Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9460 del 22/05/2020

Cassazione civile sez. I, 22/05/2020, (ud. 07/01/2020, dep. 22/05/2020), n.9460

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18820/2015 proposto da:

Deutsche Bank s.p.a., quale società incorporante di Finanza &

Futuro Banca s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via Nazionale 204,

presso lo studio dell’avvocato Ludovica D’Ostuni e rappresentata e

difesa dall’avvocato Luca Zitiello, in forza di procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.G., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione e rappresentato e

difeso dall’avvocato Domenico Romito, in forza di procura speciale

allegata in calce al controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 116/2015 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 24/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/01/2020 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI;

udito gli Avvocati LUDOVICA D’OSTUNI e DOMENICO ROMITO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale

e l’accoglimento del terzo motivo di ricorso incidentale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 6/7/2009 C.G. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Brindisi la Finanza & Futuro Banca s.p.a., esponendo di aver investito gran parte dei suoi risparmi depositati in conto corrente presso la Carime in sette diversi fondi comuni di investimento, su sollecitazione di tal L.M., qualificatosi promotore finanziario della società convenuta; che l’investimento per un ammontare complessivo superiore a Euro 200.0000 si era realizzato attraverso plurime operazioni, tutte concluse presso la sua abitazione; che il L. non lo aveva informato dei possibili rischi di perdita del capitale e, prima di ogni singola operazione, non aveva provveduto alla stipula di un contratto di negoziazione, previsto a pena di nullità, e non gli aveva consegnato il documento sui rischi dell’investimento e il prospetto informativo; che il capitale originario si era ridotto ad Euro 72.000,000 con una perdita del 72%; che le operazioni concluse erano tutte ad alto rischio; che ricorreva una situazione di conflitto di interessi non segnalata; che la sua apparente sottoscrizione apposta in calce al rifiuto di fornire informazioni sul profilo di rischio e su tre moduli switch era apocrifa; che i moduli relativi agli ordini, unilateralmente predisposti dalla convenuta, contenevano clausole illegittime, lesive dei suoi diritti.

Tanto premesso, C.G. chiese di dichiarare l’inesistenza, la nullità, o l’inefficacia o l’annullabilità dei contratti di vendita conclusi con Finanza & Futuro Banca s.p.a. e la condanna della convenuta alla restituzione della somma di Euro 200.000,00 oltre accessori; in subordine chiese di accertare il grave inadempimento della Banca, con la condanna della convenuta al risarcimento del danno quantificato nella somma di Euro 200.000,00 oltre accessori.

Si costituì in giudizio Finanza & Futuro Banca s.p.a., assumendo che l’attore avesse acquistato quote di fondi comuni di investimento gestiti dalla società di gestione del risparmio Finanza & Futuro Fondi SGR s.p.a. tramite il promotore finanziario L.M., che aveva provveduto a consegnare all’attore il prospetto informativo; eccepì su queste basi la propria carenza di legittimazione passiva rispetto alla domanda di nullità dei contratti conclusi con la società di gestione dei fondi; sostenne che per il servizio di collocamento di quote di fondi comuni di investimento gestiti da terzi fosse necessaria la sottoscrizione di contratto scritto; negò qualsiasi inadempimento degli obblighi informativi; sostenne che il conflitto di interessi era stato segnalato e non aveva comunque prodotto alcun pregiudizio; affermò che il C. si era dimostrato un avveduto e consapevole investitore propenso a investimenti a rischio elevato.

Con sentenza dell’8/2/2011 il Tribunale di Brindisi affermò la legittimazione passiva della Banca convenuta, qualificando il rapporto come gestione di portafoglio D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, ex art. 1, comma 5, lett. d), (Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria: TUF); accertò la violazione dell’art. 30 TUF, che per tale rapporto imponeva la forma scritta del contratto di negoziazione; dichiarò la nullità dei singoli contratti attuativi di acquisto di quote di fondi e condannò la Banca alla restituzione delle somme versate in esecuzione dei contratti, oltre accessori; accolse la domanda riconvenzionale della Banca condannando il C. alla restituzione delle quote dei fondi tuttora detenute. Le spese processuali furono poste a carico della Banca.

