Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9477 del 28/04/2011

Cassazione civile sez. II, 28/04/2011, (ud. 09/03/2011, dep. 28/04/2011), n.9477

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29136/2005 proposto da:

M.U. IN PROPRIO, D. MURO SRL IN PERSONA DEL LEGALE

RAPPRESENTANTE SIG. M.U., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA PACUVIO 34, presso lo studio dell’avvocato ROMANELLI GUIDO, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato SCAPARONE PAOLO;

– ricorrenti –

contro

PROV CUNEO IN PERSONA DEL PRESIDENTE PRO TEMPORRE, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DI PORTA PINCIANA 6, presso lo studio

dell’avvocato CARAVITA DI TORITTO BENIAMINO, che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 140/2005 del TRIBUNALE di SALUZZO, depositata

il 26/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2011 dal Consigliere Dott. LINA MATERA;

udito l’Avvocato Romanelli Guido difensore dei ricorrenti che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso e deposita sentenza 2^ Sez.

Cassazione 29024/08;

udito l’Avv. Marcello Collevecchio con delega depositata in udienza

dell’Avv. Beniamino Caravita di Toritto difensore della resistente

che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1) Con ricorso depositato il 17-1-2005 la D. Mauro s.r.l., in persona del suo legale rappresentante M.U. e lo stesso M.U. in proprio proponevano opposizione avverso l’ordinanza n. 142 del 13- 12-2004, con la quale il Dirigente Responsabile del Settore Agricoltura della Provincia di Cuneo aveva loro ingiunto il pagamento della sanzione amministrativa di Euro 140.696,63 per la violazione del D.L. 28 marzo 2003, n. 49, art. 5 commi 1 e 2, e art. 10, commi 27 e 31, convertito in L. 30 maggio 2003, n. 119, avendo la società acquirente omesso di versare all’AGEA, entro il 1-3-2004, il prelievo supplementare dell’importo di Euro 140.696,63 dovuto fino al mese di dicembre 2003 per il periodo di produzione di latte 2003/2004.

La Provincia di Cuneo si costituiva chiedendo il rigetto del ricorso.

2) Con sentenza del 14-4-2005 il Tribunale di Saluzzo rigettava l’opposizione, condannando gli opponenti al pagamento delle spese di giudizio.

Il giudice di merito rilevava che la normativa in questione individua a carico delle società acquirenti l’obbligo di provvedere alla trattenuta e al suo versamento nei termini previsti, e che l’inosservanza di tale obbligo è sanzionata con il pagamento di una somma pari al prelievo non versato. Osservava, inoltre, che le affermazioni degli opponenti risultavano sprovviste di documentazione in ordine ai dedotti provvedimenti di sospensione e di annullamento.

3) Per la cassazione di tale sentenza ricorrono la D. Mauro s.r.l., in persona dei legale rappresentante M.U. e quest’ultimo in proprio, sulla base di un unico motivo.

La Provincia di Cuneo resiste con controricorso.

In prossimità dell’udienza la resistente ha depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) Con l’unico motivo i ricorrenti lamentano la violazione della L. n. 119 del 2003, art. 5, commi 1 e 2, art. 1, comma 27, e art. 31, nonchè l’insufficiente e contraddittoria motivazione.

Assumono che la L. n. 119 del 2003, art. 5, non prevede alcuna sanzione amministrativa per il mancato versamento del prelievo, bensì la mera riscossione della somma eventualmente dovuta mediante esecuzione forzata. Fanno altresì presente che la norma in esame trova applicazione a decorrere dalla campagna lattiero – casearia 2004, il cui inizio era fissato al 1 aprile 2004, e non opera, quindi, in relazione al prelievo dovuto sino al dicembre del 2003.

