Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9478 del 22/05/2020

Cassazione civile sez. lav., 22/05/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 22/05/2020), n.9478

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4163-2014 proposto da:

R.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ABRUZZI 3,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE BERTI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MARIANGELA ABRATE;

– ricorrente –

contro

I.N.A.I.L. – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI

INFORTUNI SUL LAVORO, C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

IV NOVEMBRE 144, presso lo studio dell’avvocato DONATELLA MORAGGI,

che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 946/2013 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 29/10/2013 R. G.N. 1493/2012.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza in data 19 settembre-20 ottobre 2013 n. 946 la Corte d’Appello di Torino riformava la sentenza del Tribunale di Aosta e, per l’effetto, rigettava la domanda proposta da R.N., dirigente medico dell’INAIL, titolare dal 28 marzo 2001 di incarico quinquennale di seconda fascia presso la sede di (OMISSIS), per la dichiarazione di illegittimità del provvedimento del Direttore Generale del 9 dicembre 2008 – con il quale si disponeva di non rinnovargli l’incarico a seguito della valutazione negativa dell’attività svolta e di conferirgli un incarico di prima fascia presso la sede di (OMISSIS) – e per la adozione dei provvedimenti consequenziali (reintegra nell’incarico e pagamento delle differenze di retribuzione).

2. A fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che la indagine in sede giudiziaria era limitata al rispetto da parte dell’INAIL delle garanzie procedimentali previste dalla contrattazione collettiva per la valutazione del dirigente ed all’osservanza da parte dell’INAIL delle regole di correttezza e buona fede. Il Tribunale aveva invece dichiarato la illegittimità della procedura per la ritenuta violazione di regole procedimentali che non trovavano corrispondenza nel contratto collettivo ed aveva sostituito la propria valutazione discrezionale a quella della amministrazione, disponendo la reintegra del R. nel precedente incarico.

3. Il giudice, nel caso di accertata violazione delle norme procedimentali della contrattazione collettiva o delle regole di correttezza e buona fede, avrebbe potuto soltanto condannare la amministrazione al risarcimento dei danni, sub specie di danni da perdita delle chanches di ottenere l’incarico dirigenziale ove la procedura si fosse svolta correttamente.

4. Il R. non aveva formulato alcuna domanda di risarcimento dei danni ma solo le domande: di accertamento dell’illegittimità dei provvedimenti di trasferimento a (OMISSIS) e di assegnazione di un incarico di I fascia e del diritto al rinnovo dell’incarico di II fascia; di reintegrazione presso la sede di (OMISSIS); di condanna dell’INAIL al pagamento delle differenze retributive tra la I e la II fascia. Nessuna di tali domande avrebbe potuto essere accolta.

5. Le ragioni della decisione – fondate su una argomentazione difensiva dedotta dall’INAIL per la prima volta in appello – non esorbitavano dai poteri del giudice dell’appello, in quanto si trattava del corretto inquadramento giuridico dei fatti dedotti nel primo grado di giudizio, senza alcun mutamento del petitum o della causa petendi.

6. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza R.N., articolato in due motivi, cui l’INAIL ha opposto difese con controricorso.

7. Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto violazione ed errata applicazione delle norme di diritto, censurando, sotto il profilo della violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 437 c.p.c., comma 2, la affermazione del giudice dell’appello di non esorbitare dai propri poteri, avendo compiuto una corretta ricostruzione giuridica della domanda proposta nel primo grado.

2. Ha esposto che l’INAIL, alle pagine 4 e seguenti del ricorso in appello, aveva introdotto un tema nuovo ovvero la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 19 in relazione all’art. 2103 c.c., questione su cui il Tribunale non si era pronunciato perchè non ne era stato investito.