2. Avverso la predetta sentenza di primo grado propose appello Finanza & Futuro Banca s.p.a., a cui resistette l’appellato C., proponendo appello incidentale.

La Corte di appello di Lecce, all’esito della disposta consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza del 24/2/2015, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarò la risoluzione per inadempimento dei contratti di acquisto di quote di fondi comuni di investimento, condannò la Banca a pagare al C. la somma di Euro 200.000,000 oltre interessi legali dalla domanda sino al saldo, confermando nel resto la sentenza appellata e attribuendo il carico delle spese del grado alla Banca appellante.

La Corte di appello ha ritenuto che il servizio dovesse essere qualificato come collocamento di titoli mobiliari, caratterizzato da un rapporto trilaterale fra emittente, collocatore e cliente, svolto fuori sede a mezzo di promotore finanziario e non già come gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi, caratterizzato dall’esercizio diretto da parte del gestore dell’attività di investimento con poteri più o meno discrezionali, con la conseguenza che non era necessaria la preventiva sottoscrizione di un contratto di negoziazione ex art. 30, comma 3, Reg. Consob n. 11522/1998; ha comunque respinto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva perchè tutte le doglianze mosse dal C. attenevano alla violazione dei doveri imposti all’intermediario collocatore; ha quindi accolto la domanda subordinata dell’attore, risolvendo i contratti de quibus per inadempimento degli obblighi informativi di cui all’artt. 21 TUF e art. 28 Reg. Consob n. 11522/1998 con particolare riguardo alle caratteristiche dei prodotti collocati.

3. Avverso la predetta sentenza del 24/2/2015, notificata in data 26/5/2015, con atto notificato il 23/7/2015 ha proposto ricorso per cassazione Finanza & Futuro Banca s.p.a., svolgendo due motivi.

Con atto notificato il 7/10/2015 ha proposto controricorso e ricorso incidentale C.G., chiedendo la dichiarazione di inammissibilità o il rigetto dell’avversaria impugnazione e instando, a sua volta, con il supporto di tre motivi, per la cassazione della sentenza di secondo grado.

Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c.; con essa la ricorrente ha dato atto dell’avvenuta incorporazione di Finanza & Futuro Banca s.p.a. da parte di Deutsche Bank s.p.a..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente principale richiede preliminarmente la ricostituzione del suo fascicolo di parte, smarrito dalla Corte d’appello di Lecce: la ricostituzione non appare necessaria ai fini dell’esame dei ricorsi, che possono essere decisi anche in mancanza di quel fascicolo.

2. Con il primo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la Banca ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 1453 c.c..

2.1. Con riferimento al rigetto dell’eccezione di difetto di legittimazione passiva da essa proposta, la ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia trascurato il presupposto fondamentale per addivenire alla risoluzione di un contratto per inadempimento e cioè che la domanda giudiziale sia indirizzata verso il contraente inadempiente, ovverosia verso la parte che, dopo aver sottoscritto il contratto, abbia omesso di eseguire in tutto o in parte o abbia eseguito non esattamente la controprestazione dedotta.

La risoluzione era stata dichiarata benchè la ricorrente non fosse parte dei contratti risolti e non fosse in grado di sciogliere il vincolo contrattuale che riguardava invece la SGR, ossia la società di gestione del risparmio; inoltre dai moduli di adesione all’offerta al pubblico delle quote dei fondi comuni di investimento risultava che non si era instaurato un rapporto contrattuale con la Banca, ma si era perfezionato il rapporto di partecipazione al fondo nell’ambito della gestione collettiva del risparmio tra la società di gestione (DWS, ora Anima) e il sig. C..

2.2. La Corte di appello ha ritenuto che l’attività svolta dalla Finanza & Futuro Banca nel caso concreto fosse riconducibile al servizio di “collocamento, con o senza preventiva sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell’emittente” di cui al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, art. 1, comma 5, lett. c), (Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria – TUF), pro tempore vigente, prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. 3 agosto 2017, n. 129, che distingue fra l’ipotesi di cui alla lett. c) (assunzione a fermo e/o collocamento sulla base di un impegno irrevocabile nei confronti dell’emittente) e la lett. c-bis) (collocamento senza impegno irrevocabile nei confronti dell’emittente).

