Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9469 del 30/04/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 9469 Anno 2014
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 10545-2011 proposto da:
CENTOFANTI

ALFREDO

c.f.

CNTLRD54D12E3071,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2,
presso lo studio dell’avvocato ASSENNATO GIUSEPPE
SANTE, che lo rappresenta e difende unitamente agli
avvocati DI CELMO MASSIMO, ANGIOLINI VITTORIO, BOER
2014

PAOLO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

882
contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante

Data pubblicazione: 30/04/2014

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’ Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati
CALIULO LUIGI, PREDEN SERGIO, PATTERI ANTONELLA,
GIANNICO GIUSEPPINA, giusta delega in atti;

avverso la sentenza n. 856/2010 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 18/10/2010 r.g.n. 251/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/03/2014 dal Consigliere Dott. ADRIANO
PIERGIOVANNI PATTI;
udito l’Avvocato ASSENNATO GIUSEPPE SANTE;
udito l’Avvocato SERGIO PREDEN;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

– controricorrente

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 18 ottobre 2010 la Corte d’appello di l’Aquila rigettava l’appello proposto da
Alfredo Centofanti avverso la sentenza 29 settembre 2009 del Tribunale di Sulmona, che ne
aveva riconosciuto, in parziale accoglimento del suo ricorso nei confronti dell’Inps, il diritto

determinazione dell’importo delle prestazioni pensionistiche, per avere presentato domanda
amministrativa all’Inail (per fruire dei benefici pensionistici previsti dall’art. 13, comma 8 1.
257/92, in conseguenza della dedotta esposizione ultradecennale alle fibre di amianto come
dipendente di Sitindustrie International s.p.a. nello stabilimento di Sulmona, loc. Badia) dopo
il 2 ottobre 2003 e per insufficienza alla maturazione, anche con i predetti benefici, dei
requisiti per il pensionamento.
A motivo della sentenza, la corte aquilana escludeva l’incidenza innovativa del d.m. 27
ottobre 2004, in attuazione della previsione contenuta nell’art. 47 d.l. 269/2003 (di riduzione
dal l° ottobre 2003 del coefficiente stabilito dall’art. 13, comma 8 1. 257/1992 da 1,50 a 1,25
ed ai soli fini della determinazione dell’importo delle prestazioni pensionistiche e non anche
di maturazione del diritto al loro accesso), per equivalenza (secondo insegnamento
giurisprudenziale di legittimità consolidato e pure avallato dalla Corte costituzionale con
sentenza 376/2008) della locuzione normativa “maturazione del diritto al beneficio” a quella
“maturazione del diritto a pensione”, a fini applicativi della più favorevole disciplina
previgente, con la conseguenza della sua salvezza per gli assicurati che, non ancora (come
Alfredo Cento fanti) titolari di diritto a pensione al 1° ottobre 2003 per maturazione dei
requisiti, avessero alla stessa data avviato un procedimento amministrativo o giudiziario per
l’accertamento del diritto alla rivalutazione contributiva (ovvero in condizioni tali da
“cristallizzare” il dato normativo precedente, per fruizione di trattamento di mobilità, o
risoluzione del rapporto di lavoro contando nel pensionamento): con ciò negandone
l’applicabilità al predetto.
Ricorre per cassazione Alfredo Centofanti con unico motivo, illustrato da memoria ai sensi
dell’art. 378 c.p.c., cui l’Inps resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

alla rivalutazione con il coeff. 1,25 della sua anzianità contributiva a soli fini di

Con l’unico articolato motivo il ricorrente, denunciando violazione di plurime norme di
diritto, nonché vizio di motivazione, contesta l’interpretazione della normativa di riferimento
accolta dalla Corte territoriale; a suo avviso, infatti, dal raffronto tra l’art. 47, comma 6 bis d.l.
n. 269/03, convertito in legge n. 326/03, e il successivo art. 3, comma 132 legge n. 350/03,
nonché tenendo conto dei lavori preparatori della legge di conversione n. 326/03 e della legge

