Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9476 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. III, 09/04/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 09/04/2021), n.9476

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRAZIOSI Chiara – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 34814/2018 R.G. proposto da:

C.A., rappresentata e difesa dall’Avv. Stefano

Salvatore Lucido;

– ricorrente –

contro

I.F. s.a.s., rappresentata e difesa dall’Avv. Carlo

d’Errico, con domicilio eletto in Roma, via Tommaso Savini, n. 55,

presso lo studio dell’Avv. Achille Piritore;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo, n. 586/2018

depositata il 23 aprile 2018;

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 16 dicembre 2020

dal Consigliere Dott. Emilio Iannello;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott. Mistri Corrado, che ha concluso chiedendo

l’accoglimento del ricorso, per quanto di ragione.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza resa in data 23/4/2018, la Corte d’appello di Palermo, in accoglimento dell’appello proposto dalla I.F. s.a.s., e in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta da C.A. diretta alla condanna della predetta società al rilascio di un terreno appartenente, in comunione indivisa, al C. medesimo ed a I.F., siccome detenuto sine titulo.

La corte territoriale ha infatti ritenuto che, in applicazione del principio affermato da Cass. Sez. U. n. 11135 del 04/07/2012, la fattispecie dovesse essere ricondotta all’istituto della gestione di affari altrui e che, pertanto, il contratto di locazione dell’intero bene stipulato da uno solo dei comunisti dovesse ritenersi valido ed efficace, senza la necessità della preventiva allegazione o dimostrazione dell’esistenza di un idoneo potere rappresentativo nei confronti dei comproprietari dissenzienti ed anche se il locatore avesse violato i limiti dei poteri di amministrazione a lui spettanti a norma degli art. 1105 e 1108 c.c., rilevando l’opposizione del comproprietario non locatore solo nel caso in cui venga manifestata e portata a conoscenza del conduttore prima della stipula del contratto (art. 2031 c.c., comma 2).

2. Avverso la sentenza d’appello, C.A. propone ricorso per cassazione con unico mezzo, cui resiste la I.F. s.a.s. depositando controricorso.

3. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

In vista di tale adunanza entrambe le parti non hanno depositato memorie.

E’ stata quindi fissata l’odierna udienza pubblica, della quale è stata data rituale comunicazione alle parti.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 832,1100,1101,1102,1103,1104,1105,1108,1344,1372,1703,1705,1710,1722,2028,2030 e 2032 c.c., nonchè errata applicazione del principio nomofilattico espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte nella pronuncia del 4 luglio 2012, n. 11135.

Lamenta che erroneamente la Corte territoriale ha escluso che i comproprietari diversi dal locatore abbiano il potere di agire nei confronti del conduttore per il rilascio dell’immobile comune, nel caso in cui il comproprietario-locatore abbia agito oltre i limiti dei poteri a lui spettanti, a norma degli artt. 1105 e 1108 c.c. nell’ambito della fruizione della cosa comune, senza il preventivo consenso degli altri comunisti.

Osserva, inoltre, che l’arresto dalle Sezioni Unite richiamato in sentenza non trova applicazione quando il locatore abbia violato i limiti dei poteri di amministrazione a lui spettanti a norma degli artt. 1105 e 1108 c.c. atteso che il principio ivi affermato è quello di consentire al comproprietario non locatore di ratificare l’operato del gestore, ai sensi dell’art. 1705 c.c., comma 2, (giusta il richiamo contenuto nell’art. 2032 c.c.), e quindi esigere dal conduttore i canoni corrispondenti alla quota di proprietà indivisa e non riguarda pertanto il diverso caso, nella specie ricorrente, in cui il comproprietario non locatore non intenda operare alcuna ratifica dell’operato dell’altro comunista, ma intenda, piuttosto, contrastarlo per riavere il bene.

Soggiunge che, peraltro, non è nella specie configurabile il requisito della absentia domini, pur inteso, secondo l’interpretazione invalsa, come non opposizione dell’interessato gerito, non essendovi prova, nella specie, della necessaria consapevolezza, in capo ad esso ricorrente, dell’avvenuta locazione del terreno ed emergendo piuttosto “dagli scritti difensivi del primo grado… in modo evidente che… (egli) intende(va) disconoscere ogni diritto della Società I. s.a.s. sull’immobile, per avere agito il sig. I.F. in proprio e nella spiegata qualità in danno del ricorrente”.

Osserva inoltre che, al detto fine, non può essere valorizzato l’ampio lasso di tempo in cui si è protratto il godimento della società sul bene, atteso che “la situazione di fatto era tale da non consentire di distinguere agevolmente il godimento (legittimo) da parte di I.F., quale persona fisica titolare di un diritto dominicale, da quello della società di cui l’ I. (ed il ricorrente) erano soci”.

