Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9471 del 04/04/2019

Cassazione civile sez. lav., 04/04/2019, (ud. 23/01/2019, dep. 04/04/2019), n.9471

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27906/2013 proposto da:

DIAL COM S.R.L., IN LIQUIDAZIONE C.F. (OMISSIS), P.M. C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUIGI GIUSEPPE

FARAVELLI 22, presso lo studio dell’avvocato ARTURO MARESCA, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MICHELE MARIANI;

– ricorrenti –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale

mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione dei

crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati EMANUELE DE ROSE, CARLA

D’ALOISIO, ANTONINO SGROI e LELIO MARITATO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 711/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 12/08/2013, R.G.N. 319/2012.

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Tribunale di Lucca con le sentenze n. 619 e 624 del 2011 accoglieva le opposizioni proposte da Dial com s.r.l. avverso la cartella esattoriale n. (OMISSIS) per Euro 241.738,43 e da Data Center di P.M. & c. e P.M. avverso la cartella esattoriale n. (OMISSIS) per Euro 801.056,35 che avevano ad oggetto la richiesta di contributi sulla base di verbali di accertamento della Direzione provinciale del lavoro di Lucca, che aveva qualificato una serie di collaborazioni a progetto aventi ad oggetto lo svolgimento di attività di operatori di call center come prestazioni di lavoro subordinato.

2. La Corte d’appello di Firenze dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’Inps nei confronti di P.M. in proprio e, in accoglimento dei restanti appelli, respingeva le opposizioni proposte.

3. Argomentava che per la specificità del progetto ai sensi del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 61 e 69, si richiede che questo, pur potendo avere ad oggetto attività rientranti nel normale ciclo produttivo dell’impresa e non necessariamente caratterizzato dalla straordinarietà ed occasionalità, deve pur sempre distinguersi da essa, costituendo un obiettivo (progetto) od un tipo di attività (programma, fase di lavoro) che si affianca all’attività principale senza confondersi con essa, ancorchè con essa coordinandosi come suo aspetto specifico o particolare. Nel caso, invece, il progetto dedotto nei contratti con i collaboratori, che aveva ad oggetto lo svolgimento delle attività di promozione e vendita commissionate dalle imprese clienti, coincideva con l’attività imprenditoriale delle società appellanti, e la durata si protraeva per il periodo di esecuzione dei contratti stipulati con le aziende committenti e non era ancorata a quella delle campagne loro affidate alla società. Nè il fatto che le imprese committenti potessero recedere con preavviso di sette giorni poteva far ritenere le collaborazioni di natura temporanea. In assenza di valido progetto, doveva ritenersi costituito un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, nè valeva in senso contrario la circostanza che i collaboratori fossero presenti secondo la disponibilità dagli stessi manifestata.

4. Per la cassazione della sentenza Dial com s.r.l. in liquidazione nella persona del legale rappresentante e liquidatore P.M. e questi in proprio hanno proposto ricorso, cui ha resistito l’Inps – SCCI con controricorso. I ricorrenti hanno depositato anche memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

5. come primo motivo i ricorrenti deducono in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione dell’art. 434 c.p.c. e lamentano che la Corte di merito non abbia ritenuto l’inammissibilità dell’appello, che era identico alla memoria di costituzione depositata dall’Inps nel corso di primo grado, sicchè mancava per definizione qualunque critica alla sentenza del Tribunale che veniva del tutto ignorata.

6. Come secondo motivo deducono la violazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, comma 1, nel testo applicabile ratione temporis. Lamentano che la Corte d’appello abbia ritenuto l’invalidità dei progetti per la loro coincidenza con l’oggetto dell’impresa, richiamando anche la riforma del 2012, che è tuttavia inapplicabile alla fattispecie e che pure consente la collaborazione coordinata e continuativa per le attività di vendita diretta di beni di servizi realizzati attraverso call center in outbund.

