Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9459 del 18/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 3 Num. 9459 Anno 2013
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso 3405-2007 proposto da:
SOVRANO MILITARE ORDINE DI MALTA in persona del Gran
Cancelliere JEAN PIERRE MARIE LOUIS CHARLES MAZERY,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DE’ PREFETTI
26,

presso lo studio dell’avvocato ORESTANO ANDREA,

che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
569

contro

MAUGERI SEBASTIANO WALTER in proprio e quale
procuratore dei Sigg. MAUGERI LUCIANO e MAUGERI
GIUSEPPE, domiciliato ex lege in ROMA, presso la

1

in

Data pubblicazione: 18/04/2013

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e
difeso dall’avvocato SPADA GIACOMO giusta delega in
atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 318/2006 della CORTE D’APPELLO

R.G.N. 1688/2000;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/03/2013 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
FRASCA;
udito l’Avvocato ANDREA ORESTANO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso;

2

di CATANIA, SEZIONE AGRARIA, depositata il 14/06/2006,

R.g.n. 3405-07 (ud. 13.3.2013)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. Il Sovrano Militare Ordine di Malta ha proposto ricorso per cassazione contro
Sebastiano Walter Maugeri, in proprio e nella qualità di procuratore di Luciano Maugeri e
Giuseppe Maugeri, avverso la sentenza del 14 aprile 2006, con la quale la Sezione
Specializzata Agraria presso la Corte d’Appello di Catania, in parziale riforma della
sentenza resa in primo grado dalla Sezione Specializzata Agraria presso il Tribunale di

Siracusa ed in parziale accoglimento dell’appello principale dell’intimato nella qualità, ha
condannato esso ricorrente al pagamento della somma di E 232.697,81 ed ha rigettato
l’appello incidentale dello stesso ricorrente.
§2. Il giudizio era stato introdotto dal qui ricorrente con ricorso del novembre 1989
contro i germani Alfio, Salvatore, Luciano e Giuseppe Maugeri, per ottenere — in ragione
del mancato esercizio della facoltà di conversione ai sensi dell’art. 34, lett. a), della 1. n.
203 del 1982 – la declaratoria della cessazione alla data del 10 novembre 1989 e comunque
della risoluzione per inadempimento del rapporto di colonia parziaria corrente con i
convenuti, relativamente ad un fondo rustico agrumetato sito nel territorio di Noto, con
consequenziale condanna al rilascio ed al risarcimento dei danni nella misura di lire
200.000.000 od in quella diversa risultate da consulenza tecnica.
§2.1. I germani convenuti si erano costituiti tramite il loro procuratore Sebastiano
Walter Maugeri, chiedendo il rigetto dell’avversa domanda e svolgendo domande
riconvenzionali per ottenere: il pagamento della indennità dovuta per la trasformazione e
l’impianto ad agrumeto di otto ettari del fondo (almeno nel tenore originario della
domanda) per l’importo di lire 200.000.000 o per quello diverso accettando; il rimborso di
quanto speso per il ripristino dei caseggiati rurali, per la sostituzione delle condutture
dell’acqua potabile, per la rete fognaria e il fosso perdente, per la realizzazione dei servizi
igienici e per la messa in servizio di una trivella per l’importo di lire 20.000.000; il
rimborso della somma di lire 12.387.409 per la riparazione della rete fognaria a seguito di
autorizzazione data da un’ordinanza cautelare emessa dal Tribunale il 2 agosto 1989; il
risarcimento del danno per lire 600.000.000 o per la diversa somma maggiore o minore
risultante in corso di causa, in ragione della deficitaria produzione del fondo causata dalla
insufficienza di approvvigionamento dell’acqua e dalla mancata ristrutturazione della rete
di irrigazione.