3. Il motivo è infondato.

4. Occorre invero ricordare in linea generale, come questa Corte ha reiteratamente precisato, che il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ed il limite che ne discende per il giudice, che non può andare ultra petita et alligata partium, non è disgiungibile dal dovere che compete ad esso di decidere la domanda in applicazione del principio iura novit curia. Pertanto, fermo il vincolo della domanda come delle eccezioni, che gli preclude di mutare i fatti costitutivi della pretesa così come i fatti estintivi di essa, il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, così come il principio del tantum devolutum quantum appellatum, non ostano a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti (ex plurimis: Cass. Sez. IV 4/02/2016, n. 2209; sez. VI 01/06/2018, n. 14077; sez. VI 11/01/2019, n. 513) nè alla facoltà che al giudice pur sempre compete “di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite nonchè all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame e ponendo a fondamento della sua decisione principi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti” (Cass., Sez. 4, 24/07/2012, n. 12943).

5. Nella fattispecie di causa la sentenza impugnata è immune dalle censure che le sono state mosse, avendo il giudice dell’appello provveduto alla corretta individuazione delle norme giuridiche applicabili.

6. Con il secondo motivo il ricorrente ha impugnato la sentenza per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

7. Ha lamentato l’omesso esame della domanda principale – di accertamento della illegittimità del provvedimento dell’INAIL che disponeva il suo trasferimento e la assegnazione di un incarico di fascia inferiore – assumendo di avere uno specifico interesse alla pronuncia.

Ha dedotto che il thema decidendum non verteva sulla titolarità di un diritto soggettivo a conservare l’incarico dirigenziale ma sulla verifica della dedotta illegittimità della procedura di valutazione seguita dall’INAIL; la domanda di condanna al pagamento delle differenze retributive non era altro che la declinazione concreta del danno subito in conseguenza dell’agire illegittimo della amministrazione, consistente nella perdita delle chanches di ottenimento dell’incarico.

8. Il motivo è inammissibile.

9. Il vizio di omessa pronuncia sulla domanda di accertamento della illegittimità della procedura di valutazione avrebbe dovuto essere veicolato in termini di nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4. Ed invero “Nel giudizio per cassazione – che ha ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1 – il ricorso deve essere articolato in specifici motivi immediatamente ed inequivocabilmente riconducibili ad una delle cinque ragioni di impugnazione previste dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronunziala parte della impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni formulate non è necessario che faccia espressa menzione della ricorrenza dell’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (con riferimento all’art. 112 c.p.c.), purchè nel motivo su faccia inequivocabilmente riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione. Va invece dichiarato inammissibile il motivo allorquando, in ordine alla suddetta doglianza, il ricorrente sostenga che la motivazione sia stata omessa o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge” (Cassazione civile, sez. Un., 24/07/2013, n. 17931).

10. Sotto altro profilo la inammissibilità consegue al rilievo del difetto di specificità della censura, in quanto la parte ricorrente non trascrive la causa paetendi e le conclusioni svolte nel ricorso di primo grado sicchè questa Corte non è posta in condizione di verificare la effettiva sussistenza di una domanda autonoma di accertamento della illegittimità della procedura di valutazione, sorretta dal relativo interesse ad agire.

11. Va del pari rilevata la inammissibilità del motivo nella parte in cui censura la sentenza impugnata per avere affermato che non era stata proposta una domanda di risarcimento del danno da perdita di chanches.

12. Parte ricorrente non trascrive la domanda introduttiva, nella parte in cui essa allegava i pregiudizi derivanti dalla pretesa illegittimità della procedura di valutazione, onde consentire a questa Corte di verificare se effettivamente fossero state allegate le chanches di ottenere una diversa valutazione – ed il conseguente rinnovo dell’incarico – in caso di correttezza della procedura e se fosse stato richiesto il risarcimento per la perdita di tali chanches. Il motivo difetta dunque di specificità.

13. Il ricorso deve essere conclusivamente respinto.

14. Le spese di causa, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

15. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il comma 1 quater al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 5.500 per compensi professionali oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2020

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