Aggiungono che il giudice non ha tenuto conto del fatto che la società D. Mauro s.r.l. aveva intrattenuto rapporti commerciali di compravendita unicamente con l’azienda agricola Mellano, che si era opposta al prelievo, ottenendo la sospensione, e quindi l’annullamento, dei provvedimenti determinativi delle quote relative alle annate 1997/1998 e 1998/1999 e, in particolare, delle comunicazioni AIMA contenenti l’aggiornamento retroattivo degli elenchi sia dei produttori titolari di quota che dei quantitativi ad essi spettanti. Deducono, pertanto, che nessuna responsabilità può essere individuata in capo alla società ricorrente per il mancato versamento del prelievo supplementare.

2) Il ricorso è infondato.

Il D.L. n. 49 del 2003, art. 5, comma 2, convertito nella L. n. 119 del 2003, prevede che gli acquirenti, entro il termine fissato dalla stessa norma, provvedano a versare all’AGEA gli importi trattenuti a titolo di prelievo supplementare sul latte conferito in eccesso rispetto alle quote individuali assegnate ai singoli produttori conferenti.

Tale versamento costituisce oggetto di un vero e proprio obbligo giuridico, il cui inadempimento comporta, ai sensi del comma 5 dello stesso articolo, l’applicazione di una sanzione amministrativa pari al prelievo supplementare eventualmente dovuto. La chiara formulazione del citato comma 5 (“il mancato rispetto degli obblighi o dei termini di cui al presente articolo da parte degli acquirenti comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pari al prelievo supplementare eventualmente dovuto, fermo restando l’obbligo del versamento del prelievo supplementare”) non lascia adito ad alcun dubbio al riguardo.

Nella specie, pertanto, il mancato versamento delle somme dovute dagli attuali ricorrenti ha dato correttamente luogo alla irrogazione della sanzione amministrativa prevista dalla citata disposizione.

Nè alcun rilievo potrebbe attribuirsi, in contrario, al dictum della sentenza n. 26434 del 2006 delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui l’art. 2, n. 2, del regolamento del Consiglio CE n. 3950 del 1992 deve essere interpretato, alla luce della sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 29-4-1999, nel senso che, pur avendo gli acquirenti la facoltà di trattenere il prelievo supplementare sul prezzo del latte e dei prodotti lattiero-caseari, tuttavia tale disposizione non impone alcun obbligo in tal senso agli acquirenti medesimi. La richiamata pronuncia, infatti, non esclude l’obbligo del versamento, ma solo quello della trattenuta che eventualmente lo precede (Cass. 13-4-2010 n. 8763; Cass. 15-4-2010 n. 9067).

Si palesano prive di pregio anche le ulteriori censure mosse dai ricorrenti, avendo il Tribunale dato atto della mancata allegazione, da parte degli opponenti, degli invocati provvedimenti giudiziari di sospensione o annullamento degli atti amministrativi di determinazione delle quote spettanti al produttore. In ogni caso, come è stato evidenziato nella sentenza impugnata, la condotta dell’acquirente sanzionata con l’ordinanza ingiunzione impugnata avrebbe potuto ritenersi legittima solo in presenza di una pronuncia giudiziaria di accertamento, con efficacia di giudicato, dell’insussistenza dell’obbligo del produttore di pagamento del superprelievo per l’annata in questione; pronuncia che non risulta emessa.

Nè può accedersi alla tesi dei ricorrenti secondo cui la condotta ad essi addebitata risalirebbe ad un momento precedente la valida attribuzione delle cc.dd. quote di riferimento individuali, e, pertanto, in base al principio di legalità, non potrebbe essere sanzionata. Come è stato esattamente rilevato nel controricorso, infatti, le quote di ciascun produttore erano state già determinate ed assegnate, mediante pubblicazione negli appositi bollettini, sin dal 1993/1994, epoca cui risale la prima applicazione nell’ordinamento nazionale del meccanismo delle quote individuali, introdotto dalla L. 26 novembre 1992, n. 468; sicchè i produttori conferenti latte presso la società ricorrente, in mancanza di variazioni (dovute a dati agli stessi noti, tali da determinare una modifica della quota di riferimento individuale rispetto a quella iniziale), erano tenuti ad osservare il proprio QRI storico o iniziale.

3) Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

Consegue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in Euro 6.700,00, di cui Euro 200,00 per spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2011

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