7. Come terzo motivo deducono la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69 e lamentano che la Corte d’appello abbia ritenuto che dalla ritenuta inesistenza di un progetto conforme alle prescrizioni del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, derivi la presunzione assoluta di lavoro subordinato. Sostengono che tale interpretazione determinerebbe la violazione del principio di rango costituzionale dell'”indisponibilità del tipo contrattuale”, elaborato dalla Consulta nelle sentenze n. 121 del 1993 e 115 del 1994, nonchè dell’art. 41 Cost., comma 1 e la violazione della delega conferita con la L. n. 30 del 2003, che demandava al Governo la previsione di un “adeguato sistema sanzionatorio”.

8.Come quarto motivo deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2222 c.c. e sostengono che la Corte d’appello avrebbe errato nel ravvisare la subordinazione per le modalità della collaborazione, ritenendo non decisiva la circostanza che i collaboratori fossero presenti senza essere costretti da vincoli giuridici, ma secondo la propria disponibilità.

9. Il primo motivo non è fondato.

Questa Corte di Cassazione, anche successivamente alla modifica apportata agli artt. 342 e 434 c.p.c., dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, ha chiarito che questi vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (Cass. Sez. Un. n. 27199 del 16/11/2017, Cass. n. 2143 del 05/02/2015).

10. La Corte territoriale ha fatto buon governo di tali principi, ed ha rigettato l’eccezione d’inammissibilità dell’appello richiamando la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la necessaria specificità dell’appello non è contrastata dalla circostanza che il dissenso della parte impugnante investa la sentenza gravata nella sua interezza e si sostanzi nelle medesime difese che sono state già disattese dal giudice di primo grado, essendo sufficiente che siano esposte le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l’impugnazione ovvero che siano indicate le ragioni per cui si chiede la riforma della sentenza di primo grado.

11. Nè il contenuto del gravame dell’Inps ristrascritto nel ricorso consente di ritenere integrata la violazione dei descritti canoni di specificità.

12. Infondato è anche il secondo motivo.

Occorre premettere che nel caso opera la definizione legale del contratto a progetto fornita dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 61, nel testo originario (poi sostituito dalla L. n. 92 del 2012, art. 61, modificato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 24 bis, comma 7, conv. in L. n. 134 del 2012 ed ancora dal D.L. n. 76 del 2013, art. 7, comma 2, lett. c), conv. in L. n. 99 del 2013ed infine abrogato dal D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 52, di attuazione del c.d. Jobs Act) in base al quale per la configurazione della fattispecie, oltre alla presenza di tutti i caratteri della già nota figura delle collaborazioni continuative e coordinate, è necessaria la riconducibilità dell’attività “a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione della attività lavorativa”.

13. Questa Corte, con riferimento al medesimo testo della disposizione, ha chiarito (Cass. n. 24739 del 2017, Cass. n. 10135 del 26.4.2018) che la nozione di “specifico progetto”, quale deriva dall’esegesi normativa, deve ritenersi consistere – tenuto conto delle precisazioni introdotte nella cit. L. n. 92 del 2012, art. 61 – in un’attività produttiva chiaramente descritta ed identificata e funzionalmente ricollegata ad un determinato risultato finale, cui partecipa con la sua prestazione il collaboratore, precisando tuttavia che la norma non richiede che il progetto specifico debba inerire ad una attività eccezionale, originale o del tutto diversa rispetto alla ordinaria e complessiva attività di impresa.

14. Il progetto concordato non può comunque consistere nella mera riproposizione dell’oggetto sociale della committente, e dunque nella previsione di prestazioni, a carico del lavoratore, coincidenti con l’ordinaria attività aziendale (Cass. n. 17636 del 06/09/2016), in quanto i termini in questione non possono che essere intesi – pena il sostanziale svuotamento della portata della norma – come volti ad enucleare il contenuto della collaborazione in un quid distinto dalla mera messa a disposizione di energie lavorative nell’attuazione delle ordinarie attività aziendali.