3

R.g.n. 3405-07 (ud. 13.3.2013)

§2.2. Il giudizio veniva interrotto all’udienza del 20 novembre 1991 per il decesso
dei resistenti Salvatore ed Alfio Maugei e, quindi, riassunto lo stesso giorno dal ricorrente
nei confronti degli eredi dei medesimi.
§2.3. Con sentenza del novembre 2000 la Sezione Specializzata Agraria dichiarava
cessato al 10 novembre 1989 il rapporto di colonia, convalidava un sequestro giudiziario
che l’attore aveva ottenuto in corso di causa riguardo al fondo, dichiarava improcedibile la
domanda di risoluzione per inadempimento proposta dal medesimo e rigettava le domande

riconvenzionali delle parti resistenti, compensando le spese processuali.
§3. L’appello principale riguardava soltanto il rigetto della domanda riconvenzionale,
mentre quello incidentale del qui ricorrente soltanto la statuizione sulle spese.
§4. Al ricorso del Sovrano Militare Ordine di Malta ha resistito con controricorso
l’intimato, in proprio e nella qualità di procuratore di Luciano e Giuseppe Maugeri.
§5. Il ricorrente ha depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
§1. Preliminarmente dev’essere dichiarata inammissibile l’eccezione di acquiescenza
tacita del ricorrente alla sentenza impugnata, formulata dal resistente in chiusura del
controricorso, sotto il profilo che il ricorrente avrebbe pagato quanto da essa previsto senza
fare alcuna riserva di impugnazione.
Invero, nessuna indicazione specifica a sensi dell’art. 366 n. 6 c.p.c. del pagamento e
delle sue modalità è stata fornita nel controricorso e, dunque, la Corte non è messa in grado
conoscere il fatto integratore dell’eccezione perché non si è in alcun modo individuato
l’atto o gli atti dai quali si dovrebbe desumere e nemmeno s’è detto se esso o essi siano
stati prodotti in questa sede e dove.
§1.1. In ogni caso, la replica svolta nella memoria dal ricorrente, nel senso che il
pagamento venne eseguito dopo un preannunzio di esecuzione e di precetto, sarebbe stata
pienamente idonea ad evidenziare l’infondatezza dell’eccezione (sulla questione, ex multis,
perfettamente in termini con lo svolgimento della vicenda siccome evidenziato nella
memoria dal ricorrente, nel rispetto dell’art. 366 n. 6 c.p.c., e con corredo di produzioni
legittime ai sensi dell’art. 372 c.p.c., si veda Cass. n. 1551 del 2006, secondo cui
«L’acquiescenza del soccombente, che costituisce ostacolo alla proposizione
dell’impugnazione ex art. 329 cod. proc. civ., ove non risulti da un’accettazione espressa
della pronuncia giudiziale o da una formale rinuncia a sottoporla a gravame, può desumersi
4

R.g.n. 3405-07 (ud. 13.3.2013)

soltanto da atti o fatti univoci, del tutto incompatibili con la volontà di avvalersi del mezzo
di impugnazione nell’ipotesi prevista. Ne consegue che non dà luogo
ad acquiescenza l’adempimento da parte del soccombente, effettuato a seguito di una
richiesta di pagamento proveniente dal legale della parte vincitrice, sia pur redatta in
termini amichevoli per ragioni di colleganza professionale, dopo una sentenza di condanna
provvisoriamente esecutiva, in quanto tale comunicazione è l’annunzio che la parte
vincitrice intende ottenere immediatamente il pagamento, procedendo in sede esecutiva

