Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9472 del 28/04/2011

Cassazione civile sez. II, 28/04/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 28/04/2011), n.9472

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

L.M.M. C. F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA SABOTINO 46, presso lo studio dell’avvocato

ISGRO’ GIUSEPPE, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

TREGNAGHI NORBERTO;

– ricorrente –

contro

LA.LO. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA DEI TRE OROLOGI 20, presso lo studio dell’avvocato

FICOZZA PAOLO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ROSSI MATTEO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 413/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 10/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 30-7-1997 La.Lo.

conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Verona L.M. M. chiedendo dichiararsi lo scioglimento della comunione sussistente tra le parti avente ad oggetto un immobile sito in Comune di (OMISSIS) e, previo accertamento della divisibilità del bene, attribuire all’esponente la proprietà dell’intero piano terra e di una superficie di circa mq. 30 antistante il soggiorno e la cucina nonchè la metà del piano interrato, ed alla L. l’intero primo piano e l’altra metà del piano interrato, lasciando in comunione “pro indiviso” il restante spazio esterno, come stabilito dalle parti in precedenza.

La convenuta si costituiva in giudizio non opponendosi alla divisione, precisando che questa doveva avvenire con l’assegnazione a sè del piano primo ed alla attrice del piano terra e del piano interrato nella misura del 50%, mentre il giardino doveva restare comune per intero.

Con sentenza del 18-4-2002 il Tribunale adito disponeva lo scioglimento della comunione suddetta ed assegnava alla La.

l’appartamento al piano terra, parte del seminterrato, l’area scoperta di mq. 85, il posto auto scoperto ed il conguaglio di L. 9.100.000, rimanendo in comunione parte del seminterrato e dell’area scoperta.

Proposta impugnazione da parte della L. cui resisteva la La. la Corte di Appello di Venezia con sentenza del 10-3-2005 ha rigettato il gravame.

Avverso tale sentenza la L. ha proposto un ricorso per cassazione affidato a due motivi cui la La. ha resistito con controricorso depositando successivamente una memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la L., denunciando violazione degli artt. 101 – 112 e 345 c.p.c., sostiene che erroneamente la sentenza impugnata ha ritenuto legittima la decisione del giudice di primo grado assunta in relazione a conclusioni rassegnate dalla La. diverse da quelle formulate negli atti introduttivi o a norma dell’art. 183 c.p.c.; invero la controparte aveva chiesto solo lo scioglimento della comunione in relazione al fabbricato e non anche all’area circostante destinata a giardino, che avrebbe dovuto rimanere indivisa ad eccezione di una porzione di circa mq. 30 davanti al soggiorno di cui la La. aveva chiesto l’assegnazione in via esclusiva; pertanto la domanda successivamente proposta dalla La. di dividere anche tutto il giardino e non accettata dalla esponente doveva essere considerata nuova, e come tale non avrebbe dovuto essere accolta per non incorrere nella violazione anche del principio del contraddittorio.

La censura è fondata.

La Corte territoriale ha ritenuto che correttamente i giudice di primo grado aveva proceduto alla divisione dell’immobile per cui è causa secondo le modalità indicate dal CTU nonostante queste fossero diverse da quelle prospettate dall’attrice, la quale peraltro aveva accettato il progetto divisionale elaborato dal suddetto consulente;

in proposito ha richiamato l’orientamento di questa Corte secondo il quale nel giudizio di divisione il “petitum”che vincola la decisione del giudice ex art. 112 c.p.c. è lo scioglimento della comunione e non le richieste delle parti circa le porzioni del bene ad esse attribuibili, perchè tali richieste, risolvendosi nella mera specificazione della pretesa introduttiva del processo rivolta a porre fine allo stato di comunione, non vincolano il giudice, e sono proponibili per la prima volta anche nel giudizio di appello, non costituendo esse una domanda nuova.

Tale convincimento non può essere condiviso in quanto l’indirizzo giurisprudenziale ora richiamato non riguarda la fattispecie, laddove è pacifico che la domanda iniziale della La. di scioglimento della comunione esistente tra le parti con l’attribuzione ad essa di una determinata porzione ed alla L. di un’altra porzione dell’immobile comune prevedeva la permanenza della comunione tra di esse dello spazio esterno adibito a giardino, così come richiesto anche dalla convenuta all’atto della costituzione in giudizio;

soltanto in seguito la L. ,.a.d.d.

C.a.a.o.i.p.d.(.s.

a.p.d.1.c.p.l.d.

f.d.”.d.a.c.l.d.

d.a.a.d.a.g.p.s.q.

l.Ligonzo n.a.a.i.c. O.s.b.d.t.p.d.r.c.l.r.i.

e.d.p.d. L. non ha riguardato una diversa modalità di attuazione della divisione (ipotesi che ricorre ad esempio qualora un condividente che inizialmente abbia richiesto l’attribuzione a sè medesimo soltanto di una porzione del bene comune successivamente richieda l’attribuzione per l’intero di tale bene con il riconoscimento di un conguaglio in favore degli altri condividenti) bensì un ampliamento della divisione ad una parte della comunione – l’area esterna destinata a giardino – che le parti con le posizioni rispettivamente assunte nel processo avevano concordemente deciso di lasciare in comune tra di loro.

E’ quindi evidente che la problematica posta dalla fattispecie è estranea alle diverse modalità tramite le quali è possibile pervenire allo scioglimento di un bene comune determinato, modalità invero modificabili senza incorrere in preclusioni di natura processuale in quanto pur sempre attinenti alla originaria domanda di scioglimento di quello stesso bene; infatti l’estensione della divisione ad una ulteriore parte del bene comune inizialmente concordemente esclusa dalla divisione sollecita un tema di indagine parzialmente nuovo e legittima possibili diverse strategie difensive, non potendosi escludere che tale evenienza possa comportare l’interesse delle parti ad optare per un nuovo assetto dell’intero progetto divisionale per i riflessi che la divisione così estesa può comportare sul valore delle porzioni già formate; in tal senso questa Corte si è già espressa (sia pure con riferimento al divieto di “jus novorum” in appello ma con implicazioni rilevanti anche nella fattispecie), affermando che costituisce domanda nuova la richiesta di estendere lo scioglimento della comunione a beni in relazione ai quali in primo grado era stato chiesto ed ottenuto che permanesse lo stato di indivisione, giacchè siffatta richiesta non si risolve in una diversa modalità di realizzazione della divisione ma, introducendo nuovi temi di indagine, costituisce una “mutatio”e non semplicemente una “emendatio libelli”(Cass. 13-12-2005 n. 27410).

Con il secondo motivo la ricorrente, deducendo omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, afferma che l’attribuzione alla La. dell’intera porzione di giardino prospiciente il lago di (OMISSIS) aveva comportato un evidente incremento di valore dell’appartamento di quest’ultima, e che la Corte territoriale non ha tenuto conto in proposito che il valore dei due appartamenti, terrazzi compresi, non poteva essere oggetto di apprezzamento da parte del giudice, poichè le parti avevano già attribuito ad essi eguale valore, chiedendo ciascuna di esse una delle due unità;

pertanto, essendo stato attribuito all’appartamento assegnato alla La. come pertinenza un giardino con un intrinseco maggior valore rispetto all’altro, tale differenza di valore avrebbe dovuto comportare un maggior conguaglio rispetto a quello riconosciuto.

Tale censura resta assorbita all’esito dell’accoglimento del primo motivo di ricorso.

In definitiva quindi la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa deve essere rinviata anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Venezia.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia la causa anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio al altra sezione della Corte di Appello di Venezia.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2011

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