maturato, non già il diritto alla pensione, ma “il diritto al conseguimento” degli specifici
“benefici previdenziali” di cui alla legge n. 257/92, vuol fare salva l’applicazione della
disciplina previgente per tutti coloro che, rientrando nelle previsioni di quest’ultima, al
momento dell’entrata in vigore della novella fossero risultati in possesso dei requisiti (almeno
dieci anni di esposizione all’amianto, per attività soggette alla relativa assicurazione
obbligatoria gestita dall’Inail) a cui era condizionato il riconoscimento del beneficio
previdenziale, fossero o meno già in pensione ovvero in procinto di andarvi;
conseguentemente, salve le diverse ipotesi specificamente previste (avvenuta presentazione
della domanda di riconoscimento all’Inail entro il 2 ottobre 2003; conseguimento di sentenze
favorevoli per cause avviate entro la stessa data), doveva ritenersi che restassero esclusi
dall’applicazione delle disposizioni previgenti (venendo assoggetti quindi al nuovo regime di
cui all’art. 47 d.l. n. 269/03), solo quei lavoratori che, pur essendo stati esposti all’amianto per
un periodo almeno decennale prima del 2 ottobre 2003, non avevano titolo a conseguire i
benefici sulla base della legge n. 257/92, in quanto le relative attività non erano coperte
dall’assicurazione obbligatoria Inail; sempre secondo il ricorrente, l’interpretazione accolta
dalla Corte territoriale condurrebbe all’applicazione della nuova disciplina a lavoratori già
esposti all’amianto, per periodi ultradecennali, per attività soggette all’assicurazione Inail, il
che ne postulerebbe un effetto retroattivo; ciò porterebbe tuttavia alla violazione del principio
dell’affidamento in materia incidente sul diritto alla salute e sul conseguimento di benefici
previdenziali, stante l’assenza di una idonea giustificazione della retroattività della nuova
disciplina, con conseguente lesione dei principi di cui agli artt. 3, 32 e 38 della Costituzione,
oltre a determinare la violazione del principio di uguaglianza per l’arbitraria parificazione di
situazioni differenti (essendo stata regolata in ugual modo la situazione di coloro che avevano
subito l’esposizione all’amianto in attività soggette alla relativa assicurazione obbligatoria e
quella di coloro che a tale assicurazione non erano stati assoggetti) e per arbitraria

n. 350/03, dovrebbe ricavarsi che la seconda disposizione, nel riferirsi a tutti coloro che hanno

discriminazione tra situazioni uguali (essendo stata fatta salva l’applicazione della vecchia
disciplina per coloro che alla data di entrata in vigore avevano già maturato il diritto al
trattamento pensionistico; per coloro che, alla stessa data, avevano già avviato un
procedimento amministrativo o giurisdizionale per l’accertamento del diritto a conseguire i
benefici in parola; per coloro che, sempre prima dell’entrata in vigore del decreto legge,

beneficio); da ciò la richiesta del ricorrente, in via gradata, di sollevare questione di legittimità
costituzionale della normativa di riferimento per contrasto con gli artt. 3, 24, 32 e 38 della
Costituzione.
Giova ricordare il contenuto delle previsioni legislative (per quanto di rilievo ai fini del
decidere e per quanto espressamente invocate dalle parti) che si sono succedute nel
disciplinare la fattispecie.
L’art. 13, comma 8,1egge 27 marzo 1992, n. 257 stabilì che “Per i lavoratori che siano stati
esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni, l’intero periodo lavorativo soggetto
all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione
all’amianto, gestita dall’INAIL, è moltiplicato, ai fini delle prestazioni pensionistiche, per il
coefficiente di 1,5”.
L’art. 47 d.l. 30 settembre 2003, n. 269 (pubblicato in supplemento ordinario n. 157 alla
Gazzetta Ufficiale n. 229 del 2 ottobre 2003), convertito, con modificazioni, nella legge 24
novembre 2003, n. 326, sotto la rubrica “Benefici previdenziali ai lavoratori esposti
all’amianto”, previde quanto segue:
“1. A decorrere dal 1 0 ottobre 2003, il coefficiente stabilito dall’articolo 13, comma 8 della
legge 27 marzo 1992, n. 257, è ridotto da 1,5 a 1,25. Con la stessa decorrenza, il predetto
coefficiente moltiplicatore si applica ai soli fini della determinazione dell’importo delle
prestazioni pensionistiche e non della maturazione del diritto di accesso alle medesime.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai lavoratori a cui sono state
rilasciate dall’ INAIL le certificazioni relative all’esposizione all’ amianto sulla base degli atti
d’indirizzo emanati sulla materia dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali
antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
3. Con la stessa decorrenza prevista al comma 1, i benefici di cui al comma 1, sono concessi
esclusivamente ai lavoratori, che, per un periodo non inferiore a dieci anni, sono stati esposti

avevano presentato una domanda, anche in sede amministrativa, per il riconoscimento del

all’amianto in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio
su otto ore al giorno. I predetti limiti non si applicano ai lavoratori per i quali sia stata
accertata una malattia professionale a causa dell’esposizione all’amianto, ai sensi del testo
unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n.