mediante precetto in mancanza di un pagamento spontaneo, e pertanto
il pagamento eseguito è volto ad evitare l’esecuzione forzata.>>).
§2. Con il primo motivo di ricorso si deduce “violazione e/o falsa applicazione degli
artt. 16 e 38 della legge n. 203 del 3 maggio 1982 (art. 360, I co., n. 3 c.p.c.)”.
Vi si censura la sentenza impugnata là dove ha riconosciuto ai Maugeri — in riforma
della sentenza di primo grado che ne aveva negato ai coloni la debenza, perché essi non
avevano attivato la procedura ai sensi dell’art. 16 della 1. n. 203 del 1982, né risultava dagli
atti che le opere fossero state autorizzate preventivamente dal concedente – il diritto al
rimborso della somma di £ 24.897.564, pari ad E 12.858,52 per la riparazione dei fabbricati
rurali e della somma di £ 19.000.000, pari ad E 9.812,68 per la sistemazione delle canalette
di irrigazione.
Si sostiene che, ove la Corte fosse pervenuta a tale conclusione considerando —
peraltro implicitamente, atteso che essa non viene presa in esame dalla motivazione – la
norma dell’art. 16 citato inapplicabile alla specie, sarebbe incorsa in una sua violazione,
atteso che essa trova applicazione a tutti i lavori e le opere realizzate dall’affittuario e, in
forza del rinvio operato dall’art. 38 della 1. n. 203 del 1982, dal colono, ivi comprese quelle
che consistono in interventi di competenza del concedente.
D’altro canto, le opere avrebbero potuto considerarsi legittime, in mancanza della
procedura ai sensi dell’art. 16, soltanto se consentite dal concedente.
§2.1. Il motivo, che prospetta due censura, l’una di violazione dell’art. 16 citato sotto
il profilo della mancata attivazione della relativa procedura, l’altra di mancanza del
consenso, è inammissibile per varie ragioni.
§2.1.1. Lo è innanzitutto perché non censura la ratio decidendi enunciata sul punto
dalla sentenza impugnata nella pagina diciassette.
In tale pagina la sentenza impugnata enuncia, nel motivare la fondatezza dell’appello
sul punto, quanto segue: <>.
Ora, la riportata motivazione è chiara quanto all’affermazione della debenza delle
spese per la sistemazione delle canalette di irrigazione, là dove fa discendere la
legittimazione all’esecuzione delle relative opere dal provvedimento del 2 agosto 1989
con cui al ricorrente era stato ordinato di provvedere, cosa che non essendo stata fatta,
aveva determinato l’esecuzione degli interventi ordinati dal giudice da parte dei coloni.
§2.1.2. Di tale motivazione il motivo si disinteressa totalmente, astenendosi dal
criticarla, sia in relazione alla dedotta violazione dell’art. 16, sia in relazione alla dedotta
mancanza di consenso. Non ci si preoccupa, cioè, di spiegare come e perché tali violazioni
sarebbero configurabili in presenza di quanto ritenuto dalla ricordata motivazione.
Il motivo è, pertanto, quanto a tale censura, inammissibile alla strega del principio di
diritto secondo cui <>
(Cass. n. 359 del 2005, ex multis).
6

R.g.n. 3405-07 (ud. 13.3.2013)

§2.1.3. La riportata motivazione è meno chiara riguardo alle altre opere: riguardo ad
esse dice, con una certa anodinia, che si trattava di opere (come, del resto, erano quelle di
riparazione delle canalette) spettanti al proprietario, così mostrando di reputare tale ragione
sufficiente a giustificare la debenza del rimborso richiesto. Successivamente, però, dopo
avere fatto riferimento al provvedimento giudiziale sopra indicato, motiva la spettanza di
un diritto al rimborso anche per la relativa spese con un <>, che senza dubbio
implica che per dette spese si assuma come motivazione quella sopra enunciata.

Ora, tale motivazione non viene — come s’è detto – criticata dal motivo, che di essa si
sarebbe dovuto far carico e, quindi, svolgere critica all’affermazione della debenza del
rimborso perché le opere erano a carico del proprietario.
Peraltro, se una tale critica si scorgesse nell’asserto che l’art. 16 si estenderebbe
anche alle riparazioni straordinarie a carico del proprietario, si dovrebbe rilevare che tale
assunto è privo di fondamento: è stato, infatti, statuito, con principio applicabile anche ad
un rapporto come quello di cui è causa, che <> (Cass. n. 11194 del 2005).
Dunque, è priva di pregio la prospettazione che l’art. 16 si estenda che alle
riparazioni straordinarie a carico del concedente, essendo esse disciplinate da altra
normativa.
Il principio di diritto che viene in rilevo è il seguente: <>.
E’, poi, appena il caso di precisare che il motivo avrebbe dovuto allora denunciare la
mancanza del consenso evocando espressamente la norma dell’art. 1621 e quella dell’art.
1577 c.c., mentre fa riferimento, come seconda censura, alla mancanza del consenso senza
indicare le norme violate, il che integrerebbe inammissibilità ai sensi del n. 4 dell’art. 366
c.p.c.

