Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 947 del 17/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 947 Anno 2014
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: BLASUTTO DANIELA

ORDINANZA
sul ricorso i 74O52O1 1 proposto da:
IEZZONI KATIA ZZNKTA66S56I1381) elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA GERMANICO 24 presso lo studio dell’avvocato
PROVINI ANDREA, che la rappresenta e difende giusta procura a
margine del ricorso;
– ricorrente contro
POSTE ITALIANE SPA – società con socio unico – in persona del
Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE MAZZINI
134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;
– controrkorrente –

gogt.

Data pubblicazione: 17/01/2014

avverso la sentenza n. 9123/2010 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 12/11/2010, depositata il 21/12/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
10/10/2013 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA BLASUTTO;
udito l’Avvocato Provini Andrea difensore della ricorrente che si

è presente il P.G. in persona del Dott. COSTANTINO FUCCI che ha
concluso come da relazione.
FATTO E DIRITTO
Con sentenza depositata il 21 dicembre 2010, la Corte d’appello di
Roma ha confermato, con diversa motivazione, la decisione di primo
grado di rigetto della domanda di dichiarazione di nullità del termine
apposto al contratto di lavoro stipulato dal 23 luglio al 30 settembre
1998 tra Poste Italiane e Katia Iezzoni , ai sensi dell’art. 8 del C.C.N.L.
26 novembre 1994 per “necessità di espletamento del servizio in
concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre”.
Avverso tale sentenza propone ora ricorso per cassazione — notificato
in data 21-23 giugno 2011 — Katia Iezzoni, affidandolo a quattro
motivi.
La società Poste Italiane resiste alle domande con rituale controricorso.
Il procedimento è regolato dagli artt. 360 e segg. c.p.c. con le
modifiche e integrazioni successive, in particolare quelle apportate
dalla legge 18 giugno 2009 n. 69.
È stata depositata relazione, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..
Il Collegio ha ritenuto la sussistenza dei presupposti per la definizione
del giudizio in camera di consiglio.
Coi primi due motivi, il ricorso investe la dichiarazione della Corte
territoriale di inammissibilità delle censure svolte unicamente in
appello dalla appellante aventi ad oggetto la reale causale del contratto
Ric. 2011 n. 17405 sez. ML – ud. 10-10-2013
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riporta agli scritti;

di lavoro. In proposito, la ricorrente deduce che comunque era stato
allegato il contratto di lavoro dal quale riultava la causale effettiva (e
non quella di esigenze eccezionali erroneamente indicata nel ricorso
introduttivo) e che le censure iniziali erano fondate sulla disciplina,
correttamente indicata, di cui all’art. 8 del C.C.N.L. del 1994.

illustrazione del contenuto del ricorso introduttivo, sono superati dal
fatto che la Corte territoriale ha comunque ritenuto di esaminare le
censure svolte in appello relativamente alla legittimità della causale
effettiva indicata nel contratto di lavoro a giustificazione
dell’apposizione del termine: la “necessità di espletamento del servizio
in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre”.
Con gli altri due motivi, la ricorrente censura la sentenza impugnata
per violazione di legge e per erronea interpretazione di norma
contrattuale per non avere verificato in giudizio, secondo le regole
dell’onere della prova, la corrispondenza effettiva dell’assunzione a
termine al tipo contrattuale utilizzato.
Le censure sono assolutamente nuove, non risultando dalla sentenza
impugnata (ove l’unico rilievo, che, secondo la Corte territoriale,
investiva l’effettivo contenuto del contratto di lavoro concerneva la
mancata indicazione nello stesso del nome del lavoratore sostituito) e
difettando nel ricorso l’affermazione che una tale censura era già stata
svolta e respinta o negletta nel giudizio di merito. Essa è pertanto
comunque inammissibile.
In conclusione, il ricorso va respinto.
Le spese del presente giudizio, liquidate nella misura indicata in
dispositivo, sono poste a carico della ricorrente, in applicazione del
principio generale della soccombenza.
P. Q.M.
Ric. 2011 n. 17405 sez. ML – ud. 10-10-2013
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I motivi, chiaramente infondati e neppure sostenuti da una adeguata

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi
e in Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella carriera di consiglio del 10 ottobre 2013

Il Presidente

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