4. La sussistenza e la durata dell’esposizione all’amianto di cui al comma 3 sono accertate e
certificate dall’INAIL.
5. I lavoratori che intendano ottenere il riconoscimento dei benefici di cui al comma 1,
compresi quelli a cui è stata rilasciata certificazione dall’INAIL prima del l’ottobre 2003,
devono presentare domanda alla Sede INAIL di residenza entro 180 giorni dalla data di
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale di cui al comma 6, a pena
di decadenza del diritto agli stessi benefici.
6. Le modalità di attuazione del presente articolo sono stabilite con decreto del Ministro del
lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da
emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
6-bis. Sono comunque fatte salve le previgenti disposizioni per i lavoratori che abbiano già
maturato, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il diritto al trattamento
pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8 della
legge 27 marzo 1992, n. 257, nonché coloro che alla data di entrata in vigore del presente
decreto, fruiscano dei trattamenti di mobilità, ovvero che abbiano definito la risoluzione del
rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento.
6-ter. I soggetti cui sono stati estesi, sulla base del presente articolo, i benefici previdenziali
di cui alla legge 27 marzo 1992, n. 257, come rideterminati sulla base del presente articolo,
qualora siano destinatari di benefici previdenziali che comportino, rispetto ai regimi
pensionistici di appartenenza, l’anticipazione dell’accesso al pensionamento, ovvero
l’aumento dell’anzianità contributiva, hanno facoltà di optare tra i predetti benefici e quelli
previsti dal presente articolo. Ai medesimi soggetti non si applicano i benefici di cui al
presente articolo, qualora abbiano già usufruito dei predetti aumenti o anticipazioni alla data
di entrata in vigore del presente decreto.
(omissis)”

1124.

Va precisato che i commi 6 bis e 6 ter vennero introdotti in sede di conversione in legge del
decreto e che il decreto ministeriale attuativo di cui al comma 6 venne emanato il 27 ottobre
2004.
L’art. 3, comma 132 legge 24 dicembre 2003, n. 350 previde poi che:
“In favore dei lavoratori che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al

1992, n. 257 e successive modificazioni, sono fatte salve le disposizioni previgenti alla
medesima data del 2 ottobre 2003. La disposizione di cui al primo periodo si applica anche a
coloro che hanno avanzato domanda di riconoscimento all’INAIL o che ottengono sentenze
favorevoli per cause avviate entro la stessa data. Restano valide le certificazioni già
rilasciate dall’INAIL. (omissis)”.
Per quanto qui specificamente interessa, l’art. 1, comma 2, del decreto ministeriale attuativo
27 ottobre 2004, stabilì che:
“Ai lavoratori che sono stati esposti all’amianto per periodi lavorativi soggetti
all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali,
gestita dall’INAIL, che abbiano già maturato, alla data del 2 ottobre 2003, il diritto al
conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8, della legge 27
marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni, si applica la disciplina previgente alla
medesima data, fermo restando, qualora non abbiano già provveduto, l’obbligo di
presentazione della domanda di cui all’art. 3 entro il termine di 180 giorni, a pena di
decadenza, dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.
L’art. 1, comma 20 legge 24 dicembre 2007, n. 247 ha poi disposto che “Ai fini del
conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8 della legge 27 marzo
1992, n. 257 e successive modificazioni, sono valide le certificazioni rilasciate dall’Istituto
nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) ai lavoratori che
abbiano presentato domanda al predetto Istituto entro il 15 giugno 2005, per periodi di
attività lavorativa svolta con esposizione all’amianto fino all’avvio dell’azione di bonifica e,
comunque, non oltre il 2 ottobre 2003, nelle aziende interessate dagli atti di indirizzo già
emanati in materia dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale”.
La legge n. 257/92, emanata dopo la sentenza di condanna della Corte di Giustizia CE n. 240
del 1990, a seguito di una procedura d’infrazione, era principalmente finalizzata a favorire la

conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8 della legge 27 marzo

cessazione dell’impiego dell’amianto e, tra le misure adottate per raggiungere tale obiettivo, si
inserisce il ricordato art. 13, comma 8, emanato con il fine precipuo di favorire l’esodo dal
mondo del lavoro del maggior numero di lavoratori che avessero subito, sul piano
occupazionale, le conseguenze della suddetta dismissione.
Con la riforma del 2003 tale misura ha subito una trasformazione radicale dovuta, come

ordine di ragioni: “Da un lato, infatti, è stato logico presumere che, a distanza di tanti anni
dall’entrata in vigore della legge n. 257 del 1992, il risultato della dismissione delle
lavorazioni dell’amianto, comportanti esposizione dei lavoratori alle sue polveri, fosse stato
ormai conseguito; dall’altro, è venuto emergendo, dalle indagini epidemiologiche e dai
progressi della scienza medica, che gli effetti dannosi della suddetta esposizione possono
prodursi anche a lunga distanza di tempo e che non era, quindi, irragionevole attribuire un
beneficio previdenziale a coloro che a siffatto rischio erano stati esposti, anche se le relative
attività non erano obbligatoriamente assoggettate all’assicurazione INAIL. La nuova
normativa ha, pertanto, previsto che il beneficio non valga al fine del raggiungimento della
anzianità contributiva, ma sia attribuito, in presenza delle altre condizioni di legge, a coloro
che abbiano maturato il diritto al trattamento di quiescenza secondo gli ordinari criteri di
calcolo, al solo fine della misura della pensione. La riduzione del coefficiente di rivalutazione
da 1,50 a 1,25 è dovuta alla non irragionevole previsione che vi sarebbe stato un
allargamento della platea degli aventi diritto e, quindi, a una nuova valutazione delle
esigenze di bilancio”.
In sintesi, alla stregua delle previsioni della riforma, deve convenirsi che si è attribuito un
beneficio, ridotto rispetto a quello originariamente previsto dell’art. 13, comma 8 legge n.
257/92, a tutti i lavoratori che, nel periodo considerato, siano stati esposti all’amianto (nella
concentrazione media annua indicata), indipendentemente dal fatto che l’attività esercitata
fosse assoggettata all’assicurazione Inail contro le malattie professionali.
La questione sollevata (o meglio, riproposta, perché già più volte esaminata dalla
giurisprudenza di questa Corte) investe pertanto l’interpretazione da darsi all’art. 3, comma
132 della legge n. 350/2003 e all’art. 1, comma 2 d.m. 27 ottobre 2004 (di attuazione dell’art.
47 d.l. n. 269/2003), nella parte in cui sanciscono l’applicabilità della previgente disciplina
(utilizzo del coefficiente moltiplicatore 1,5 tanto ai fini tanto dell’accesso a pensione, quanto a

puntualmente evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 376/2008, ad un duplice

quello della relativa liquidazione) nei confronti di coloro che avevano maturato “il diritto al
conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’art. 13, comma 8 della legge 27 marzo
1992, n. 257” alla data del 2 ottobre 2003.
Deve anzitutto osservarsi come sia sostanzialmente priva di rilevanza, ai fini dell’indagine
anzidetta, la ricordata disposizione del cui all’art. 1, comma 20 legge n. 247/07, che si limita a

attività nelle aziende interessate dagli atti di indirizzo già emanati in materia dal Ministero del
lavoro e della previdenza sociale; situazione soggettiva che comunque non ricorre nel caso di
specie.
Nient’affatto decisivo risulta poi quanto disposto dall’art. 1, comma 2 d.m. 27 ottobre 2004;
tale decreto, atto di normazione secondaria, pur se emanato in attuazione dell’art. 47 d.l. n.
269/2003, ha recepito, senza nulla aggiungere, la locuzione di cui all’art. 3, comma 132 legge
n. 350/03 (“diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8
della legge 27 marzo 1992, n. 257, e successive modificazioni”), cosicché la soluzione della
questione all’esame riposa unicamente sull’individuazione della portata effettiva della
normazione primaria, non ponendosi affatto, quale che sia la soluzione, un problema di
disapplicazione della disposizione attuativa.
7.

