Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9463 del 30/04/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 9463 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: DORONZO ADRIANA

SENTENZA

sul ricorso 6991-2008 proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona
del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso
dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui
Uffici domicilia ope legis, in ROMA, alla VIA DEI
PORTOGHESI n. 12;
– ricorrente –

2014

contro

688

GIANFRATE

CATERINA

MARIA,

già

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CICERONE 44, presso lo studio
dell’avvocato DE STEFANIS MARCO, rappresentata e

Data pubblicazione: 30/04/2014

difesa dall’avvocato CANTELMO ANTONIO, giusta delega
in atti e da ultimo domiciliata presso LA CANCELLERIA
DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 2309/2007 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/02/2014 dal Consigliere Dott. ADRIANA
DORONZO;
udito l’Avvocato DE STEFANIS MARCO per delega CANTELMO
ANTONIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per in
via principale inammissibilità, in subordine rigetto.

di LECCE, depositata il 23/11/2007 R.G.N. 2254/2006;

Udienza 26 febbraio 2014
Aula A
R.G. n. 6991/2008

Svolgimento del processo

1.2. Con circolare del 5 agosto 2004, l’Amministrazione la escludeva dalla graduatoria, in quanto
non in possesso di un diploma conseguito a seguito di un corso di studi di durata quinquennale,
bensì di un titolo rilasciato dalla scuola magistrale dopo un corso di durata triennale.
1.3. Contro l’esclusione la Gianfrate proponeva ricorso al Tribunale di Lecce che accoglieva la sua
domanda, sul presupposto che: a) il CCNL 1998/2001 prevedeva per l’accesso dall’interno alla
posizione C2 il “diploma di scuola secondaria superiore”, senza ulteriore specificazione; b) l’art.
191 del d. lgs. 16 aprile 1994, n. 297, considerava tra gli istituti e le scuole di istruzione secondaria
superiore anche l’istituto magistrale e definiva titoli di istruzione secondaria superiore i diplomi
rilasciati dai detti istituti, di durata quinquennale con accesso all’università, ovvero, per gli ordini
dell’istruzione professionale, artistica e magistrale, di durata biennale, triennale e quadriennale,
senza accesso all’Università; c) avendo la ricorrente il diploma di scuola secondaria superiore,
aveva titolo per l’accesso al concorso interno; d) restava così precluso all’amministrazione, in
assenza di specificazioni contenute nel bando, l’esclusione della lavoratrice.
2. La Corte di Appello di Lecce, investita del gravame proposto dal Ministero, con sentenza del 23
novembre 2007, confermava la sentenza del Tribunale.
2.1. Riteneva che la controversia concerneva il potere dell’amministrazione, dopo aver concluso le
procedure selettive ed aver pubblicato la graduatoria di merito, di modificare i requisiti di
partecipazione alle prove concorsuali; il bando di concorso, all’art.2, conteneva un rinvio alle
previsioni del C.C.N.L. 1998-2001, All. A, il quale, senza alcuna specificazione, richiedeva il
possesso di un diploma di istruzione secondaria; il diploma magistrale rientrava tra questi, anche se
la durata del corso era più breve; infine, il bando di concorso, quale lex specialis della procedura
selettiva, non poteva essere modificato dopo la scadenza dei termini di presentazione delle
domande.
3. Contro la sentenza, il Ministero dell’Economia e delle Finanze propone ricorso per cassazione,
affidandolo a due motivi. La Gianfrate resiste con controricorso.
3.1. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente censura la sentenza per violazione e falsa
applicazione degli artt. 191 T.U. 297/1994, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Assume
che, secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa, il diploma di scuola media superiore
valido per l’ammissione a qualifiche equivalenti all’ex carriera di concetto è solo quello che si
consegue al termine di un corso di studi di durata quinquennale; che il diploma di qualifica
professionale non può dunque ritenersi equivalente ai fini della sua valutazione nei concorsi

1. Maria Caterina Gianfrate, dipendente del Ministro dell’Economia e delle Finanze, dipartimento
, provinciale di Lecce, inquadrata nell’area C, posizione economica Cl, partecipava ad una procedura
di selezione indetta dall’Amministrazione per l’accesso ad un corso di riqualificazione per il
passaggio alla posizione economica C2, classificandosi in posizione utile per l’inquadramento
superiore.