Il motivo è, conclusivamente dichiarato inammissibile e l’inammissibilità rende
inutile esaminare la difesa svolta sul motivo dalle parti resistenti e la replica svolta dal
ricorrente nella memoria.
§3. Il secondo motivo deduce “omessa motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio (art. 360, I, co., n. 5, c.p.c.)”.
Vi si propone in realtà non una quaestio facti, ma la stessa quaestio iuris prospettata
nel motivo precedente sotto il profilo che la Corte territoriale avrebbe omesso di motivare
sia sull’eventuale sussistenza del consenso preventivo della concedente all’effettuazione
del lavori, sia sotto il profilo dell’attivazione della procedura ai sensi dell’art. 16 1. n.
20323 del 1982.
§3.1. Il motivo è inammissibile perché la sua illustrazione non enuncia alcunché di
riconducibile al paradigma del n. 5 dell’art. 360 e, dunque, ponendo una quaestio iuris si
sarebbe dovuto concludere con un quesito di diritto.
Se si superasse tale rilievo e lo si considerasse idono motivo alla stregua del detto n.
5, emergerebbe ulteriore inammissibilità perché il motivo non si conclude con, né contiene
il momento di sintesi espressivo della c.d. “chiara indicazione”, richiesto dalla
giurisprudenza della Corte ai fini del rispetto dell’art. 366-bis c.p.c. (si vedano già Cass.
(ord.) n. 16002 del 2007 e Cass. sez. un. n. 20603 del 2007).
§4. Il quarto motivo si duole “insufficiente motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio (art. 360, I, co., n. 5, c.p.c.)”.
Il motivo è nuovamente inammissibile perché non si conclude con, né contiene il
momento di sintesi richiesto dalla ricordata giurisprudenza.
§4.1. Se ne fosse possibile l’esame e si procedesse alla sua lettura, si dovrebbe, del
resto constatare che nuovamente vi si svolgono considerazioni che evidenziano due distinte
censure non già — salvo per un profilo – sulla ricostruzione del fatto oggetto della lite, bensì
riguardo a pretesi errori di diritto della Corte territoriale.

8

R.g.n. 3405-07 (ud. 13.3.2013)

Infatti, con una prima censura, che viene esposta nei primi quattro paragrafi
dell’illustrazione (punti 1.4.) si lamenta che la Corte territoriale avrebbe fatto malgoverno
dei principi sull’onere della prova (anche se la relativa regola non viene mai nominata)
perché avrebbe affermato il diritto al rimborso a favore dei resistenti senza che
l’esecuzione dei relativi lavori risultasse dagli atti (come invece affermato) ed in
particolare dalla documentazione prodotta. Si passano, poi, in rassegna una serie di
risultanze del giudizio di merito, fra cui due documenti prodotti dai Maugeri che si dicono

da loro provenienti e che si assume non avrebbero potuto svolgere funzione probatoria,
nonché il contenuto della comparsa di costituzione e il contenuto di atti del procedimento
cautelare concernente i lavori di sistemazione della canalette e parimenti si asserisce che le
emergenze di tali atti, in quanto da esse emergeva che i lavori non erano ancora stati
eseguiti, non avrebbero potuto svolgere efficacia probatoria.
Con una seconda censura, esposta nel paragrafo 5. Ci si duole che l’assolvimento
dell’onere della prova da parte dei coloni non potrebbe essere derivato dalla circostanza,
enunciata nella motivazione dalla sentenza impugnata, che <>, atteso che tale affermazione
concerne il quantum e non l’an e considerato [argomentazione che viene svolta evocando
giurisprudenza di questa Corte] che comunque la mancata specifica contestazione specifica
non potrebbe assurgere a prova.
§4.1.1. Tanto la prima censura quanto al profilo sulla provenienza dei due documenti
dai Maugeri, quanto la seconda, evocano non errori logici nella ricostruzione o
nell’apprezzamento della quaestio facti, bensì errori nell’applicazione delle regole sulla
valutazione in iure delle prove: tali sono sia il principio per cui le scritture pro se non
svolgono efficacia probatoria, sia l’argomento svolto in ordine al significato della non
contestazione degli importi e al principio di non contestazione.
Ne deriva che il motivo avrebbe dovuto essere dedotto con l’indicazione delle norme
di diritto probatorio pertinenti a dette censure e, quindi, ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c.p.c.,
con la conseguenza che alle censure avrebbe dovuto fare riscontro un corrispondente
quesito di diritto. Donde la violazione dell’art. 366-bis c.p.c.
Quanto al profilo della prima censura concernente il fatto che dagli atti del
procedimento cautelare emergeva che i lavori non erano stati eseguiti al momento del loro
compimento, si osserva che il motivo sul punto, ma anche in generale (cioè per i profili in
iure indicati sopra), risulterebbe inammissibile, in quanto, perché si potesse muovere
critica alla sentenza impugnata sul punto sarebbe stato necessario evidenziare che
9