15. Nè diversa interpretazione potrebbe attribuirsi all’espressa possibilità (successivamente venuta meno) che il progetto si riferisca ad una “fase” del lavoro, considerato che è proprio il riferimento ad una porzione, ad un ben individuato segmento dell’attività produttiva, che vale a connotare il progetto di una sua individualità rispetto ad essa.

16. Risulta dunque corretta la statuizione della Corte di merito, basata sulla ritenuta assenza di un valido progetto per la sua coincidenza con l’ordinaria attività aziendale, nell’accertato difetto di alcuna distinzione qualitativa, quantitativa o temporale, rispetto ad essa.

17. Il riferimento operato in sentenza alle modifiche apportate dalla L. n. 82 del 2012, non è stato poi determinante della decisione, in quanto la stessa Corte ribadisce che essa è inoperante ratione temporis, pur aggiungendo che conforta l’opzione interpretativa già desumibile dal testo precedente.

18. Infondato è parimenti il terzo motivo: l’assenza del progetto di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 69, comma 1, che rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie, ricorre sia quando manchi la prova della pattuizione di alcun progetto, sia allorchè il progetto, effettivamente pattuito, risulti privo delle sue caratteristiche essenziali, quali la specificità e l’autonomia (Cass. n. 8142 del 29/03/2017).

19. La disposizione (nella versione “ratione temporis” applicabile, antecedente le modifiche di cui alla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 23, lett. f)), si interpreta poi nel senso che, quando un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa sia instaurato senza l’individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, non si fa luogo ad accertamenti volti a verificare se il rapporto si sia esplicato secondo i canoni dell’autonomia o della subordinazione, ma ad automatica conversione in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, sin dalla data di costituzione dello stesso (Cass. n. 17127 del 17/08/2016 e, ancora da ultimo, Cass. n. 28156 del 5/11/2018).

20. I dubbi di compatibilità costituzionale prospettati dai ricorrenti trovano adeguata soluzione solo osservandosi che nel caso non vengono sottratti al giudice i poteri di qualificazione del rapporto, ma viene introdotta una sanzione che consiste nell’applicazione al rapporto delle garanzie del lavoro dipendente. La Corte Costituzionale, con le sentenze 25 marzo 1993, n. 121 e 23 marzo 1994, n. 115 ha escluso che rispettivamente il legislatore o le parti possano imporre presunzioni o qualificazioni contrattuali di autonomia che sottraggono alle indefettibili garanzie del lavoro subordinato una fattispecie che come tale si realizza. Il principio di “indisponibilità del tipo” è stato quindi dettato al fine di evitare sottrazioni di tutele al lavoro subordinato, ed è sorretto da una ragione verosimilmente univoca e non invocabile nel caso inverso. D’altra parte, il nostro ordinamento non è estraneo alla previsione dell’applicazione delle regole del lavoro subordinato come sanzione in caso di violazioni, elusioni, abusi di determinate forme di contratti di lavoro (v. della L. n. 1369 del 1960, art. 1, comma 5, della L. n. 230 del 1962, art. 1).

21. La previsione non può infine ritenersi in contrasto con l’art. 41 Cost., comma 1, in quanto trae origine da una condotta posta in essere dal datore di lavoro e violativa di prescrizioni di legge, nè inadeguata, essendo coerente con il fine del legislatore, di perimetrare il potere di stipulare contratti a progetto per evitare l’elusione delle tutele predisposte per il lavoro subordinato.

22. Le considerazioni che precedono determinano l’assorbimento del quarto motivo, escludendo l’accoglimento del terzo la necessità di indagare in ordine alle effettive modalità con cui si è realizzato il rapporto di lavoro.

23. Segue coerente il rigetto del ricorso, con la condanna alle spese dei soccombenti, liquidate come da dispositivo.

24. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 10.000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso delle spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2019

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