Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9458 del 22/05/2020

Cassazione civile sez. I, 22/05/2020, (ud. 22/11/2019, dep. 22/05/2020), n.9458

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24817/2015 proposto da:

Ditta L.S. & C. S.a.s., in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa dall’avvocato Perri Francesco, giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

G.M., in qualità di titolare dell’omonima ditta,

elettivamente domiciliato in Roma, Viale XXI Aprile n. 11, presso lo

studio dell’avvocato Morrone Corrado, rappresentato e difeso

dall’avvocato Greco Pietro, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1219/2014 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 19/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/11/2019 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto delle eccezioni

preliminari, accoglimento del primo e del secondo motivo,

inammissibilità del terzo motivo;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Perri Francesco che si riporta;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato Greco Pietro che ha

chiesto il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di appello, la società L.S. & C. sas, impugnava la sentenza del Tribunale di Cosenza, con la quale era stata rigettata la domanda di condanna in solido di G.M. e della Kraft Foods Italia SpA al risarcimento dei danni per atti di concorrenza sleale (denigratori e/o lesivi della reputazione), sia di natura non patrimoniale, ex art. 2059 c.c., che patrimoniali, ex art. 2043 c.c. e ciò, in quanto, il Tribunale aveva ritenuto l’insussistenza della dedotta attività illecita di concorrenza sleale.

A supporto delle proprie ragioni, l’appellante deduceva la sufficienza, per l’integrazione della fattispecie anticoncorrenziale del mero pregiudizio potenziale, rispetto alla condotta dell’invio ad alcuni operatori commerciali del settore, di missive denigratorie depositate in atti. Inoltre, l’appellante si doleva della dichiarata estraneità della Kraft Foods Italia spa alla vicenda, sul presupposto della qualità di rappresentante unico della zona di G.M., che spendeva il nome della Kraft, tramite l’utilizzo della carta intestata.

La Corte territoriale – premessa la distinzione, in tema di atti di concorrenza sleale, tra tutela inibitoria correlata al mero pregiudizio potenziale e tutela risarcitoria legata alla specifica prova della deminutio patrimoniale – rigettava l’appello sulla considerazione che pur essendo la condotta di G.M. denunciata dall’appellante idonea in concreto ad apportargli pregiudizio perchè volta a screditarne la professionalità e, quindi, atta a produrre danni all’agente (sia per il riferimento al suo contenzioso con la casa madre, che alla provenienza “trasversale ed occasionale” dei prodotti forniti agli operatori commerciali), tuttavia il danno risarcibile conseguenza del compimento di atti di concorrenza sleale richiede di essere provato, secondo i principi generali che regolano le conseguenze del fatto illecito, e nella specie tale prova non era stata fornita.

La società L.S. & C. sas ricorre per Cassazione sulla base di tre motivi, illustrati da memoria, mentre, G.M. resiste con controricorso, anch’esso illustrato da memoria.

Il PG ha rassegnato conclusioni scritte.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 2598 e 2600, sotto il profilo della richiesta di risarcimento dei danni non patrimoniali, ex art. 2059 c.c., ed anche in riferimento agli artt. 4 e 41 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., in quanto, la Corte d’appello dopo aver accertato che G.M. si era reso autore di atti di concorrenza sleale consistenti nel diffondere notizie ed apprezzamenti sui prodotti altrui in modo da determinare il discredito dell’odierna ditta ricorrente, tuttavia, non aveva accordato tutela alla domanda di risarcimento dei danni non patrimoniali, ex art. 2059 c.c., avanzata fin dall’inizio del giudizio di primo grado.

Con il secondo motivo, la ditta ricorrente prospetta il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, anche in riferimento all’art. 112 c.p., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto, la Corte d’appello avrebbe omesso di valutare che la ricorrente nelle conclusioni di secondo grado (ma anche in quelle dell’atto introduttivo) aveva proposto domanda di risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alla attività illecita posta in essere nei suoi confronti dal Sig. G.M. e i fatti omessi in valutazione erano storicamente presenti negli atti processuali e se esaminati alla luce delle proprie richieste avrebbero determinato l’accoglimento della domanda.

Con il terzo motivo, la ditta ricorrente prospetta il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, anche in riferimento all’art. 112 c.p., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, e violazione dell’art. 2043 c.c., in quanto, dalle comunicazioni prodotte dalla ricorrente, risulta che gli operatori commerciali dichiarano di voler interrompere i rapporti economici con la ricorrente stessa per effetto delle notizio e loro diffuse dal Sig. G.M. e ciò fondava la richiesta di danno patrimoniale, ex art. 2043 c.c., anch’essa disattesa dalla Corte d’appello, che aveva omesso di valutare la documentazione richiamata.

Non sono fondate le due eccezioni preliminari d’inammissibilità del ricorso.

La prima è relativa alla mancata sottoscrizione da parte del difensore della copia notificata del ricorso per cassazione, che costituisce una mera irregolarità quando tale copia contenga elementi idonei a dimostrare la provenienza dell’atto da difensore munito di mandato speciale (Cass. n. 13385/05, 4548/11).

La seconda, subordinata, di mancata sottoscrizione dell’originale del ricorso, che invece risulta debitamente sottoscritto dal difensore della parte, munito di procura speciale.

Il primo e secondo motivo di ricorso sono inammissibili, quanto alla richiesta del danno non patrimoniale, infatti, si tratta di deduzioni nuove, non essendovi cenno alle stesse nella sentenza impugnata e non essendo condivisibile la tesi del ricorrente secondo cui le conclusioni rassegnate comprendevano anche tale tipo di danno (egli non riporta nessuna analoga censura svolta nei due gradi di merito). Il terzo motivo è inammissibile, quanto al danno patrimoniale, infatti, la Corte d’appello ha escluso che l’attuale ricorrente l’avesse dimostrato, e le censure di tale statuizione sono generiche e di merito.

In buona sostanza, il ricorrente non censura la ratio decidendi; infatti, la Corte d’appello ha accertato che il pregiudizio patrimoniale era smentito dalle prove raccolte, in particolare, gli esercizi commerciali cui il G.M. aveva indirizzato la comunicazione denigratoria avevano continuato a mantenere i rapporti con la L. sas. Il ricorrente, invece, rivolge le sue censure alla mancata quantificazione del danno, da parte della Corte distrettuale, una volta che quest’ultima aveva ritenuto sussistente la condotta denigratoria, ma non provato il danno.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara il ricorso inammissibile.

Condanna il ricorrente a pagare a G.M. le spese di lite del presente giudizio, che liquida nell’importo di Euro 10.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2020

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