R.g.n. 3405-07 (ud. 13.3.2013)

l’esecuzione effettiva dei lavori fosse stata oggetto di contestazione da parte del qui
ricorrente nel giudizio di primo grado, nel quale, come emerge dalla narrativa della
sentenza impugnata, il primo giudice aveva rigettato la domanda in questione, ritenendo
che non fosse stato osservato l’art. 16 già citato e che non vi fosse stato previo consenso
del ricorrente, e non invece esaminando e risolvendo positivamente la questione
dell’esecuzione dei lavori in quanto prospettata.
eventuale reiterazione in appello (art. 346 c.p.c.) evidenzia allora che con il motivo si pone
anche una questione che non risultava devoluta al giudice d’appello o la cui devoluzione
non risulta dimostrata.
Da qui un’ulteriore causa di inammissibilità del motivo nella sua interezza.
§5. Con il quarto motivo si denuncia “violazione e/o falsa applicazione degli art.
2697 c.c., 112, 115 e 116 c.p.c. (art. 360, I ., n. 3 c.p.c.)”.
In una prima parte si deduce come violazione degli artt. 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c. il
fatto che la domanda per i rimborsi sarebbe stata accolta senza che i coloni avessero
dimostrato l’esecuzione dei lavori.
Questa censura, che realizza quello che si è detto corrispondere alla sostanza della
censura svolta nel motivo precedente, cioè l’indicazione delle norme del procedimento
relative all’onere della prova ed alla valutazione delle prove, è espressamente prospettata
<> e, pertanto, impinge in inammissibilità
per le stesse ragioni indicate in chiusura dell’esame del motivo precedente, sotto il profilo
della mancata dimostrazione che vi era stata contestazione su quella esecuzione e che la
relativa questione era stata tenuta viva in appello.
§5.1. In una seconda parte viene argomentata la censura di violazione dell’art. 112

La mancanza di indicazione della esistenza di una simile contestazione e della sua

c.p.c. sotto il profilo che la condanna per i due rimborsi richiesti sarebbe stata fatta per una
misura maggiore di quella indicata nella comparsa di risposta di primo grado, cioè
rispettivamente per l’equivalente in euro di £ 24.897.564 e di £ 12.387.409 anziché per gli
importi di £ 20.000.000 e £ 19.000.000.
Al riguardo si richiamano e si riproducono i passi della comparsa di risposta de qua
in cui erano state formulate le richieste.
Tuttavia, non si fa alcun altro riferimento all’atteggiarsi delle due domande di
rimborso nel prosieguo del processo di primo grado e, particolarmente, in sede di
precisazione delle conclusioni e di discussione. L’unica ulteriore precisazione che si fa è
relativa al contenuto dell’atto di appello, del quale si dice che in esso la somma di £
10

R.g.n. 3405-07 (ud. 13.3.2013)

19.000.000 sarebbe stata indicata <>.
§5.1.1. La censura così esposta risulta inaccoglibile, in quanto, essendosi verificata
nella prospettazione del ricorrente l’ultrapetizione in sede di decisione in appello, sarebbe
stato necessario dimostrare, attraverso precise deduzioni, in che termini era avvenuta la
devoluzione al giudice d’appello e, prima ancora, in che termini quantitativi le due

