Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9466 del 18/04/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 9466 Anno 2013
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: ARIENZO ROSA

SENTENZA

sul ricorso 24060-2007 proposto da:
GRECO GIOVANNA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE DELLE MILIZIE 1, presso lo studio dell’avvocato
GHERA EDOARDO, rappresentato e difeso dall’avvocato
CAZZATO STEFANIA, giusta delega in atti;
– ricorrente 2013
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contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato

4

in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli

Data pubblicazione: 18/04/2013

avvocati LA PECCERELLA LUIGI e PUGLISI LUCIA, che lo
rappresentano e difendono giusta procura notarile in
atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 182/2006 della CORTE D’APPELL

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 08/01/2013 dal Consigliere Dott. ROSA
ARIENZO;
udito l’Avvocato EMILIA FAVATA per delega PUGLISI
LUCIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI, che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

SEZ.DIST. DI’ d.§_ TARANTO, r.g.n. 99/05;a4,0-sitat-,531.D 2 • 2-“lí

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 7.2.2007, la Corte di Appello di Lecce accoglieva il gravame proposto
– dall’INAIL avverso la decisione del giudice di Taranto, che aveva dichiarato il diritto di
Greco Giovanna a percepire l’indennizzo nella misura del 7% ai sensi del d. Igs 38/2000
in relazione ad infortunio sul lavoro occorso alla predetta in data 16.12.2002, e, per
l’effetto, ne rigettava la domanda. Sosteneva che, con riguardo ad infortuni sul lavoro

la copertura assicurativa agli insegnanti ed agli alunni che attendessero ad esperienze o
ad esercitazioni pratiche o che svolgessero esercitazioni di lavoro e che la tutela
assicurativa copriva solo tale rischio specifico e non anche quello generico, quando
l’evento lesivo fosse legato con nesso di causalità allo svolgimento di tali attività. Rilevava
che l’estensione della tutela anche agli infortuni in itinere fosse possibile ove venisse
fornita la dimostrazione dell’utilizzo di un mezzo proprio per raggiungere il luogo di lavoro,
a causa dell’assenza di alternativi mezzi di trasporto, dovendo, nel caso specifico, ritenersi
che l’Inali avesse mosso specifiche contestazioni sia con riguardo all’appartenenza
dell’infortunata alla categoria dei soggetti protetti dediti allo svolgimento di attività con le
caratteristiche volute dalle prescrizioni normative, sia con riguardo alla sussistenza del
rischio specifico, sulla base della considerazione che non era stata fornita la prova della
necessità di impiego di un mezzo proprio. Poichè l’istante, in relazione alla prova dedotta,
non aveva depositato in tempo utile le liste dei testi da escutere sulle circostanze di fatto
allegate, né richiesto in tutti i verbali di causa del giudizio di primo grado di essere
ammessa alla detta prova testimoniale, doveva, in riforma della decisione, rigettarsi ogni
domanda.
Per la cassazione di tale decisione ricorre la Greco, con due motivi di impugnazione.
Resiste, con controricorso, l’Inail, che ha illustrato le proprie difese con memoria ai sensi
dell’art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la Greco denunzia violazione e falsa applicazione del combinato
disposto degli artt. 420, 6° comma, e 421, 1° comma, c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4,
1

verificatisi nello svolgimento di attività didattica, l’art. 4 n. 5 del d.p.r. n. 1124/1965 limitava

