Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9460 del 18/04/2013


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 9460 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso 3902-2007 proposto da:
SAIBENE MARIA BAMBINA SBNMBM57P45D531M, GRIECI GERARDO
GRCGRD47H30A975C, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA ANASTASIO II 80, presso lo studio dell’avvocato
BARBATO ADRIANO, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato GRIECI GIULIO giusta delega in
atti;
– ricorrenti contro

UBOLDI
ROBERTO

TEODOLINDA

BLDTLN23H53D531G,

CSTRRT62R29L319U,

1

UBOLDI

CASTELNUOVO
MARIA

Data pubblicazione: 18/04/2013

BLDMRA13D55D531H, UBOLDI GIUSEPPE BLDGPP19D10D531B,
UBOLDI

MAURIZIO

BLDMRZ54T25L470H,

GIROLA

CARLA

GRLCRL34D45A333F, CASTELNUOVO GIOVANNA
CSTGNN42B52C933A, CASTELNUOVO PAOLO CSTPLA32L24D5310,
UBOLDI FRANCO BLDFNC47T22L470G;
intimati

avverso la sentenza n. 2100/2006 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 29/08/2006, R.G.N. 531/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/03/2013 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
FRASCA;
udito l’Avvocato ADRIANO BARBATO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso,

2

R.g.n. 3902-07 (ud. 13.3.2013)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. Maria Bambina Saibene e Gerardo Grieci hanno proposto ricorso per cassazione,
contro Franco Uboldi, Giuseppe Uboldi, Maria Uboldi, Maurizio Uboldi e Teodolinda
Uboldi, tutti nella qualità di eredi del defunto Armando Uboldi, avverso la sentenza del 29
agosto 2006, con la quale la Corte d’Appello di Milano ha respinto il loro appello contro la
sentenza resa in primo grado dal Tribunale di Como nella controversia avente ad oggetto

una domanda di retratto agrario della compravendita di un fondo, agricolo in Finegro, da
essi ricorrenti proposta contro Armando Uboldi, acquirente, e contro gli alienanti Paolo,
Giovanna e Roberto Castelnuovo e Carla Girola.
§2. Al ricorso, che i ricorrenti hanno dichiarato di non proporre contro gli alienanti,
in quanto essi hanno fatto acquiescenza al capo della sentenza impugnata confermativo del
loro difetto di legittimazione passiva all’azione, non v’è stata resistenza di alcuno degli
intimati.
§3. I ricorrenti hanno depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1. Con il primo motivo di ricorso si deduce “violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 1° comma n. 3 c.p.c. per omessa pronuncia su
fatti controversi e decisivi per il giudizio”.
Il motivo, essendo stato dedotto ai sensi del n. 3 dell’art. 360 c.p.c., si sarebbe dovuto
concludere con la formulazione di un quesito di diritto ai sensi dell’art. 366-bis c.p.c. (nei
termini indicati già da Cass. (ord.) n. 16002 del 2007, seguita poi dalla successiva
giurisprudenza della Corte circa l’impossibilità che il quesito potesse estrapolarsi
dall’illustrazione del motivo), norma che, pur abrogata dalla 1. n. 69 del 2009, oltre ad
essere rimasta ultrattiva per i ricorsi per cassazione contro provvedimenti pubblicati dalla
data di entrata in vigore della lege, è rimasta applicabile, non essendo stata retroattiva
l’abrogazione, ai ricorsi proposti quando era vigente e cui trovava applicazione ai sensi
dell’art. 27, comma 2, del d.lgs. n. 40 del 2006, come quello in esame.
E’ da rilevare che l’intestazione del motivo, oltre ad evocare un vizio di violazione di
una norma del procedimento (il che avrebbe richiesto la sua denuncia i sensi del n. 4
dell’art. 360 ed avrebbe richiesto comunque la formulazione del quesito di diritto: ex multis
Cass. n. 4329 del 2010), fa riferimento alla nozione di fatto controverso: se ciò, in mente
3
Est. Cons. affaele Frasca

R.g.n. 3902-07 (ud. 13.3.2013)

dei ricorrenti, sottintendesse anche la deduzione di un vizio ai sensi del n. 5 dell’art. 360,
ne sarebbe derivata la necessità che il motivo contenesse o si concludesse con il c.d.
motivo di sintesi recante la “chiara indicazione” cui 1′ art. 366-bis alludeva per detto motivo
(si vedano già Cass. (ord.) n. 16002 del 2007, cit., e Cass. sez. un. n. 20603 del 2007).
Il motivo è, pertanto, inammissibile.
§2. Con il secondo motivo si denuncia “in relazione al disposto di cui all’art. 360 1°
comma n. 5 c.p.c. omessa o insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per

il giudizio”.
Il motivo è inammissibile perché non si conclude con né contiene il momento di
sintesi.
Non solo: se se ne legge l’illustrazione vi si coglie una quaestio iuris afferente ad un
preteso vizio di applicazione di norme di diritto e, pertanto, il motivo si sarebbe dovuto
concludere con un quesito di diritto.
§3. Con il terzo motivo si denuncia “violazione o falsa applicazione dell’art. 6 della
legge n. 203 del 03 maggio 1982; dell’art. 8 della legge n. 590 del 26/05/65 e dell’art. 7
della legge 817/1971 in relazione all’art. 360 1° comma n. 3 c.p.c.”.
Il motivo è inammissibile perché non si conclude con il prescritto quesito di diritto.
§4. Con il quarto motivo si deduce un motivo “ai sensi dell’art. 360 1° comma n. 5
per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio”.
Anche questo motivo è inammissibile perché non contiene il né si conclude con il
richiesto momento di sintesi.
§5. Con il quinto motivo si denuncia la sentenza impugnata “ai sensi dell’art. 360 1°
comma n. 5 per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio ovvero a sensi dell’art. 360 1° comma n. 3 per
violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 1415 c.c.”.
Sia il motivo ai sensi del n. 5 sia quello ai sensi del n. 3 dell’art. 360 c.p.c. sono
inammissibili, perché rispettivamente il primo non contiene il né si conclude con il
momento di sintesi ed il secondo non si conclude con il quesito di diritto.
§6. Il sesto motivo deduce in estremo subordine “violazione o falsa applicazione del
D.M. 8/04/2004 n. 127 in relazione all’art. 360 1° comma n. 3 c.p.c.”.
Esso è parimenti inammissibile, e perché non si conclude con il quesito di diritto.
La sua breve illustrazione, comunque, viola anche l’art. 366 n. 6 c.p.c., perché, nl
censurare la liquidazione delle spese per avere la Corte territoriale assunto un valore della
4
Est. Con Re1e Frasca

R.g.n. 3902-07 (ud. 13.3.2013)

controversia corrispondente allo scaglione indicato dagli appellati che si dice di «valore
indeterminabile da 51.700,01 [a] E 103.300,00», non solo non indica dove la nota spese
avversaria sarebbe esaminabile in questa sede, ma neppure, là dove sostiene che il valore
della causa era corrispondente ad un valore dichiarato di € 2.582,28, indica dove tale
dichiarazione era stata fatta.
Peraltro, la lettura delle conclusioni avversarie riportate dalla sentenza di appello
evidenzia che il valore era diverso da quello che si vorrebbe enunciato nella nota spese.
§8. Non è luogo a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese del giudizio di
cassazione.
ì deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile il 13 marzo 2013.
Il Presid te
ii L .,,i

§7. Il ricorso, essendo inammissibili tutti i motivi, è dichiarato inammissibile.

e)—— —-

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