domande di rimborso erano state oggetto di devoluzione alla decisione del giudice di primo
grado. Infatti, soltanto ove il tenore quantitativo delle due domande all’atto della decisione
in primo grado, nell’atto di appello e all’atto della decisione di appello fosse rimasto quello
della comparsa di costituzione di primo grado risulterebbe idoneamente e pertinentemente
prospettata la censura di violazione dell’art. 112 c.p.c., perché, ove, una variazione
quantitativa delle due domande di rimborso vi fosse stata in uno di quei momenti, il vizio
della sentenza impugnata avrebbe, in ipotesi, potuto configurarsi qualora detta variazione
quantitativa si fosse potuta considerare come domanda nuova. Ma, in tal caso, il motivo di
ricorso avrebbe dovuto essere diverso, cioè dedurre vizio di novità della domanda.
Il motivo è, pertanto, rigettato.
§6. Con il quinto motivo si denuncia “violazione e/o falsa applicazione, sotto altro
profilo, dell’art. 112 c.p.c.e, per quanto di ragione, degli artt. 345 e 437, II co., c.p.c. (art.
360, I co., n. 3 c.p.c.)”.
Con questo motivo si denuncia in primis una pretesa violazione dell’art. 112 c.p.c.
riguardo all’accoglimento da parte della Corte territoriale della domanda dei coloni
riguardo ai miglioramenti per tutta l’estensione del terreno, cioè sia per i dodici ettari
concessi in godimento originariamente sia per gli otto concessi successivamente, ancorché
nella comparsa di costituzione l’indennità per i miglioramenti fosse stata richiesta solo per
la trasformazione e l’impianto di un agrumeto riguardo ai detti otto ettari. In secondo
luogo, sul presupposto che nell’atto di appello vi sia stata l’estensione della pretesa anche
ai dodici ettari originari, si deduce che la Corte territoriale avrebbe dovuto rilevare la
novità della domanda e, quindi, si fa valere la violazione dell’art. 437, secondo comma,
c.p.c. in relazione all’art. 345 c.p.c.
§6.1. Il motivo è privo di fondamento quanto alla violazione dell’art. 112 c.p.c.,
perché la stesa prospettazione del ricorrente, là dove, dopo aver fatto riferimento al tenore
della domanda di cui trattasi nella comparsa di costituzione recane la relativa
riconvenzionale, sostiene che l’estensione si sarebbe verificata nell’atto di appello: è
11

R.g.n. 3405-07 (ud. 13.3.2013)

evidente che, se tale estensione vi fosse stata, la Corte territoriale non potrebbe essere
incorsa in ultrapetizione, ma solo nel vizio di mancata rilevazione della novità della
domanda quanto all’estensione.
§6.2. Quanto, poi, a quest’ultima censura, il motivo non si presenta fondato, perché,
non diversamente da quanto accaduto per il motivo precedente, si omette di fornire
qualsivoglia precisazione sul se la domanda per come formulata nella comparsa di

dovuta per la trasformazione ed impianto ad agrumeto di otto ettari del fondo per importo
che si indica in L. 200.000.000, o maggiore o minor somma da accertare
giudizialmente>>) fosse stata mantenuta tale in sede di conclusioni in funzione della
decisione del primo giudice: è palese che, se l’ipotizzata estensione si fosse verificata in
quella sede o addirittura in un momento antecedente, si sarebbe dovuto dedurre non la
violazione da parte del giudice d’appello delle norme degli artt. 437, secondo comma, e
345 c.p.c. sotto il profilo del divieto di domanda nuova in appello, bensì la violazione
dell’art. 420, primo comma, c.p.c. nella supposizione che essa fosse rilevabile d’ufficio in
appello. Sarebbe stato allora necessaria la precisa individuazione della persistenza fino alla
decisione di primo grado del tenore originario della domanda.
Va, d’altro canto rilevato che la mancanza di tale precisazione appare tanto più
rilevante, specie agli effetti dell’art. 366 n. 6 c.p.c., se si considera che nessun riferimento
alla prospettazione, in sede di costituzione in appello, della pretesa proposizione di una
domanda nuova.
§7. Con un sesto motivo si denuncia “insufficiente motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, I, co., n. 5, c.p.c.)”.
Il motivo si articola in sette paragrafi e dalla pagina ventitre alla pagina ventinove,

costituzione riprodotta (nel senso della condanna <>.
Essendo stato dichiarato inammissibile il motivo precedente, esso risulta
automaticamente infondato.
12