L’opzione ermeneutica prospettata dal ricorrente riposa essenzialmente sulla differenza

lessicale tra il comma 6 bis dell’art. 47 dl n. 269/03 (“diritto al trattamento pensionistico”) e
il comma 132 dell’art. 3 n. 350/03 (“diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui
all’articolo 13, comma 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257”), desumendone che la seconda
locuzione esprimerebbe un diverso concetto (da accogliersi in base ai principi della
successione delle leggi nel tempo) e, in particolare, che vorrebbe far salva l’applicazione della
disciplina previgente per tutti coloro che, rientrando nelle previsioni di quest’ultima, al
momento dell’entrata in vigore della novella fossero risultati in possesso dei requisiti cui era
condizionato il riconoscimento del beneficio previdenziale, indipendentemente dal fatto che
avessero maturato il diritto alla pensione.
Tale argomento interpretativo è intrinsecamente fragile, perché non spiega affatto per quale
ragione la seconda locuzione, alla luce di un’interpretazione sistematica della normativa di
riferimento, non potrebbe configurare una sostanziale sinonimia della prima.

introdurre una deroga alla disciplina generale per i lavoratori che abbiano prestato la propria

Ma soprattutto, proprio sotto il profilo letterale, si risolve nell’attribuire natura di diritto
soggettivo, come previsto dalla legge (“diritto al conseguimento …”), a ciò che è soltanto una
situazione fattuale costituente uno dei requisiti perché il diritto stesso possa essere conseguito.
Laddove, se il legislatore avesse inteso garantire l’applicabilità delle previgenti disposizioni
alla mera ricorrenza di tale situazione fattuale, lo avrebbe esplicitato, così come ha fatto in

domanda di riconoscimento all’INAIL”, la cui contemplazione risulterebbe invece pleonastica
seguendo l’interpretazione prospettata dal ricorrente.
Né incontrovertibili elementi di giudizio, nel senso prospettato, possono ravvisarsi negli atti
dei richiamati lavori preparatori parlamentari (fermo restando il rilievo che “… i lavori
preparatori – anche quando il loro tenore è inequivoco – pur non essendo privi di rilievo, non
rivestono tuttavia importanza decisiva ai fini della ricostruzione del significato da attribuire
alle norme giuridiche, poiché queste, una volta emanate, assumono un valore autonomo e
vanno quindi interpretate non già secondo le opinioni personali dei partecipanti alla loro
elaborazione ma secondo il contenuto che risulta dalla loro formulazione e dal sistema nel
quale sono inserite”: Corte Costituzionale n. 34/1977, punto 4 della motivazione in diritto);
anzi semmai, va rilevato, in senso contrario, che l’XI Commissione Permanente, nel rilasciare
il proprio parere favorevole con riferimento al comma 6 bis dell’art. 47 d.l. n. 269/03, che,
come detto, si riferisce espressamente al “diritto al trattamento pensionistico”, si espresse nel
senso che tale disposizione faceva salve le disposizioni previgenti “per le situazioni giuridiche
soggettive dei lavoratori che avevano già maturato, anteriormente alla data di entrata in
vigore del decreto, il diritto al conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’art. 13,
comma 8 della legge n. 257 del 1992”: con ciò mostrando di intendere la sostanziale
sinonimia fra le due locuzioni.
L’opzione ermeneutica invocata dal ricorrente risulta altresì inaccoglibile sotto un primo
profilo sistematico; seguendola, infatti, ne deriverebbe la sostanziale inapplicabilità del
comma 1 dell’art. 47 d.l. n. 269/03 ai lavoratori adibiti ad attività assoggettate
all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali dell’Inail, in palese contrasto con
il carattere generale di tale disposizione, che non distingue affatto tra lavoratori addetti o non
addetti ad attività assoggettate alla suddetta assicurazione obbligatoria.

riferimento ad altre situazioni fattuali ben determinate, quale ad esempio, l’avere “avanzato