La Corte territoriale ha quindi chiarito che in tale attività vengono in rilievo tre diversi soggetti, il cliente, l’intermediario collocatore e l’emittente (ossia la società di gestione del risparmio – SGR) e ha precisato che l’attività dell’intermediario consiste nel promuovere e vendere per conto della SGR le quote del fondo al cliente, che perfeziona l’acquisto sottoscrivendo il modulo di adesione al fondo prescelto, che viene quindi inoltrato alla SGR (nel caso: Finanza & Futuro SGR, poi DWS). Nella fattispecie concreta, inoltre, l’attività era stata svolta tramite promotore finanziario ( L.M.) che agiva fuori dalla sede del soggetto intermediario (Finanza & Futuro Banca).

Tanto premesso, a pagina 9 della sentenza impugnata, la Corte salentina ha respinto l’eccezione di carenza di legittimazione passiva della appellante, attuale ricorrente principale, escludendo la sua pretesa estraneità al contratto di sottoscrizione di quote di fondi, rilevando che nella specie veniva in considerazione la violazione dei doveri informativi imposti all’intermediario finanziario nell’attività di collocamento del prodotto finanziario regolata dalla legge e della sua conseguente responsabilità anche per l’attività in concreto svolta per suo conto dal promotore.

2.3. Tale statuizione appare ineccepibile, come correttamente argomentato dal controricorrente, che rileva come l’oggetto della valutazione sottoposta al giudice non era la partecipazione del sig. C. al fondo gestito dalla SGR, ma invece il servizio reso da Finanza & Futuro Banca per consentirgli di aderire, che imponeva all’intermediario di denunciare al cliente la sussistenza di un conflitto di interessi in cui versava l’intermediario, nonchè di informarlo sulla natura e i rischi correlati al prodotto finanziario e di valutare l’adeguatezza del prodotto in rapporto al profilo dell’investitore.

Non si scorge quindi come la Finanza & Futuro Banca possa chiamarsi estranea ad una controversia che involge lo scrutinio della correttezza del suo operato nello svolgimento di una attività professionale di intermediazione nell’acquisto di prodotti finanziari emessi da terzi, per la quale la legge esige dall’intermediario, che, tramite il proprio promotore, entra a contatto diretto con il cliente investitore una serie di obblighi e cautele finalizzati a consentirgli un una scelta informata e consapevole.

2.4. Non si propone neppure un profilo di litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c., con la società di gestione del risparmio che gestisce i fondi comuni di investimento le cui quote erano state oggetto di collocamento, per vero non chiaramente denunciato dalla ricorrente (che nega la propria legittimazione passiva, ma non sostiene la necessità del contraddittorio trilaterale).

L’oggetto della domanda di risoluzione proposta in via subordinata dal C. erano i contratti di collocamento stipulati con Finanza & Futuro Banca, posti a monte della sua adesione ai fondi di investimento, e, del resto, l’attore nulla aveva da rimproverare alla società di gestione del risparmio e si doleva dell’omissione degli obblighi a carico dell’intermediario.

Per altro verso, a norma dell’art. 1705 c.c., il mandatario che agisce in proprio nome (senza rappresentanza) acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hanno avuto conoscenza del mandato, e i terzi non hanno alcun rapporto col mandante salvo che questi, sostituendosi al mandatario, eserciti i diritti di credito derivanti dall’esecuzione del mandato.

3. Con il secondo motivo di ricorso principale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente Finanza & Futuro Banca denuncia violazione di legge in relazione all’art. 94 T.U.F. e art. 22, comma 2, del Regolamento Consob 11971/1999 e art. 36, comma 2, del Regolamento Consob 11522/1998.

3.1. La ricorrente premette che la Corte territoriale, che pur aveva riconosciuto che vi fosse prova della consegna al sig. C. del prospetto informativo e del documento attestante le caratteristiche del cliente (DAC), aveva comunque ravvisato l’inadempimento da parte della Banca agli obblighi informativi di cui all’art. 21 TUF e all’art. 28 Regolamento Consob 11522/1998.