R.g.n. 3405-07 (ud. 13.3.2013)

§9. L’ottavo motivo deduce “insufficiente motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio (art. 360, I, co., n. 5, c.p.c.)”.
Il motivo nuovamente non si conclude con né contiene il momento di sintesi
espressivo della c.d. “chiara indicazione”, richiesto per il rispetto dell’art. 366-bis c.p.c.
Ne consegue la sua inammissibilità.
§9.1. Ove, peraltro, si procedesse alla lettura della sua illustrazione, si dovrebbe

coloni relativa al risarcimento del danno <>, lo avrebbe fatto sulla base di due relazioni di
consulenza espletatesi con sopralluoghi di alcuni anni successivi a quel periodo. In
sostanze si censura la sentenza impugnata per avere fatto leva su relazioni di consulenza
che non sarebbero state idonee a dimostrare la carenza idrica nel detto periodo.
Orbene, lamentandosi un’erronea valutazione di emergenze delle due consulenze,
sarebbe stato necessario, per evitare che la lamentela si connoti come una contestazione
delle emergenze istruttorie del tutto nuova rispetto a quella svolta nel giudizio di appello
che si desse dimostrazione di averla svolta esso. Ciò, tenuto conto che la sentenza
impugnata, nel riferire alla fine della pagina ventiquattro ed all’inizio della venticinque la
prospettazione assunta dal ricorrente appellato riguardo al terzo motivo di appello dei
coloni che concerneva il rigetto della domanda non fa alcun riferimento ad una
contestazione del genere di quella ora prospettata, che, dunque, appare in tal modo porre
inammissibilmente una questione del tutto nuova.
§10. Il nono motivo fa valere “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1321,
1372 e 2909 c.c. (art. 360, I co., n. 3 c.p.c.).
Il motivo prospetta una questione nuova, perché si contesta la posizione assunta dal

constatare che in essa si lamenta che la Corte territoriale, nell’accogliere la domanda dei

Maugeri Sebastiano Walter dopo la riassunzione del giudizio per il decesso di Alfio e
Salvatore Maugeri, che, come si legge in sentenza ed anche nello stesso ricorso fu di
costituzione in giudizio in proprio, quale erede del defunto Alfio Maugeri, e quale
procuratore di Luciano e Giuseppe Maugeri.
La valutazione del motivo avrebbe, peraltro, dovuto esigere la considerazione della
problematica nascente dal rilievo che esso fa sull’inefficacia della cessione del contrato di
colonia, che, peraltro, non si sarebbe potuta verificare, in quanto il contratto venne a
cessare il 10 novembre 1989, nel mentre la scrittura di cessione, pur recando data anteriore,
ha data certa solo successiva. Viceversa, poiché la scrittura prevedeva che in caso di
disaccordo sulla cessione ad Alfio Maugeri delle posizioni degli altri coloni, fosse a lui
13

R.g.n. 3405-07 (ud. 13.3.2013)

attribuita «procura irrevocabile […] demandandogli tutti i poteri ed i diritti ad esso
spettanti», si potrebbe ritenere che il significato di tale procura comportasse una cessione
dei diritti di crediti originanti dal rapporto ed anche di quelli oggetto delle domande
riconvenzionali, per cui il successivo decesso di Alfio Maugeri avrebbe comportato il
trasferimento a Sebastiano Walter Maugeri dei crediti già ceduti dal germano Salvatore
Maugeri al fratello Alfio.
avrebbe dovuto porsele d’ufficio, avrebbero richiesto lo svolgimento di opportuna attività
di contestazione nel giudizio di merito.
§11. Il ricorso è conclusivamente rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione possono essere compensate, atteso che taluni dei
motivi di ricorso proposti (segnatamente il primo, il quarto, il quinto e il nono) trovavano
una qualche giustificazione, quanto alla scelta ed al rischio di esercitate il diritto di
impugnazione, in oggettive ambiguità della motivazione della sentenza impugnata.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.
\ Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile il 13 marzo 2013.

Ma, ripetesi, tali problematiche, in disparte il problema del se la Corte territoriale

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA