ulteriori accertamenti in fatto: circostanza non verificatasi nel caso di specie, avendo il giudice di legittimità cassato la sentenza impugnata e disposto il rinvio al Tribunale di Rimini proprio al fine di procedere agli indicati accertamenti in fatto, nella specie del tutto omessi.

4.1. Il motivo è infondato.

Osserva il collegio come la corte di legittimità, nel cassare la sentenza d’appello originariamente emessa dal Tribunale di Rimini, ha censurato quest’ultima decisione nella parte in cui ha disatteso la domanda del P. sul presupposto della mancanza di eventuali convenzioni tra le parti dirette a regolare la ripartizione delle spese relative alla compravendita, ponendosi tale decisione in contrasto con il principio di cui all’art. 1475 c.c. secondo cui, in mancanza di diversa convenzione tra le parti, le spese necessarie alla conclusione della compravendita sono poste a carico del compratore.

Sulla base di tale premessa, pertanto, la corte di legittimità ha ritenuto indispensabile il rinvio al giudice del merito, affinchè individuasse l’eventuale avvenuta assunzione, da parte del P., di esborsi indispensabili alla conclusione della compravendita: accertamento non compiuto nelle precedenti fasi di merito, avendo il giudice di pace, prima, e il tribunale, successivamente, (erroneamente) ritenuto in ogni caso non rimborsabili le spese rivendicate dal P., in difetto di alcuna convenzione tra le parti.

Ciò posto, del tutto correttamente il Tribunale di Rimini, giudicando in sede di rinvio, ha proceduto all’accertamento relativo all’effettiva assunzione, da parte del P., di spese necessarie per la conclusione della compravendita, pervenendo al rigetto della domanda, in difetto di prove sufficienti ad attestarne il ricorso.

Si tratta di una motivazione pienamente corretta sul piano giuridico e del tutto congrua in termini argomentativi, non essendo il giudice del rinvio incorso in alcuna omissione rilevante, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, avendo peraltro lo stesso ricorrente totalmente trascurato di indicare gli eventuali accertamenti eventualmente omessi che sarebbero stati indispensabili al fine di attestare la sussistenza di spese rimborsabili dallo stesso asseritamente sostenute.

Sul punto, varrà peraltro richiamare l’insegnamento di questa corte di legittimità, ai sensi del quale la mancata decisione nel merito da parte della Corte di cassazione, pur nella sussistenza dei presupposti per adottarla, di cui all’art. 384 c.p.c., comma 2, non vizia nè pregiudica il giudizio di rinvio, in cui il giudice, apprezzando le risultanze della causa, può ritenere che non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto e decidere senza dar corso ad ulteriore attività istruttoria (Sez. L, Sentenza n. 24932 del 10/12/2015, Rv. 637892).

5. Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 116 (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), nonchè per omesso esame di un fatto decisivo controverso (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), avendo il giudice del rinvio erroneamente interpretato la documentazione acquisita agli atti del giudizio, dalla quale era emersa in modo incontestabile l’avvenuta assunzione, da parte del P., di spese per l’accatastamento e la suddivisione millesimale indispensabili ai fini dell’individuazione dell’unità immobiliare acquistata dalla C., la quale, a sua volta, si era limitata a contestare il solo an dell’avversa pretesa, ma non il relativo quantum, da ritenersi, pertanto, definitivamente accertato.

Sotto altro profilo, il giudice del rinvio si sarebbe illegittimamente sottratto al dovere di consentire alle parti l’allegazione di nuove prove a sostegno dell’accertamento in fatto imposto dalla sentenza di annullamento del giudice di legittimità, in tal modo incorrendo nella dedotta grave violazione dell’art. 116 c.p.c.

5.1. Il motivo è infondato.

Osserva il collegio come, con la censura in esame, l’odierno ricorrente si sia inammissibilmente spinto a sollecitare la corte di legittimità a una rivalutazione nel merito degli elementi di prova offerti nel corso del giudizio; operazione incompatibile con la natura del giudizio di cassazione, per legge limitato al riscontro della corretta interpretazione e applicazione delle norme di legge da parte del giudice a quo, della sussistenza del c.d. minimo costituzionale della motivazione indicata a sostegno della decisione impugnata, e alla verifica dell’insussistenza di omissioni nell’esame di fatti decisivi già oggetto di contestazione tra le parti.