Precisa in tal senso che, a seguito dell’annullamento, avvenuto nel gennaio 2011, del contratto di locazione intercorso tra lui e I.F. (persona fisica), quest’ultimo aveva provveduto, autonomamente, ad affittare il bene alla società I.F. s.a.s., da lui stesso rappresentata, con contratto del 1/6/2011, registrato il 3/8/2011. Rileva quindi che il tempo intercorso fra la registrazione di tale contratto e la sua iniziativa giudiziale (28 mesi) non appare incompatibile con la mancata conoscenza del detto contratto, specie considerando la sovrapposizione dei ruoli, dominicali e sociali, dei soggetti coinvolti.

Infine, il ricorrente sottolinea che, nel caso che occupa, non si pone neppure un problema di tutela dell’affidamento del terzo contraente, ovvero la società conduttrice, in quanto la trattativa contrattuale è avvenuta con lo stesso soggetto, I.F., che essendo, ad un tempo, rappresentante legale della stessa e comproprietario del bene, era a conoscenza della mancata autorizzazione dell’altro comproprietario.

2. La censura è infondata.

Cass. Sez. U. n. 11135 del 04/07/2012 ha affermato il principio -per quanto di esso in questa sede rileva – secondo cui “la locazione della cosa comune da parte di uno dei comproprietari rientra nell’ambito della gestione di affari ed è soggetta alle regole di tale istituto”.

Secondo pacifico insegnamento e come anche rimarcato nella citata pronuncia, affinchè possa configurarsi la fattispecie della negotiorum gestio, è necessario che ricorra – insieme alla spontaneità dell’intervento del gestore, all’animus aliena negotia gerendi, all’alienità dell’affare, all’utilità della gestione (utiliter coeptum) – il presupposto dell’absentia domini.

L’interpretazione invalsa nella giurisprudenza e avallata anche dal ricordato arresto delle Sezioni Unite identifica tale ultimo requisito -il quale per vero non è indicato a chiare lettere dalla legge, la sua essenzialità argomentandosi piuttosto in base alla previsione dell’art. 2028 c.c., comma 2, ultimo inciso, – non tanto o non soltanto nella materiale impossibilità, per il gerito, di curare i propri affari, quanto nella non opposizione a che altri si ingerisca nei propri affari (v. già Cass. n. 3143 del 1984).

Perchè tale non opposizione si configuri non è però richiesta la conoscenza dell’altrui gestione, essendo sufficiente il fatto stesso della non opposizione, indipendentemente dal fatto che essa sia frutto di una consapevole determinazione del gerito oppure no.

Una remota giurisprudenza, anzi, giunge a ritenere piuttosto necessaria alla configurazione della fattispecie oltre alla non opposizione del gerito anche la sua non conoscenza dell’intenzione del gestore di avviare un determinato affare (absente et inscio domino: v. Cass. n. 2512 del 08/10/1973).

Senza che sia necessario aderire a tale rigorosa interpretazione, a quanto consta minoritaria (v. sul punto Cass. 14/11/2019, n. 29506, in motivazione p. 9.13; Cass. 26/06/2015, n. 13203, in motivazione p. 3.1.1), è sufficiente qui rimarcare che il requisito dell’absentia domini, inteso nei sensi predetti, non postula necessariamente anche la conoscenza della volontà del gestore di avviare un affare nell’interesse del gerito. Al contrario “l’impossibilità anche relativa del dominus, intesa come difficoltà dello stesso di gestire i propri interessi, potrebbe certamente concretarsi nell’ignoranza sull’esistenza dell’affare” (così, in motivazione, Cass. n. 13203 del 2015, cit.).

Destituita di fondamento, in iure, è dunque la censura nella parte in cui lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto integrata, nella specie, la fattispecie in parola, in mancanza di prova della consapevolezza, in capo al gerito, dell’avvenuta locazione del terreno da parte del comproprietario.

Per lo stesso motivo irrilevante, prima ancora che inammissibile, è il riferimento a fatti e circostanze (in particolare all’annullamento di precedente contratto di locazione intercorso con I.F., persona fisica) che avrebbero dovuto indurre a ritenere, in positivo, dimostrata la mancata conoscenza del detto contratto; riferimento comunque inammissibile, poichè: a) relativo a fatti che non risultano in alcun modo accertati nella sentenza impugnata; b) impingente nella ricognizione della fattispecie concreta e non delle norme applicabili; c) dedotto con palese inosservanza dell’onere di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 di specifica indicazione degli atti o documenti per mezzo dei quali detti fatti e circostanze dovrebbero risultare acquisiti al processo.

Resta del tutto irrilevante, in tale contesto, la circostanza, ancora dedotta a fondamento del ricorso, che la trattativa contrattuale sia avvenuta con lo stesso soggetto, I.F., al contempo rivestente la qualità di rappresentante legale della società locataria e di comproprietario del bene concesso in locazione.

In disparte il rilievo che non risulta da alcuna parte in sentenza che le trattative per la conclusione del contratto siano stata condotte, per la società, da I.F., è comunque dirimente il rilievo che tale sola circostanza (e considerato quanto testè detto con riferimento alle altre menzionate circostanze) non prova quanto vien dato per premesso dal ricorrente, che cioè vi fossero elementi da cui desumere la mancata autorizzazione del comproprietario e la sua conoscenza da parte dell’ I..

3. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.100 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, art. 1-bis.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

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