’ Udienza 26 febbraio 2014
Aula A
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3.2. Con il secondo motivo, il Ministero denuncia l’erronea applicazione dell’art. 4 del bando di
concorso in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., nella parte in cui stabilisce che
l’amministrazione può disporre in ogni momento l’esclusione del dipendente interessato dalla
procedura di riqualificazione con provvedimento motivato. Formula il seguente quesito: “dica la
Suprema Corte se il giudice d’appello nel ritenere tardivo il provvedimento di esclusione della
ricorrente per mancanza del requisito del titolo di studio, abbia operato un’erronea applicazione
dell’art. 4 del bando di concorso che consente all’amministrazione di adottare tale provvedimento
in ogni momento della procedura di riqualificazione nel cui ambito rientra l’approvazione della
graduatoria finale”.
4. Il ricorso è inammissibile.
La sentenza impugnata è stata pubblicata il 23 novembre 2007. Al presente ricorso si applica
perciò l’art. 366 bis c.p.c., introdotto dall’art. 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 40,
secondo cui il ricorrente deve formulare, a pena di inammissibilità, il quesito di diritto in tutti
i ricorsi ex art. 360, nn. 1,2, 3 e 4, c.p.c.
È principio ormai consolidato quello secondo il quale il quesito di diritto deve essere
formulato, ai sensi dell’art. 366-bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una sintesi
logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una
“regula iuris” suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello
deciso dalla sentenza impugnata.
E’ inammissibile il motivo di ricorso corredato da quesiti di diritto prospettati,
rispettivamente, in modo inconferente rispetto alla sentenza impugnata ed in maniera tale da
involgere una “quaestio facti”, dovendosi assimilare il quesito inconferente alla mancanza di
quesito, allorché la risposta, anche se positiva per l’istante, risulta comunque priva di rilevanza
nella fattispecie, in quanto inidonea a risolvere la questione decisa con la sentenza impugnata
(Cass., Sez. Un. 12 maggio 2008, n. 11650; Cass., 19 settembre 2008, n.23860; Cass., Sez.
Un., 21 giugno 2007, n. 14385).
Nel caso di specie, i quesiti così come proposti non hanno alcuna attinenza al decisum della
, corte territoriale, la cui decisione si è fondata su altri argomenti, ovvero sulla possibilità per la
P.A. di modificare i requisiti di partecipazione alle prove concorsuali pur dopo l’approvazione
e la pubblicazione della graduatoria di merito, possibilità che la Corte ha escluso in
considerazione della immodificabilità del bando di concorso dopo la scadenza dei termini di
presentazione delle domande di partecipazione 7 nonché sul contenuto del bando di concorso il
2

pubblici al diploma di scuola superiore. Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto:
“dica la Suprema Corte se il giudice d’appello abbia fatto erronea applicazione dell’art. 191 T. U.
n. 297/1994 nel ritenere il titolo del diploma triennale di abilitazione all’insegnamento nelle scuole
• materne equzparabile ai titoli di scuola media superiore, mentre dal dettato normativo, con
• particolare riferimento al comma sei, emerge la differente rilevanza dei titoli, sia per l’accesso
all’università che ai fini dell’inquadramento del pubblico impiego”.

Udienza 26 febbraio 2014
Aula A
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cui articolo 2 si limitava ad un mero rinvio alle previsioni del C.C.N.L. 1998/2001, che
nell’allegato A richiedeva senza altra specificazione il possesso di un diploma di istruzione
secondaria.
Queste rationes decidendi non sono state affatto investite dai quesiti proposti, né dai motivi ad
essi sottesi, che hanno invece riguardato il diverso profilo della equiparabilità del diploma
magistrale triennale a quello quinquennale ai fini dell’accesso alle qualifiche equivalenti alla
ex carriera di concetto della P.A., nonché la legittimità del potere di esclusione della ricorrente
ai sensi dell’art. 4 del bando di concorso.
Il ricorso, inoltre, sotto quest’ultimo profilo, difetta di autosufficienza: il ricorrente, pur
facendo riferimento al bando di concorso, alla graduatoria formata ed approvata, alla circolare
di esclusione della lavoratrice che il giudice del merito non avrebbe considerato o avrebbe
erroneamente interpretato, non ha indicato il luogo e il tempo della loro produzione nel corso
del giudizio, né ha provveduto a trascriverne il contenuto, al fine di consentire al giudice di
legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che,
per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la Suprema Corte deve essere
in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non
consentito sopperire con indagini integrative. (Cass., 30 luglio 2010, n. 17915: principio
affermato ai sensi dell’art. 360 bis, comma 1, cod. proc. civ.).
Il ricorso fa inoltre riferimento a circostanze di fatto, quali la tardività del provvedimento di
esclusione rispetto all’approvazione della graduatoria, di cui avrebbe dovuto provare la rituale
e tempestiva allegazione nel corso del giudizio, in ragione della loro rilevanza ai fini decisori.
Le spese processuali vanno regolate secondo il principio della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
presente grado del giudizio che liquida in C 100,00 per esborsi e in C 3000,00 per compensi
professionali, oltre agli accessori di legge, e distrae in favore del procuratore anticipatario
della controricorrente.
Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2014
Il Presidente

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