Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9473 del 28/04/2011
Cassazione civile sez. II, 28/04/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 28/04/2011), n.9473
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –
Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –
Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –
Dott. MANNA Antonio – Consigliere –
Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
L.V. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA VALADIER 48, presso lo studio dell’avvocato RAGUSO
GIUSEPPE, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
L.A. C. F. (OMISSIS), C.G. C.F.
(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE
BECCARIA 84, presso lo studio dell’avvocato LOPEZ GIOVANNI, che li
rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 180/2005 della CORTE D’APPELLO di BARI,
depositata il 01/03/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
03/03/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;
udito l’Avvocato Maria Grazia Battaglia con delega depositata in
udienza dell’Avv. Giuseppe Raguso difensore del ricorrente che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avv. Lopez Giovanni difensore dei resistenti che ha chiesto
il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
LETTIERI Nicola che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 17-6-1992 L.V. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Bari i germani L.A. e L.F. chiedendo disporsi lo scioglimento della comunione ereditaria esistente tra le parti in relazione al compendio immobiliare lasciato loro dai genitori sito in (OMISSIS).
Costituendosi in giudizio L.A. aderiva alla domanda.
Successivamente si costituiva in giudizio anche il marito di quest’ultima C.G., che aveva acquistato un’altra quota ereditaria da L.F..
Con sentenza del 3-12-2002 il Tribunale adito scioglieva la comunione, attribuiva ad L.A. per 3/4 ed al C. per 1/4 un locale a piano terra dell’immobile costituente l’asse ereditario, ed a L.V. altri cinque locali piu’ piccoli e di minor pregio, aventi accesso dallo stesso androne, e poneva a carico dei coniugi L. e C. un conguaglio di Euro 302,31.
Proposto gravame da parte di L.V. cui resistevano L.A. ed il C. la Corte di Appello di Bari con sentenza del 1-3-2005 ha rigettato l’impugnazione ed ha condannato l’appellante al pagamento delle spese del secondo grado di giudizio.
Per la cassazione di tale sentenza L.V. ha proposto un ricorso affidato a quattro motivi, illustrato successivamente da una memoria cui L.A. ed il C. hanno resistito con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 718 e 720 c.c. e vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per non aver considerato che solo i locali indicati dal CTU nella relazione con le lettere A e B erano funzionalmente collegati l’uno con l’altro ed avevano un impianto idrico, un impianto fognante, un impianto elettrico, un impianto termico ed un solo wc, mentre tutti gli altri locali non avevano tale caratteristica; pertanto i suddetti locali A e B, tra loro separati, comportavano costi quasi superiori al loro valore venate per essere resi l’uno autonomo dall’altro, e comunque piu’ elevati dei due conguagli prospettati; inoltre essi avevano perso la loro intrinseca destinazione d’uso, poiche’ singolarmente valutati avevano una superficie volumetrica inferiore a quella assentita dal Regolamento Comunale prevista in mq. 30 e divenuta, con la scissione, di mq.
27,32 per il locale A e di mq. 26,29 per il locale B. Con il secondo motivo L.V., deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 720 c.c. e vizio di motivazione, ribadito che i due locali A e B costituivano un’unica unita’ abitativa servita dagli impianti gia’ menzionati, e che quindi la loro scissione in due distinte unita’ autonome ne avrebbe snaturato la funzione e la destinazione, assume che la pregressa possidenza da parte dell’esponente di una quota maggiore di quella dell’altro condividente avrebbe dovuto indurre il giudice di appello all’attribuzione in proprio favore dei suddetti locali con addebito a suo carico del conguaglio spettante alla controparte, che il ricorrente si era dichiarato pronto a corrispondere.