c.p.c., assumendo che il giudice del merito avrebbe dovuto esercitare i propri poteri
istruttori officiosi nel senso di indicare alla parte istante la riscontrata irregolarità,
assegnandole un termine per l’integrazione della dedotta richiesta istruttoria. Richiama, a
sostegno della censura, Cass. 16529/2004 – cui è conforme Cass. 17649/2010 – secondo
la quale la omessa enunciazione delle generalità delle persone da interrogare in ordine
alle circostanze di fatto allegate nei capitoli di prova testimoniale non determina la
decadenza dalla relativa istanza istruttoria, concretando tale omissione una mera
irregolarità che abilita il giudice all’esercizio del potere-dovere di cui all’art. 421, comma I,
c.p.c., ed all’assegnazione di un termine alla parte per sanare la detta irregolarità quando
ritenga l’esperimento del mezzo istruttorio pertinente e rilevante.
Con il secondo motivo, lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 420 e 437
c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.., contestando la motivazione nella parte in cui ha
ritenuto che nei verbali di causa non era stata ribadita la richiesta istruttoria, ritenendo che
non poteva presumersi che la stessa fosse rinunciata o che si fosse realizzata una.
decadenza.
Il ricorso è infondato.
La censura con la quale si addebita alla decisione impugnata di essere pervenuta alle
conclusioni negative per l’infortunata senza che il giudice del merito abbia esercitato i
propri poteri d’ufficio si rivela inidonea ai fini voluti, dal momento che la ricorrente, per il
principio dell’autosufficienza del ricorso, avrebbe dovuto nello stesso indicare i capitoli di
prova di cui non vi è stata ammissione, nonché procedere all’allegazione tempestiva e
rituale dei fatti specifici su cui chiedeva la deposizione testimoniale. Ed invero, è principio
consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello alla cui stregua il ricorrente, che in
sede di legittimità, denunci la mancata ammissione in appello di una prova testimoniale,
deve riportare in modo preciso le circostanze che formavano oggetto della prova, al fine di
consentire il controllo sulla decisività dei fatti da provare in ordine alla risoluzione della
controversia e sulle prove stesse, in quanto, per il principio dell’autosufficienza del ricorso
per Cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere tale verifica in base alle sole
deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini
integrative ( cfr., tra le altre, Cass. 29 settembre 2005 n. 19051). Nella specie, la
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ricorrente si è limitata a richiamare le deduzioni che in proposito aveva svolto con l’atto di
appello, in cui aveva insistito nell’ ammissione del mezzo istruttorio già richiesto in primo
grado, ma ciò non è sufficiente ad integrare il requisito appena indicato, atteso che la
Corte non può procedere alla verifica di decisività sopra indicata .
In aggiunta a quanto sinora detto ed alla stregua del già ricordato principio della
autosufficienza del ricorso per cassazione, il profilo di censura sull’esercizio dei poteri

La Corte di cassazione ha più volte ribadito che nel rito del lavoro, ai sensi di quanto
disposto dagli artt. 421 e 437 cod. proc. civ., l’esercizio del potere d’ufficio del giudice, pur
in presenza di già verificatesi decadenze o preclusioni e pur in assenza di una esplicita
richiesta delle parti in causa, non è meramente discrezionale, ma si presenta come un
potere — dovere, sicchè il giudice del lavoro non può limitarsi a fare meccanica
applicazione della regola formale del giudizio fondata sull’onere della prova, avendo
l’obbligo — in ossequio a quanto prescritto dall’art. 134 cod. proc. civ., ed al disposto di cui
all’art.. 111, primo comma, Cost., sul “giusto processo regolato dalla legge” di esplicitare le
ragioni per le quali reputi di far ricorso all’uso dei poteri istruttori o, nonostante la specifica
richiesta di una delle parti, ritenga, invece, di non farvi ricorso. Tali poteri non possono in
ogni caso essere esercitati sulla base del sapere privato del giudice, con riferimento a fatti
non allegati dalle parti o non acquisiti al processo in modo rituale, dandosi ingresso alle
cosiddette prove atipiche, ovvero ammettendosi una prova contro la volontà delle parti di
non servirsi di detta prova o, infine, in presenza di una prova già espletata su punti decisivi
della controversia, ammettendosi d’ufficio una prova diretta a sminuirne l’efficacia e la
portata, o allorquando, infine, si richieda non tempestivamente e non ritualmente la prova
tanto da ritardare — in violazione del principio della ragionevole durata del processo — i
tempi della decisione (sui poteri istruttori del giudice del lavoro cfr. Cass. Sez. Un., 17
giugno 2004 n. 11353, e, più di recente, ex plurimis, Cass. 5 febbraio 2005 n. 2379,
nonché, da ultimo, Cass. 5 novembre 2012 n.18924).
Ne consegue pertanto che la ricorrente non può nel caso di specie affatto dolersi del
mancato esercizio dei poteri istruttori d’ufficio, per essere stata la condotta del giudice di
appello rispettosa del ricordato principio della ragionevole durata del processo, dal
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istruttori officiosi è privo di fondamento.

momento che la richiesta di prova testimoniale è stata rinnovata tardivamente in sede di
gravame.
Esigenze di completezza argomentativa inducono per quanto attiene il merito della
controversia ad osservare che non risulta provato, sulla base del contenuto del ricorso per
cassazione, che nel subire l’infortunio per cui è controversia la Greco ha utilizzato
l’automobile di sua proprietà per raggiungere il posto di lavoro per ragioni di necessità ed

legittimità (cfr., ex multis, eass. 3 novembre 2011 n. 22759; Cass. 23 giugno 2008 n.
13376).
Per le esposte considerazioni , il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della Greco e sono liquidate
come in dispositivo, non ricadendo la fattispecie ratione temporis sotto il vigore del vecchio
testo dell’art. 152 disp att cpc e non essendovi alcun richiamo a condizioni reddituali ai fini
dell’eventuale esonero dal relativo pagamento.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la Greco al pagamento delle spese di lite del
presente giudizio, liquidate in euro 50,00 per esborsi ed euro 3000,00 per compensi
professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, in data 8.1.2013

in assenza di soluzioni alternative, così come è stato rimarcato più volte dai giudici di

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