Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9462 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. I, 09/04/2021, (ud. 08/01/2021, dep. 09/04/2021), n.9462

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5876/2018 proposto da:

L.D.F., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso

la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e

difeso dall’avvocato Nardelli Giovanni, giusta procura in calce alla

comparsa di costituzione di nuovo difensore;

– ricorrente –

nonchè contro

Saxo Bank A/S, in persona dei legali rappresentanti pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via delle Quattro Fontane n. 161,

presso lo studio dell’avvocato Navarra Giammarco, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati Boccia Iolanda, Manili Federico,

giusta procura speciale per Notaio Pubblico N.D. di

(OMISSIS);

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 5443/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

pubblicata il 27/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/01/2021 dal cons. Dott. SOLAINI LUCA.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

L.D.F. conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Milano, Saxo Bank A/S (in seguito Saxo Bank), società di diritto (OMISSIS), chiedendo il risarcimento dei danni, da quantificarsi sulla base di una tabella allegata all’atto di citazione, in quanto all’esito di un’apertura di conto (presso la predetta Banca) finalizzato all’esecuzione di operazioni di trading, aveva acquistato, sul conto a lui dedicato, azioni intesa San Paolo (in seguito ISP) per un importo di Euro 9.100,53, ma Saxo Bank, senza autorizzazione alcuna, aveva liquidato i predetti titoli ISP acquistati dall’attore. Ad avviso del medesimo +attore, ove egli avesse avuto nel proprio portafoglio tali titoli, avrebbe realizzato al 25 ottobre 2012, un utile pari alla somma richiesta come risarcimento. Si costituiva la Saxo Bank, eccependo in via preliminare, il difetto di giurisdizione del giudice adito e resistendo nel merito alla domanda, avendo evidenziato come il contratto concluso tra la Banca e il L. prevedeva l’apertura da parte di quest’ultimo di un conto su cui far transitare le somme investite utilizzando una piattaforma software messa a disposizione dalla banca che abilitava l’investitore ad operare sul mercato degli strumenti finanziari e secondo le previsioni contrattuali, i titoli acquistati venivano liquidati secondo la “differenza” tra il valore al momento dell’acquisto e quello al momento della loro liquidazione. In virtù di tali previsioni contrattuali, l’investitore poteva acquistare strumenti finanziari per un importo anche superiore alla somma effettivamente depositata sul conto (con ciò, avendo un margine di un più ampio guadagno, ma anche di una maggiore perdita), tuttavia, doveva garantire che sul conto vi fosse sempre liquidità per almeno il 10% del valore totale degli strumenti acquistati (cd. “margine”) fino al momento della loro liquidazione: poichè le fluttuazioni al ribasso si conteggiavano a decremento del “margine”, lo stesso doveva essere prontamente reintegrato dall’investitore e in difetto la banca aveva la facoltà di liquidare i titoli acquistati senza preventiva autorizzazione del cliente (cd. clausola di “stop loss”), per evitare ulteriori perdite (clausola 9.2 delle condizioni generali di contratto).

Il tribunale di Milano rigettava la domanda, ritenendo corretto il funzionamento della piattaforma Saxo e ritualmente approvata dal cliente e non vessatoria la clausola di cui al punto 9.2.

Il L. proponeva appello che veniva rigettato, mentre Saxo Bank resisteva spiegando, altresì, appello incidentale sul difetto di giurisdizione del giudice italiano.

A sostegno dei propri assunti, il giudice distrettuale rilevava: 1) la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano, perchè la convenzione di deroga del foro del consumatore doveva, ai sensi dei regolamenti comunitari, essere posteriore al sorgere di una controversia, mentre nella specie era parte integrante del contratto ed inoltre la clausola consentiva essenzialmente alla banca di adire un’autorità giurisdizionale diversa (qualora fosse stata lei ad instaurare la lite); 2) insussistenza della dedotta violazione del contraddittorio, perchè il giudice non aveva posto a fondamento della propria decisione una questione rilevata d’ufficio senza provocare il contraddittorio atteso che il L. voleva semplicemente censurare il fatto che il tribunale non avesse rilevato d’ufficio questioni che avrebbe potuto astrattamente rilevare; 3) sulla mancata sottoscrizione del contratto quadro, ovvero quanto meno sulla mancata approvazione della clausola di “stop loss”, la Corte d’appello, sulla base dell’istruttoria orale e documentale, riteneva che il contratto fosse stato sottoscritto e la clausola fosse stata correttamente approvata; 4) era infondata la eccezione di nullità del contratto d’intermediazione finanziaria per mancata sottoscrizione della banca, alla luce dei recenti approdi della giurisprudenza di legittimità sulla validità del contratto cd. monofirma; 5) erano tardive le questioni inerenti la nullità della CTU perchè sollevate dal L. solo nel giudizio di appello.

L.D.F. ricorre per cassazione contro la predetta sentenza della Corte milanese affidando l’impugnazione a due motivi, illustrati da memoria. Resiste con controricorso e ricorso incidentale condizionato, illustrato da memoria, la banca convenuta.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo, il ricorrente deduce il vizio di nullità totale del contratto per mancata sottoscrizione della banca, per mancata consegna di copia del contratto al cliente e per mancato utilizzo della lingua italiana. Inoltre, deduce violazione di norme di diritto ed omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, con riferimento all’art. 112 c.p.c., agli artt. 117 (contratti e consegna), e 127, comma 1 (derogabilità solo a favore del cliente), comma 1 – bis (informazioni in lingua italiana), comma 2 (rilevabilità d’ufficio del giudice e solo a vantaggio del cliente) del D.Lgs. n. 385 del 1993, con riferimento, altresì, agli artt. 23, comma 1 (nullità del contratto per inosservanza della forma prescritta e per mancata consegna di copia al cliente), comma 3 (nullità di protezione) del D.Lgs. n. 58 del 1998 e con riferimento alla L. n. 1 del 1991, art. 6, lett. c). Inoltre, il ricorrente deduce l’errata pronuncia relativamente alla spiegata azione di nullità del contratto e la nullità di due operazioni (di acquisto del 16.9.11 di 90.000 azioni ISP e di vendita del 19.9.11 di 90.000 azioni ISP), perchè, erroneamente, la Corte d’appello aveva ritenuto valido ed efficace il contratto d’intermediazione finanziaria, intercorrente tra la banca e l’investitore, pur in difetto di sottoscrizione dello stesso e della sua consegna al cliente o quantomeno in difetto della specifica approvazione della clausola 9.2 (cd. stop boss) alla luce delle risultanze orali e documentali e per la sua mancata traduzione in lingua italiana/oltre che per la mancata sottoscrizione del predetto contratto da parte della banca.

Con un secondo motivo, spiegato in via subordinata, il ricorrente prospetta la nullità degli artt. 9.2 e 9.6 delle condizioni generali Saxo Bank perchè la clausola sarebbe nulla, vessatoria e carente della doppia sottoscrizione. Deduce, inoltre, la violazione di norme di diritto e l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, con riferimento all’art. 112 c.p.c., all’art. 1341 c.c., comma 2 (condizioni generali di contratto) e all’art. 1342 c.c. (contratto concluso mediante moduli e formulari), agli artt. 33 (clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore), 34 (accertamento della vessatorietà delle clausole), 35 (forma e interpretazione in favore del consumatore), 36 (nullità di protezione) del D.Lgs. n. 206 del 2005, con riferimento, ancora, all’art. 23, comma 6 (onere della prova a carico della banca) del TUF. Il ricorrente deduce, infine, la nullità delle operazioni di acquisto del 16.9.11 di 90.000 azioni ISP e di vendita del 19.9.11 di 90.000 azioni ISP, perchè la Corte d’appello aveva reputato non vessatoria la clausola cd. di stop boss (di cui al punto 9.2) senza analizzare se la Saxo Bank avesse o meno correttamente calcolato il “margine” del 10% (al di sotto del quale poteva disinvestire senza autorizzazione) e l’avesse tempestivamente comunicato all’investitore (ad avviso del ricorrente, la Banca non aveva messo a disposizione il servizio di visualizzazione in tempo reale del prezzo dei titoli acquistati impedendogli l’operatività in caso di ribasso).

Con il primo motivo di ricorso incidentale condizionato, il ricorrente deduce la erronea statuizione della Corte in merito alla giurisdizione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1.

Con il secondo motivo di ricorso incidentale condizionato, il ricorrente prospetta il vizio di violazione di legge, in particolare dell’art. 3 della Convenzione di Roma del 1980 e in subordine dell’art. 78 codice del consumo, perchè la Corte d’appello non aveva rilevato che la legislazione (OMISSIS) garantiva pienamente il consumatore e nessuna violazione di tale disciplina poteva ricondursi all’intercorso rapporto contrattuale tra il L. e Saxo Bank.

In via preliminare, va esaminata l’eccezione, sollevata dal medesimo ricorrente, in sede di comparsa di costituzione di nuovo procuratore (e ribadita in sede di memoria, ex art. 378 c.p.c.), di nullità della procura alle liti rilasciata per la redazione del controricorso, perchè il pubblico ufficiale (OMISSIS) aveva attestato espressamente di non essere stato presente al momento della apposizione della firma nella procura, pur conoscendo chi l’aveva rilasciata, in conformità allo specimen detenuto presso l’ufficio notarile, dichiarando, quindi, che l’autenticazione non includeva la data.

L’eccezione è fondata.

Secondo l’orientamento di questa Corte, “In base alla Convenzione sull’abolizione della legalizzazione di atti pubblici stranieri, adottata a l’Aja il 5 ottobre 1961 e ratificata dall’Italia con L. n. 1253 del 1966, la dispensa dalla legalizzazione è condizionata al rilascio, da parte dell’autorità designata dallo Stato di formazione dell’atto, di apposita “apostille”, da apporre sull’atto stesso, o su un suo foglio di allungamento, secondo il modello allegato alla Convenzione, con la conseguenza che, in assenza di tale forma legale di autenticità del documento, il giudice italiano non può attribuire efficacia validante a mere certificazioni provenienti da un pubblico ufficiale di uno Stato estero, pur aderente alla Convenzione; è anche escluso che il medesimo giudice possa disporre la concessione di un termine per il rilascio di una nuova procura, come ora previsto dall’art. 182 c.p.c., comma 2, nel testo novellato dalla L. n. 46 del 2009, posto che nel giudizio di cassazione non è ipotizzabile una sanatoria dell’atto mediante sua rinnovazione, essendo prescritta ex art. 365 c.p.c. l’esistenza di una valida procura speciale quale requisito di ammissibilità del ricorso. (Cass. n. 15073/18, secondo Cass. n. 20016/16, 26359/14 ed altre, la carenza del potere rappresentativo non può essere superata con l’esercizio del potere previsto, per i gradi di merito, dall’art. 182 c.p.c., comma 2, attesa l’esclusione in sede di legittimità di un’attività istruttoria e la necessità di depositare, a pena d’improcedibilità i documenti sull’ammissibilità del ricorso all’atto del deposito del ricorso; in particolare, sulla necessità che la sottoscrizione sia apposta alla presenza del Notaio con accertamento dell’identità del sottoscrittore, vedi Cass. n. 12811/16 non massimata).

Nel caso di specie, risulta assente l’Apostille ed inoltre risulta che lo stesso Notaio abbia dichiarato di non essere stato presente nel momento della sottoscrizione della procura. Nè la procura prodotta successivamente da Saxo Bank può sanare il vizio presente nella procura allegata al controricorso al momento della costituzione in giudizio della banca, in quanto nel giudizio di cassazione non è ipotizzabile una sanatoria dell’atto mediante sua rinnovazione, ai sensi dell’art. 182 c.p.c., comma 2 (v. Cass. n. 15703 cit.).

Sempre in via preliminare, non merita adesione l’eccezione del controricorrente (p. 7 della memoria) d”invalidità della procura del nuovo difensore del ricorrente, perchè non sarebbe autenticata dal Notaio, perchè la sottoscrizione del ricorrente poteva essere autenticata dallo stesso difensore (v. art. 83 c.p.c. novellato dal D.Lgs. n. 69 del 2009, in vigore dal 4 luglio 2009).

Il primo motivo di ricorso è inammissibile, quanto al profilo del dedotto vizio di omesso esame (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e ciò, sia per la mancata e chiara individuazione del fatto storico, quale fatto decisivo rilevante ai fini della decisione, non esaminato dal giudice seppur oggetto di discussione tra le parti (Cass. sez. un. 8053/14) e sia per l’esistenza di una doppia decisione “conforme” sui medesimi fatti, che preclude al ricorrente la stessa proposizione del vizio individuato dal medesimo art. 360 cit., n. 5 senza che il ricorrente abbia indicato le eventuali distinte ragioni di fatto poste a fondamento della decisione di primo e secondo grado (cfr. Cass. n. 26774/16). Il motivo è, altresì, inammissibile, perchè solleva censure di merito all’accertamento di fatto condotto dalla Corte d’appello, in particolare, sulla valutazione delle risultanze istruttorie, attività non consentita nel presente giudizio di legittimità (cfr. Cass. n. 11892/16, 91/14).

Il secondo motivo è inammissibile, perchè contesta l’accertamento di fatto della Corte d’appello (foglio 19 della sentenza) che la clausola di stop loss era stato stata correttamente pattuita (in quanto contenuta nelle condizioni generali richiamate dal contratto sottoscritto dal cliente) perchè conosciuta dall’investitore e da lui approvata senza necessità di apposita sottoscrizione, in quanto non vessatoria (essendo volta a tutelarlo da eccessive perdite).

Infine, è inammissibile la deduzione istruttoria del L. che la Corte d’appello abbia dato valore alla prova per testimoni per provare la conclusione del contratto anche perchè la medesima Corte ha evidenziato di aver ritenuto efficace la prova per testimoni solo in riferimento al luogo della sottoscrizione del contratto e per dimostrare l’effettiva sottoscrizione da parte del L..

Il ricorso principale è, quindi, inammissibile, mentre il controricorso con ricorso incidentale condizionato va dichiarato inammissibile, per difetto di valida procura.

Atteso l’esito processuale della causa le spese possono essere compensate.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara inammissibile il ricorso principale e dichiara inammissibile il controricorso con ricorso incidentale condizionato.

Compensa le spese di causa fra le parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, alla camera di consiglio, il 8 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

 

 

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