Ma, soprattutto, sempre sotto il profilo sistematico, l’interpretazione invocata non si concilia
con la natura dei benefici previdenziali de quibus, posto che, come condivisibilmente
riconosciuto da un ormai consolidato indirizzo ermeneutico di questa Corte, “la rivalutazione
contributiva non rappresenta una prestazione previdenziale autonoma, ma determina i
contenuti del diritto alla pensione” (cfr, ex plurimis: Cass., nn. 21257/2004; 21862/2004;

3122/2011; 8649/2012), ovvero, in altri termini, introduce “una modalità di calcolo della
anzianità contributiva ai fini delle ordinarie prestazioni pensionistiche di vecchiaia e di
anzianità o di queste sostitutive in regimi speciali” (Corte Costituzionale n. 376/2008).
Con l’ineludibile conseguenza che la maturazione, alla data del 2 ottobre 2003, del “diritto al
conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’articolo 13, comma 8 della legge 27 marzo
1992, n. 257 e successive modificazioni” deve essere intesa nel senso del perfezionamento del
diritto al trattamento pensionistico anche sulla base del beneficio di cui all’art. 13, comma 8
legge n. 257/92; onde, per questa parte, la locuzione utilizzata al ridetto art. 3, comma 132
legge n. 350/03 costituisce soltanto la conferma di quanto già si era voluto significare con
quella di maturazione del “diritto al trattamento pensionistico” contenuta nell’art. 47, comma
6 bis d.l. n. 269/03.
Corollario di quanto testé affermato è che i lavoratori che, in epoca antecedente all’ottobre
2003, fossero stati esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni nello svolgimento
di attività assoggettate all’assicurazione obbligatoria dell’Inail non erano titolari di un diritto
soggettivo perfetto alla pensione e alla sua determinazione secondo i criteri di cui all’art. 13,
comma 8 legge n. 257/92, ma soltanto portatori di una legittima aspettativa a che tale diritto si
concretizzasse al momento dell’eventuale (sempre che venissero a realizzarsi gli ulteriori
requisiti) futura maturazione del diritto a pensione.
Dal che discende che non può ritenersi che la riforma del 2003 abbia inciso, retroattivamente,
su posizioni di diritto soggettivo già acquisite.
Va comunque considerato, secondo i principi enunciati a più riprese dalla Corte
Costituzionale (ex plurimis: Corte Costituzionale nn. 349/1985; 822/1988; 573/1990;
390/1995), che le disposizioni modificatrici in senso sfavorevole della precedente disciplina
dei rapporti di durata emanate dal legislatore ai fini pensionistici, non devono concretare un
regolamento irrazionale ed arbitrario, lesivo delle situazioni sostanziali poste in essere da

15007/2005; 15008/2005; 16179/2005; 441/2006; 15679/2006; 23068/2007; 18135/2010;

leggi precedenti e frustrare l’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, che è elemento
fondamentale dello Stato di diritto.
Nella specie, tuttavia, la (comunque solo parziale) frustrazione delle aspettative pensionistiche
dei destinatari dell’art. 13, comma 8 legge n. 257/92 (per quanto ovviamente già non avessero
maturato il diritto alla pensione) non si connota di arbitrarietà ed irrazionalità, inserendosi al

ragioni già diffusamente esposti.
Appaiono poi manifestamente infondati i dubbi di costituzionalità sollevati rispetto alla scelta
legislativa di trattare in maniera identica la posizione di coloro che avevano subito
l’esposizione all’amianto in attività soggette alla relativa assicurazione obbligatoria e quella di
coloro che a tale assicurazione non erano stati assoggettati; tale scelta non può infatti ritenersi
irragionevole, posto che, nell’ottica della tutela del bene primario della salute, l’elemento
unificatore delle due situazioni, che le rende sostanzialmente omogenee, è la considerazione
dell’identità delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla prolungata esposizione
all’amianto, che prescindono dal dato estrinseco dell’assoggettamento o meno
all’assicurazione obbligatoria dell’Inail dell’attività nell’ambito del quale l’esposizione stessa
si sia verificata.
Quanto alla dedotta arbitraria discriminazione tra situazioni uguali i dubbi sollevati trovano
già risposta, nel senso della loro infondatezza, nelle considerazioni svolte dalla Corte
Costituzionale nella ricordata sentenza n. 376/2008, ove viene puntualizzato che il legislatore
ha dettato la disciplina transitoria inerente al passaggio da un regime ad un altro in
correlazione con il mutamento di funzione e di struttura della misura disciplinata e che,
considerando che tale passaggio comportava un trattamento meno favorevole, ha voluto far
salve alcune situazioni ritenute meritevoli di tutela, introducendo disposizioni derogatorie
rispetto all’immediata applicazione della nuova disciplina; ciò nell’ambito di quell’ampia
discrezionalità che, secondo la costante giurisprudenza della Corte Costituzionale, va
riconosciuta al legislatore “nella fissazione delle norme di carattere transitorio dettate per
agevolare il passaggio da un regime ad un altro, tanto più ove si tratti di disciplina di
carattere derogatorio comportante scelte connesse all’individuazione delle categorie dei
beneficiari delle prestazioni di carattere previdenziale”.
Riassumendo:

contrario in un complessivo quadro di trasformazione radicale dell’istituto, nei termini e per le

- l’art. 13, comma 8 legge n. 257/92 aveva previsto l’applicazione del coefficiente
moltiplicatore 1,5 ai fini delle prestazioni pensionistiche (sia per la maturazione del diritto al
loro accesso, sia per la determinazione del loro importo) in favore dei lavoratori che fossero
stati esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni in attività assoggettate
all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione

la riforma del 2003 (art. 47 d.l. n. 269/03, convertito con modificazioni nella legge n.

326/03; art. 3, comma 132 legge n. 350/03), a partire dall’ottobre 2003, ha ridotto a 1,25 il
coefficiente moltiplicatore, stabilendo la sua applicabilità ai soli fini della determinazione
dell’importo della prestazione pensionistica;
– ha tuttavia contemplato il beneficio per tutti i lavoratori che fossero stati esposti
all’amianto per almeno dieci anni e, quindi, anche per coloro addetti ad attività non
assoggettate all’assicurazione obbligatoria dell’Inail;
a prescindere da alcune ipotesi specificamente individuate (lavoratori in mobilità;
lavoratori che avessero definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda
di pensionamento; lavoratori che avessero ottenuto sentenze favorevoli per cause avviate entro
il 2 ottobre 2003; lavoratori che avessero avanzato domanda di riconoscimento all’Inail) e
quindi in linea generale, ha previsto l’applicabilità delle “previgenti disposizioni” (ex art. 13,
comma 8 legge n. 257/92 e successive modificazioni) in favore dei lavoratori che, alla data del
2 ottobre 2003, indipendentemente dall’avvenuta presentazione della domanda di pensione,
fossero in possesso di tutti i requisiti richiesti per la maturazione del diritto al conseguimento
degli originari benefici (requisito specifico, ai sensi dell’art. 13, comma 8 legge n. 257/92, di
esposizione all’amianto, per il periodo prescritto, in attività assoggettate all’assicurazione
obbligatoria e requisiti pensionistici generali, in particolare contributivo e anagrafico);

ha introdotto per tutte le categorie di lavoratori interessati, a pena di decadenza, l’obbligo

di presentare domanda di riconoscimento dei benefici all’Inail nel termine fissato (180 giorni
dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto interministeriale attuativo);

tale decreto (d.m. 27 ottobre 2004, pubblicato il 17 dicembre 2004) riproduce la dizione

utilizzata dall’art. 3, comma 132 legge n. 350/03 e quindi, al fine di individuare i soggetti
contemplati in quest’ultima disposizione, non si pone alcun problema di sua eventuale
disapplicazione.

all’amianto, gestita dall’Inail;

Conclusivamente va data continuità al già ricordato e consolidato orientamento ermeneutico
di questa Corte e riconosciuta la manifesta infondatezza dei dubbi di legittimità costituzionale
sollevati al riguardo.
Essendosi la Corte territoriale conformata al suindicato indirizzo, il motivo svolto, nei distinti
profili in cui si articola, non può trovare accoglimento.

Non avendo allegato il ricorrente, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per
cassazione, di avere assolto nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado all’onere
autocertificativo di cui all’art. 152 disp. att. c.p.c., le spese, liquidate come in dispositivo,
seguono la soccombenza.

P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso e condanna Alfredo Centofanti alla rifusione, in favore dell’Inps, delle spese
del giudizio, che liquida in € 100,00 per esborsi e € 3.000,00 per compenso professionale,
oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 12 marzo 2014
Il Presidente

In definitiva il ricorso va rigettato.

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