Con il terzo motivo L.V., denunciando vizio di motivazione e violazione degli artt. 718 e 720 c.c. nonche’ art. 100 c.p.c., rileva che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto non meritevole di tutela la soluzione propugnata dall’appellante perche’ comportante un esborso di denaro maggiore di quello conseguente alla scelta operata dal Tribunale; in tal modo non era stato tenuto conto che tale maggiore esborso non era stato contestato dall’esponente, e che gli appellati avevano avanzato una domanda subordinata di riconoscimento di una maggiore somma a tale titolo nell’ipotesi di conguaglio in denaro; il ricorrente aggiunge che soprattutto la sentenza impugnata non ha considerato che il contenimento del conguaglio avrebbe determinato l’onere di costi di gran lunga superiori ai due conguagli (quello piu’ contenuto di Euro 302,31 e quello maggiore di Euro 3.284,18 previsto nel progetto divisionale n. 2), costi che i condividenti dovranno sopportare per rendere autonomi e funzionali i due locali A e B. Le enunciate censure, da esaminare congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondate.
Il giudice di appello ha rilevato, sulla scorta delle risultanze della CTU, che i tre locali posti al piano terra dello stabile al civico (OMISSIS) erano tutti direttamente comunicanti con l’androne di accesso alla strada e quindi dotati di autonomia, ancorche’ il primo ed il secondo, successivo al primo, fossero effettivamente tra di loro comunicanti in modo da costituire un piccolo appartamento destinato ad abitazione; ha poi sostenuto che l’adozione del progetto divisionale avversato dall’appellante consentiva la determinazione di un conguaglio assolutamente contenuto, contrariamente al progetto divisorio propugnato da L.V., cosicche’ il primo progetto rispondeva maggiormente a criteri di ragionevole equita’.
Orbene e’ agevole osservare che la sentenza impugnata, avendo indicato le fonti del proprio convincimento, nel privilegiare l’adozione di uno piuttosto dell’altro progetto divisionale predisposti dal CTU ha esercitato legittimamente il potere discrezionale riservato al giudice di merito in tale materia, sempre che dell’esercizio di tale potere sia resa sufficiente e logica motivazione, come appunto nella fattispecie, dove inoltre, secondo quanto affermato dalla Corte territoriale senza censure almeno specifiche al riguardo, le parti avevano chiesto al giudice di primo grado l’attribuzione diretta delle quote secondo l’una o l’altra delle ipotesi proposte dal CTU; sotto tale profilo quindi la doglianza relativa alla mancata attribuzione all’attuale ricorrente, quale titolare della quota maggiore, dell’intero immobile oggetto di divisione ai sensi dell’art. 720 c.c. si pone in contrasto con lo stesso assunto esplicitato da L.V. nei precedenti gradi di giudizio in ordine alla divisibilita’ del suddetto compendio immobiliare e dunque alla formazione di due porzioni di esso da assegnare ai condividenti.
Con il quarto motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 718 e 720 c.c. e art. 91 c.p.c. nonche’ vizio di motivazione, rileva che il giudice di appello non ha esaminato il motivo di gravame con cui l’esponente aveva censurato la sua condanna al pagamento del 50% delle spese processuali; inoltre censura la condanna al pagamento delle spese di secondo grado posto che, data la natura del giudizio di divisione, non era ravvisabile il principio della soccombenza.
La censura e’ infondata.
Sotto un primo profilo si rileva che il giudice di appello ha ritenuto, sia pure implicitamente, di confermare la sentenza di primo grado anche in ordine alla pronuncia sulle spese di giudizio, in relazione alla quale comunque il motivo in esame non illustra le ragioni addotte a fondamento del gravame al riguardo proposto.
Quanto poi alla condanna dell’appellante al rimborso delle spese del secondo grado di giudizio, la Corte territoriale si e’ correttamente richiamata al principio della soccombenza, applicabile anche nei giudizi di divisione, nei quali invero vanno poste a carico della massa le spese necessarie allo svolgimento del giudizio nel comune interesse, mentre valgono i principi generali sulla soccombenza per quelle spese che, secondo il prudente apprezzamento del giudice di merito, siano conseguenza di eccessive pretese o di inutili resistenze, cioe’ dell’ingiustificato atteggiamento della parte (Cass. 13-2-2006 n. 3083), come appunto ritenuto dal giudice di appello nella fattispecie.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 2000,00 per onorari di avvocato.
Cosi’ deciso in Roma, il 3 marzo 2011.
Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2011