Nella specie, esclusa la possibilità per la corte di cassazione di procedere alla rivalutazione nel merito della documentazione esaminata dal giudice del rinvio (avendo quest’ultimo adeguatamente considerato detta documentazione, giudicandone insufficiente la valenza rappresentativa sulla base di un discorso giustificativo immune da vizi logico-giuridici), deve essere altresì disattesa la doglianza riferita al preteso carattere incontestato del quantum del credito rivendicato dal P., avendo quest’ultimo omesso di indicare in modo specifico gli atti o i documenti in forza dei quali tale sostanziale (esplicita o implicita) non contestazione della controparte si sarebbe inequivocabilmente manifestata.

Sul punto, varrà richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa corte, ai sensi del quale, il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione sulla valutazione di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato o erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione (nella sua consacrazione normativa di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6), la Suprema Corte dev’essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 17915 del 30/07/2010, Rv. 614538 e successive conformi).

E’ appena il caso di ricordare come tali principi abbiano ricevuto l’espresso avallo della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, le quali, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, hanno ribadito come, nel denunciare eventuali omissioni rilevabili dalla motivazione della sentenza impugnata, il ricorrente deve indicare il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. per tutte, Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831).

Parimenti inammissibile dovrà ritenersi la doglianza del P. ove riferita all’eventuale mancato riconoscimento, da parte dei giudice del rinvio, dell’asserita oggettiva inequivocabilità delle prove documentali offerte nel corso del giudizio, trattandosi, in ipotesi, della denuncia di un preteso vizio revocatorio, come tale non deducibile in questa sede di legittimità (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 4893 del 14/03/2016, Rv. 639444).

Da ultimo, varrà evidenziare la radicale infondatezza della censura sollevata dal ricorrente con riguardo all’art. 116 c.p.c., valendo sul punto il vigore del principio già in precedenza richiamato (cfr. supra par. 4.1), ai sensi del quale la mancata decisione nel merito da parte della Corte di cassazione, pur nella sussistenza dei presupposti per adottarla, di cui all’art. 384 c.p.c., comma 2, non vizia nè pregiudica il giudizio di rinvio, in cui il giudice, apprezzando le risultanze della causa, può ritenere che non siano necessari ulteriori accertamenti di fatto e decidere senza dar corso ad ulteriore attività istruttoria (Sez. L, Sentenza n. 24932 del 10/12/2015, Rv. 637892).

6. Con il terzo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 91 e 336 c.p.c. e dell’art. 24 Cost. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere il giudice del rinvio erroneamente condannato il P. al rimborso di tutti i gradi e le fasi del giudizio, compreso quello di legittimità, nonostante l’avvenuto accoglimento di uno dei motivi del relativo ricorso per cassazione.

6.1. Il motivo è infondato.

Osserva il collegio come, nel pronunciare sul punto concernente la regolazione delle spese del giudizio, il Tribunale di Rimini si sia correttamente allineato al consolidato principio, affermato nella giurisprudenza di legittimità, ai sensi del quale, in tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse, e il suddetto criterio non può essere frazionato secondo l’esito delle varie fasi del giudizio, dovendo essere riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte, poi soccombente, abbia conseguito un esito a lei favorevole (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 406 del 11/01/2008, Rv. 601214).

Peraltro, è appena il caso di rilevare come il giudice di rinvio si sia limitato alla ricognizione delle liquidazioni già operate nel corso del giudizio, limitandosi ad aggiungervi la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità e a quello di rinvio, senza incorrere in alcuna delle violazioni denunciate dall’odierno ricorrente.

7. Sulla base delle argomentazioni che precedono, dev’essere disposto il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 1.600,00, di cui Euro 200,00 per spese e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2017

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