La ricorrente osserva che il servizio di collocamento espletato dalla Banca è preceduto da una sollecitazione all’investimento, regolata dall’art. 1, comma 1, lett. t) e art. 94 TUF, operata da un emittente che si serve del collocatore per far entrare il pubblico nella disponibilità degli strumenti finanziari, a condizioni predeterminate, sulla base di un accordo preventivo fra collocatore ed emittente; come precisato dalla Consob, il collocamento si pone come strumento di esecuzione di una campagna di offerta caratterizzata da proposte standardizzate e non negoziabili.

Ai sensi dell’art. 94 citato il prospetto informativo costituiva il documento informativo per antonomasia contenente tutte le informazioni necessarie agli investitori; l’art. 22, comma 2, del Regolamento Consob 11971/1999 e art. 36, comma 2, del Regolamento Consob 11522/1998, coerentemente indicano la consegna del prospetto informativo come adempimento necessario nello svolgimento dell’attività di sollecitazione all’investimento e idoneo a permettere all’investitore le proprie scelte in modo consapevole.

3.2. In concentrata sostanza, la ricorrente ritiene che nessun inadempimento di obblighi informativi le possa essere addebitato in caso di collocamento di quote di fondi di investimento emessi da una società di gestione del risparmio nell’ambito di una offerta al pubblico di prodotti finanziari, costituita da una comunicazione rivolta a persone, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, che presenti sufficienti informazioni sulle condizioni dell’offerta e dei prodotti finanziari offerti e tale quindi da mettere l’investitore in grado di decidere di acquistare o di sottoscrivere tali prodotti finanziari, incluso il collocamento tramite soggetti abilitati (art. 1, comma 1, lett. t), TUF), purchè all’investitore sia stato sottoposto il prospetto d’offerta di cui all’art. 94 TUF, contenente tutte le informazioni utili per la valutazione consapevole dell’opportunità dell’acquisto.

3.3. La Corte territoriale, a pagina 11, dopo una lunga premessa sulla natura e sulla funzione degli obblighi informativi gravanti sugli intermediari finanziari, ha ravvisato la responsabilità di Finanza & Futuro Banca, non già con riferimento all’obbligo dell’intermediario di acquisire dal cliente informazioni circa la sua esperienza in materia di prodotti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento e la sua propensione al rischio (al cui riguardo Finanza & Futuro Banca aveva offerto prove testimoniali), ma piuttosto in riferimento alla natura, ai rischi e alle implicazioni della specifica operazione di investimento.

A tal riguardo la Corte di appello ha osservato che non vi era alcuna prova del fatto che l’intermediario avesse fornito tali informazioni, prova che non poteva scaturire dall’ascolto del testimone indicato (su circostanze che riguardano piuttosto la c.d. “profilatura” del cliente).

Secondo la ricorrente, l’obbligo informativo in parte qua poteva ritenersi soddisfatto per effetto della consegna del prospetto informativo predisposto dall’emittente SGR.

Il quesito a cui la Corte è chiamata a rispondere è quindi se in caso di collocamento di prodotti finanziari emessi da una società di gestione del risparmio sulla base di una offerta al pubblico rivolta a sollecitare l’investimento in prodotti finanziari e corredata dal prescritto prospetto informativo l’intermediario soddisfi gli obblighi a suo carico circa le caratteristiche e i rischi del prodotto tramite la mera consegna del prospetto informativo.

3.4. Nella giurisprudenza di questa Corte è stato più volte affermato che in tema di intermediazione mobiliare, la pubblicazione del “prospetto informativo” è prevista nelle ipotesi di sollecitazione all’investimento, ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 94, commi 1 e 2 (nel testo ratione temporis vigente), caratterizzate per essere l’offerta comunque rivolta, secondo lo schema dell’art. 1336 c.c., ad un numero indeterminato ed indistinto di investitori in modo uniforme e standardizzato, cioè a condizioni di tempo e prezzo predeterminati.

Quando, invece, la diffusione di strumenti finanziari presso il pubblico avvenga mediante la prestazione di servizi di investimento (art. 1, comma 5, TUF), cioè attività di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini, a condizioni diverse a seconda dell’acquirente e del momento in cui l’operazione è eseguita, la tutela del cliente è affidata all’adempimento, da parte dell’intermediario, di obblighi informativi specifici e personalizzati, ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 e artt. 26 e degg. del reg. Consob n. 11522 del 1998, anche nel caso in cui la negoziazione individuale avvenga nel periodo del cd. grey market, cioè prima che i titoli siano emessi ufficialmente. (Sez. 1, n. 18039 del 19/10/2012, Rv. 624749-01; Sez. 1, n. 8733 del 03/05/2016, Rv. 639507-01; Sez. 1, n. 7575 del 18/03/2019 Rv. 653228-01).

Nessuna di queste pronunce chiarisce però se la consegna del prospetto informativo dell’offerta al pubblico esaurisca i doveri informativi dell’intermediario che presti il servizio di collocamento di prodotti finanziari, nel caso tramite promotore fuori sede, perlomeno sul versante delle caratteristiche e dei rischi del prodotto intermediato.

3.5. L’art. 21 TUF al comma 1, stabilisce che nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessori i soggetti abilitati devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati e acquisire le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati.

L’art. 28 del Regolamento Consob 11522/1998, al comma 2 (come sostituito dall’articolo unico della Delib. CONSOB 1 marzo 2000, n. 12409) prevedeva che gli intermediari autorizzati non potessero effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento.

La formulazione originaria del predetto comma 2, era senz’altro meno rigorosa e non si riferiva, almeno espressamente, all’attività volta a consigliare operazioni, poichè disponeva che gli intermediari autorizzati non potessero effettuare operazioni o prestare il servizio di gestione se non dopo aver fornito all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento.

L’art. 36 del Regolamento Consob 11522/1998 prevedeva che nell’attività di offerta fuori sede di strumenti finanziari, di servizi di investimento e di prodotti finanziari, gli intermediari autorizzati si avvalessero dei promotori finanziari al fine, tra l’altro, di a) acquisire e fornire le informazioni e consegnare copia del documento di cui all’art. 28 e art. 29, comma 3; b) consegnare agli investitori, prima della sottoscrizione del documento di acquisto o di sottoscrizione degli strumenti finanziari e degli altri prodotti finanziari, copia del prospetto informativo o degli altri documenti informativi, ove prescritti, ovvero i documenti contrattuali per la fornitura dei servizi di investimento; c) illustrare agli investitori prima della sottoscrizione del documento di acquisto o sottoscrizione degli strumenti finanziari e degli altri prodotti finanziari ovvero dei documenti contrattuali per la fornitura dei servizi di investimento, gli elementi essenziali dell’operazione, del servizio o del prodotto con particolare riguardo ai relativi costi e rischi patrimoniali.

Dal combinato disposto delle norme citate risulta quindi che l’intermediario in caso di collocamento fuori sede tramite promotori dovesse operare in modo che i clienti fossero sempre adeguatamente informati; non potesse effettuare o consigliare operazioni, se non dopo aver fornito all’investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza fosse necessaria per effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento; dovesse consegnare agli investitori, prima della sottoscrizione del documento di acquisto o di sottoscrizione degli strumenti finanziari e degli altri prodotti finanziari, copia del prospetto informativo o degli altri documenti informativi, ma anche illustrare agli investitori gli elementi essenziali dell’operazione, del servizio o del prodotto, con particolare riguardo ai relativi costi e rischi patrimoniali.

La contrapposizione fra gli adempimenti informativi di cui dell’art. 36, lett. b) e c) del Reg. Consob 11522/1998 rende evidente che la consegna del prospetto informativo emesso dall’emittente era adempimento necessario, ma non sufficiente, a soddisfare l’obbligo informativo gravante sull’intermediario.

Non appare pertinente il richiamo della ricorrente al Regolamento di attuazione del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di emittenti di cui alla Delib. Consob n. 11971 del 1999, proprio perchè attiene all’emissione di strumenti finanziari e non al loro collocamento.

3.6. Non v’è infine appropriata censura alle corrette statuizioni rese dalla Corte di Lecce sia in ordine all’onere della prova gravante sull’intermediario circa l’adempimento degli obblighi informativi verso il cliente investitore, sia in ordine al mancato adempimento nel caso concreto di tali obblighi da parte di Finanza & Futuro Banca verso il sig. C..

Nella giurisprudenza di questa Corte si è ormai consolidato il principio che in tema di distribuzione dell’onere della prova nei giudizi relativi a contratti d’intermediazione finanziaria, alla stregua del sistema normativo delineato dal D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 21 e 23 (TUF) e dal reg. Consob n. 11522 del 1998, la mancata prestazione delle informazioni dovute ai clienti da parte della banca intermediaria ingenera una presunzione di riconducibilità alla stessa della responsabilità della scelta dell’operazione finanziaria, dal momento che l’inosservanza dei doveri informativi da parte dell’intermediario, costituisce di per sè un fattore di disorientamento dell’investitore che condiziona in modo scorretto le sue scelte di investimento. Tale condotta omissiva, pertanto, è normalmente idonea a cagionare il pregiudizio lamentato dall’investitore, il che, tuttavia, non esclude la possibilità di una prova contraria da parte dell’intermediario circa la sussistenza di sopravvenienze che risultino atte a deviare il corso della catena causale derivante dall’asimmetria informativa (Sez. 1, n. 3914 del 16/02/2018, Rv. 647234-01).

Il fondamento di tale presunzione è stato così spiegato nella motivazione della pronuncia sopra ricordata: “Ad indicarlo sta, propriamente, l’insieme normativo costituito dagli artt. 21 e 23 TUF, come pure arricchito dalla disciplina dettata dal Regolamento intermediari predisposto dalla Consob. La prescrizione (legale e poi regolamentare) di peculiari e pregnanti doveri informativi a carico degli intermediari e nell’interesse dei clienti risparmiatori, con riguardo ai particolari titoli di cui ai possibili investimenti, attinge a propria ragione di essere la funzione di orientare i clienti medesimi verso scelte di investimento che siano consapevoli e ragionevoli, non già casuali o comunque di segno irresponsabile. Il comportamento dell’intermediario che trascura di onorare scrupolosamente i propri compiti di informazione del cliente, dunque, si manifesta, in sè stesso, come fattore di “disorientamento” del risparmiatore; di uno scorretto orientamento di questi verso le scelte di investimento, cioè. Ancora prima, sotto il profilo logico: nel disegno normativo del TUF e del Regolamento intermediari, il comportamento in concreto tenuto dall’intermediario in punto di informazione del prodotto viene di per sè assunto come uno dei momenti costitutivi – sul piano strutturale – delle singole decisioni di investimento che vengono assunte dal risparmiatore”.

Nella giurisprudenza di questa Corte è stato inoltre chiarito che le valutazioni dell’adeguatezza delle operazioni al profilo di rischio del cliente ed alla sua buona conoscenza del mercato finanziario non escludono la gravità dell’inadempimento degli obblighi informativi posti a carico dell’intermediario finanziario, sicchè il fatto che l’investitore propenda per investimenti rischiosi non toglie che egli selezioni tra questi ultimi quelli, a suo giudizio, aventi maggiori probabilità di successo, grazie alle informazioni che l’intermediario è tenuto a fornirgli (Sez. 1, n. 8333 del 04/04/2018, Rv. 648142-01).

E’ vero infatti che in tema di risarcimento del danno per la perdita del capitale investito dovuta all’acquisto di un prodotto finanziario, grava sull’intermediario l’onere di provare, D.Lgs. n. 58 del 1998, ex art. 23, di aver adempiuto positivamente agli obblighi informativi relativi non solo alle caratteristiche specifiche dell’investimento ma anche al grado effettivo di rischiosità, mentre grava sull’investitore l’onere di provare il nesso causale consistente nell’allegazione specifica del deficit informativo, nonchè a fornire la prova, anche presuntiva, del pregiudizio patrimoniale dovuto all’investimento eseguito: pertanto la prova dell’avvenuto puntuale adempimento degli obblighi informativi non può essere ritenuta ininfluente in considerazione dell’elevata propensione al rischio dell’investitore dalla quale desumere che quest’ultimo avrebbe comunque accettato il rischio ad esso connesso dal momento che l’accettazione consapevole di un investimento finanziario non può che fondarsi sulla preventiva conoscenza delle caratteristiche specifiche del prodotto, in relazione a tutti gli indicatori della sua rischiosità (Sez. 1, n. 4727 del 28/02/2018, Rv. 647617-01).

3.7. V’è da aggiungere, per completezza, che l’attore aveva lamentato sin dall’inizio, come si legge a pag. 4 della sentenza impugnata, tra l’altro di non essere stato informato che si trattava di operazioni “ad elevato rischio in quanto riguardavano fondi che avevano investito in titoli ad elevato rischio di perdita di capitale (azioni e bonds)”.

Se, da un lato, alla luce dell’esegesi dell’art. 36, lett. b) e c), Reg. Consob 11522/1998, la sola consegna del prospetto informativo non appare sufficiente, grava pur sempre sull’investitore l’onere di specificare quali obblighi informativi siano stati violati dall’intermediario, ossia quali informazioni siano state omesse.

Si è anche aggiunto, che tale disciplina, in armonia con la regola generale stabilita dall’art. 1218 c.c., impone all’investitore, il quale lamenti la violazione degli obblighi informativi posti a carico dell’intermediario, nel quadro dei principi che regolano il riparto degli oneri di allegazione e prova, di allegare specificamente l’inadempimento di tali obblighi, mediante la pur sintetica ma circostanziata individuazione delle informazioni che l’intermediario avrebbe omesso di somministrare, nonchè di fornire la prova del danno e del nesso di causalità tra inadempimento e danno, nesso che sussiste se, ove adeguatamente informato, l’investitore avrebbe desistito dall’investimento rivelatosi poi pregiudizievole; incombe invece sull’intermediario provare che tali informazioni sono state fornite, ovvero che esse esulavano dall’ambito di quelle dovute. (Sez. 1, n. 10111 del 24/04/2018, Rv. 648553-01; Sez. 1, n. 4727 del 28/02/2018; Rv. 647617-01; Sez. 1, n. 12544 del 18/05/2017; Rv. 644206-01; Sez. 1, n. 22147 del 29/10/2010, Rv. 615479-01).

3.8. In tale prospettiva sembra recriminare la ricorrente allorchè, a pag. 27, ult. capoverso, del ricorso osserva che la Corte salentina “ha inopinatamente ascritto alla Banca l’asserita violazione di non meglio precisati obblighi informativi attivi”.

Al proposito la Corte di appello effettivamente non precisa espressamente quali siano gli obblighi informativi violati dall’intermediaria, ma tale apparente lacuna può essere colmata valorizzando la deduzione iniziale dell’attore alla quale la Corte di appello evidentemente si riferiva per relationem, così precisando il contenuto degli obblighi informativi violati.

In tal modo la Corte di appello ha inteso sostenere che l’intermediaria avrebbe dovuto informare il cliente che si trattava di operazioni ad alto rischio in quanto riguardavano fondi che avevano investito in titoli ad elevato rischio di perdita di capitale (azioni e bonds).

4. Il controricorrente C. ha proposto tre motivi di ricorso incidentale, senza condizionarne la deduzione all’accoglimento del ricorso principale avversario.

4.1. Con il primo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente incidentale C. denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 1, comma 6, artt. 21 e 23 TUF, dell’art. 30 Reg.Consob 11511/1998, art. 2702 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè contraddittorietà errore e falsa applicazione di legge, errata valutazione degli elementi probatori, assenza di motivazione.

La statuizione della Corte di appello secondo la quale tutti i moduli esibiti dalle parti erano stati sottoscritti dal sig. C. era stata emessa in violazione dell’art. 2702 c.c., poichè l’attore aveva disconosciuto espressamente le sottoscrizioni apposte sui moduli di switch del marzo 2000 nonchè sul documento relativo al rifiuto di fornire il proprio profilo di propensione al rischio, tanto che la controparte aveva infondatamente eccepito la genericità del disconoscimento e comunque richiesto la verificazione delle sottoscrizioni, ribadendola anche in comparsa conclusionale, richiesta su cui il Tribunale di primo grado non si era espresso.

Il Tribunale di Brindisi aveva tuttavia ritenuto che la Banca convenuta avesse gestito direttamente alcune operazioni sui portafogli di investimento; la convenuta appellante aveva chiesto nuovamente con l’atto di gravame la verificazione e il C. aveva eccepito l’inammissibilità dell’istanza, non sorretta da corrispondente motivo di appello.

L’affermazione della Corte circa la sottoscrizione del C. sui moduli di adesione e sui moduli switch era viziata da ultrapetizione e da violazione dell’art. 2702 c.c. e art. 216 c.p.c..

Proprio sul fatto che tutti i moduli – e in particolare quelli di switch – fossero stati sottoscritti dal C. la Corte di appello ha fondato la propria affermazione circa la natura del servizio espletato (collocamento e non gestione patrimoniale), sovvertendo la decisione di primo grado e ignorando il carattere unilaterale delle operazioni di switch effettuate dalla Banca. La corretta qualificazione del servizio portava con sè automaticamente la conseguenza della nullità in difetto di contratto quadro in forma scritta.

4.2. Con il secondo motivo di ricorso di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, il ricorrente incidentale C. denuncia violazione o falsa applicazione di legge in relazione all’art. 1, comma 6, artt. 21 e 23 TUF, art. 30 Reg. Consob 11522/1998, nonchè errore e falsa applicazione di legge, errata valutazione degli elementi probatori, assenza di motivazione.

Il ricorrente incidentale non condivide l’affermazione della Corte di appello circa la non necessità del contratto scritto per il servizio di collocamento di strumenti finanziari, alla luce del tenore inequivocabile dell’art. 23 TUF, norma primaria; è pur vero che la Consob, sentita la Banca d’Italia aveva facoltà di prevedere per particolari casi forme diverse alternative, ma l’art. 30 Reg. Consob. 11522/1998, indicato dalla Corte non ne prevedeva alcuna quale norma secondaria non poteva inficiare la norma primaria avente forza di legge; ciò valeva, quantomeno, per i servizi di collocamento implicanti rapporti duraturi con l’investitore come precisato dalla stessa CONSOB.

4.3. Con il terzo motivo di ricorso incidentale, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 4, il ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. e omessa pronuncia in ordine alla domanda relativa al danno da svalutazione monetaria formulata in primo grado e reiterata con l’appello incidentale.

4.4. Quanto ai primi due motivi di ricorso incidentale, nonostante il mancato condizionamento del loro esame all’accoglimento del ricorso principale, l’impugnazione proposta dal ricorrente C. non risulta sorretta da apprezzabile interesse, concreto e attuale.

Il ricorso infatti mira all’accoglimento della domanda principale di declaratoria della nullità dei contratti de quibus e alla conseguente restituzione delle somme investite, oltre accessori, ossia ad ottenere un risultato pratico del tutto equivalente, in concreto, a quello conseguito per effetto della pronuncia di accoglimento della domanda subordinata con la risoluzione con efficacia ex tunc degli stessi contratti e con la pronunciata condanna della Banca convenuta al risarcimento del danno per una somma pari all’intero controvalore delle somme inizialmente investite.

5. Non è assorbito invece il terzo motivo con cui, come si è detto, il C. si duole della violazione dell’art. 112 c.p.c., a causa dell’omessa pronuncia sulla sua domanda relativa al risarcimento del maggior danno da svalutazione monetaria ex art. 1224 c.c., comma 2, formulata in primo grado e reiterata con l’appello incidentale.

5.1. Non sussiste omessa pronuncia e violazione dell’art. 112 c.p.c., poichè la Corte leccese si è pronunciata sul punto e ha, sia pur in estrema sintesi, mostrato di voler rifondere il danno conseguente al ritardo nella percezione dell’indennizzo risarcitorio da parte del C. con l’attribuzione degli interessi legali dalla data della domanda sino al soddisfo sul compendio risarcitorio liquidato in misura pari all’importo inizialmente investito (pag. 12, ultima riga della motivazione e capo 2 del dispositivo).

4.2. Il ricorrente non svolge una specifica censura di violazione di legge in ordine a tale statuizione con cui la Corte territoriale ha inteso liquidare complessivamente il pregiudizio patito dal ricorrente.

6. Il ricorso principale deve essere rigettato al pari del ricorso incidentale.

Le spese debbono essere compensate in ragione della reciproca soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale e compensa le spese processuali.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 7 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2020

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