Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9457 del 22/05/2020

Cassazione civile sez. I, 22/05/2020, (ud. 22/11/2019, dep. 22/05/2020), n.9457

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8279/2015 proposto da:

S.G.C. S.r.l. – Società Gestione Crediti, nella qualità di

mandataria della S.A.R.C. s.r.l. – Società Acquisizione e

Rifinanziamento Crediti, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Lungotevere A. da

Brescia n. 9-10, presso lo studio dell’avvocato Fioretti Andrea, che

la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Campofiore S.a.s. di M.C., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Polibio n. 15, presso lo studio dell’avvocato Zazzara Andrea,

rappresentata e difesa dall’avvocato Pennacchia Cristiano, giusta

procura speciale per Notaio avv. M.P.B.M. di

Roma – Rep. n. (OMISSIS);

– controricorrente –

contro

Unicredit S.p.a.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 536/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 25/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/11/2019 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’accoglimento dei motivi

secondo, quarto e quinto, rigetto del primo motivo, assorbito il

terzo motivo;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato D’Ambrosio Andrea, con delega

orale, che si riporta;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato Pennacchia Cristiano che

si riporta e chiede il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di appello, la S.G.C. srl nella sua qualità di procuratrice speciale della Sarc srl, successore a titolo particolare della Trevi Finance spa a sua volta cessionaria della Capitalia spa, impugnava la sentenza del Tribunale di Terni, in composizione monocratica, con la quale era stata dichiarata la carenza di legittimazione attiva di Capitalia spa nell’intervento dalla stessa effettuato nell’ambito della procedura esecutiva n. 16/97 promossa a carico di Campofiore sas di M.C..

A supporto delle proprie ragioni, l’appellante deduceva l’illegittimo ampliamento del thema decidendum, dal momento che l’esecutata si era limitata ad eccepire la carenza di legittimazione della Capitalia spa, quale interveniente, senza svolgere contestazioni sulla successione del credito dalla Banca di Roma spa, poi denominata Capitalia spa, alla Trevi Finance spa e contestava, inoltre, la declaratoria di carenza di legittimazione attiva di Capitalia spa.

La Corte territoriale rigettava l’appello sulla base dell’assunto che era onere dell’intervenuto nella procedura esecutiva fornire la prova della sua legittimazione quale mandataria di un soggetto titolare del relativo credito, mentre, il CTU appositamente nominato, aveva evidenziato la mancanza di documentazione attestante la cessione dei crediti da Banca di Roma spa a Trevi Finance spa e del successivo mandato di gestione dei crediti conferito da quest’ultima (quale cessionaria/mandante), alla Banca di Roma spa, poi Capitalia spa (quale cedente/mandataria).

La SGC srl, quale mandataria di SARC srl, quale successore a titolo particolare di Trevi Finance spa, ricorre per Cassazione sulla base di cinque motivi, mentre, Campofiore sas di M.C., resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, la ricorrente deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 81 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in quanto, la Corte d’Appello aveva erroneamente escluso che il giudice di primo grado si fosse pronunciato in violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto, la società debitrice – con l’atto di opposizione all’esecuzione – si era limitata ad eccepire la carenza di legittimazione attiva dell’intervenuta Capitalia spa, senza svolgere alcuna eccezione in ordine alla titolarità del credito in capo alla cessionaria Trevi Finance spa, con la conseguenza che il giudice di prime cure non avrebbe potuto accogliere l’opposizione ritenendo non provata la titolarità del credito in capo alla medesima Trevi Finance spa.

Con il secondo motivo, la ricorrente prospetta il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 116 e 132 c.p.c., D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 58 e dell’art. 1262 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto, erroneamente, la Corte territoriale ha ritenuto che fosse onere della banca intervenuta nella procedura esecutiva fornire la prova della sua legittimazione quale mandataria di un soggetto titolare del relativo credito, mentre, ad avviso del ricorrente, in base al cit. D.Lgs. n. 385, art. 58, comma 2, si è inteso agevolare la realizzazione delle cessioni “in blocco” di rapporti giuridici, dispensando la banca cessionaria dall’onere di provvedere alla notifica della cessione alle singole controparti dei rapporti acquisiti. Infatti, quale presupposto di efficacia della cessione rispetto ai debitori ceduti è stata prevista la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, di un avviso di avvenuta cessione e nella specie, la banca intervenuta aveva essa stessa dichiarato di agire non quale titolare del credito, ma quale mandataria nella gestione del credito, che essa stessa aveva ceduto “in blocco” alla Trevi Finance spa, e ciò, era di per sè sufficiente a dimostrare l’avvenuta cessione del credito.

Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Si censura la statuizione secondo cui mancava la prova del mandato in favore di Capitalia spa anche perchè “la Banca di Roma di viale Tupini aveva come mandataria, da sue stesse dichiarazioni, la Capitalia service j.v. s.r.l., società diversa e distinta dalla Capitalia s.p.a.”. Si lamenta che la Corte d’appello non abbia considerato che Capitalia Service jv srl, intervenuta nel giudizio di opposizione, non si era mai dichiarata mandataria di Trevi Finance spa, bensì di Capitalia spa, a sua volta mandataria di Trevi Finance spa, come risulta dal suo atto di intervento, e che nel corso del giudizio di primo grado era stato prodotto, unitamente alle note critiche sulla relazione del CTU, la procura rilasciata l’11 ottobre 1999 da Trevi Finance spa in favore di Banca di Roma spa, poi divenuta Capitalia spa, per lo svolgimento del mandato di amministrazione, gestione, incasso e recupero dei crediti oggetto della cessione effettuata da Banca di Roma spa in favore di Trevi Finance spa con l’atto del 30 giugno 1999.

Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Si censura la mancata ammissione dei nuovi documenti prodotti in appello in quanto indispensabili a documentare la titolarità del credito in capo a Trevi Finance spa, ossia, in particolare, copia dell’atto di cessione del 30.6.1999 in favore di Trevi Finance spa da parte di Banca di Roma spa, nonchè del successivo atto di cessione del 27.12.2006 in favore di SARC srl da parte di Trevi Finance spa e della procura speciale 22.1.2007 in favore di SGC srl.

Con il quinto motivo, la ricorrente deduce il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto la Corte d’Appello non ha tenuto conto della documentazione presente in atti, relativa all’attestazione pubblicata sulla Gazzetta ufficiale sulla cessione dei crediti da Trevi Finance spa a Sarc srl dove si evincono i criteri per la determinazione dei crediti oggetto di cessione e i diversi passaggi nella successione nel credito, con particolare riferimento al fatto dell’avvenuto trasferimento a Sarc srl dei predetti crediti.

Il primo motivo è infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte “(…) la titolarità della posizione soggettiva attiva o passiva, vantata in giudizio è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito, sicchè spetta all’attore allegarla e provarla, salvo il riconoscimento o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione da parte del convenuto; le contestazioni da parte del convenuto, della titolarità del rapporto controverso dedotta dall’attore hanno natura di mere difese, proponibili in ogni fase del giudizio, senza che l’eventuale contumacia o tardiva costituzione assuma valore di non contestazione o alteri la ripartizione degli oneri probatori, ferme le eventuali preclusioni maturate per l’allegazione e la prova di fatti impeditivi, modificativi o estintivi della titolarità del diritto non rilevabili dagli atti; la carenza di titolarità attiva e passiva del rapporto controverso è rilevabile d’ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa” ed ancora: “(…) la titolarità costituendo un elemento costitutivo del diritto fatto valere in giudizio può essere negata dal convenuto con una mera difesa e cioè, con una presa di posizione negativa, che contrariamente alle eccezioni in senso stretto, non è soggetta a decadenza, ex art. 167 c.p.c., comma 2 (…). Pertanto, la questione che non si risolva in un’eccezione in senso stretto può essere posta dal convenuto anche oltre quel termine e può essere sollevata d’ufficio dal giudice” (Cass. sez. un. 2951/16, 22525/18).

Nel caso di specie, Capitalia spa, con l’intervento spiegato in sede esecutiva, si è dichiarata mandataria della Trevi Finance spa per avere a quest’ultima ceduto il proprio credito, mentre, l’eccezione del convenuto che si è limitato a dedurre che l’attore non fosse titolare del diritto azionato, alla stregua dei superiori principi regolatori della materia, deve essere considerata una mera difesa, non soggetta a decadenza, ex art. 167 c.p.c., come, invece, ritenuto dall’odierna ricorrente e a sua volta il giudice poteva rilevare d’ufficio, dagli atti, la carenza di titolarità del diritto (Cass. sez. un. 2951 cit.). Pertanto, la questione della mancata prova della titolarità del credito in capo alla cessionaria Trevi Finance spa, è stata ritualmente sollevata dalla convenuta e rilevata dal giudice, mentre, la Corte d’Appello ha accertato, sulla base della documentazione in atti, la mancata prova della cessione dei crediti da Capitalia spa a Trevi Finance spa e del successivo mandato di gestione dei crediti conferito da quest’ultima alla prima; va, quindi, evidenziato che il fatto che la questione sia sorta successivamente al deposito della ctu disposta dal giudice per dirimere tale questione, non fa divenire tardiva l’eccezione e ultra petita la decisione della Corte distrettuale.

Il secondo motivo è fondato, sotto il profilo che l’avvenuta cessione del credito oggetto di controversia da parte di Banca di Roma (poi divenuta Capitalia spa) in favore di Trevi Finance spa e il corrispondente rilascio del mandato di gestione dei crediti da parte di quest’ultima alla predetta Banca di Roma ben potevano essere dimostrati, salvo elementi contrari, mediante la relativa deduzione in giudizio da parte della cedente, cioè Capitalia spa già Banca di Roma spa. In effetti, la cedente/mandataria ha, anche, allegato il titolo della cessione da parte di Banca di Roma spa (poi Capitalia spa) a Trevi Finance spa, cessionaria/mandante e della successiva cessione del credito oggetto di controversia a favore di Sarc srl di cui S.G.C. srl è nel presente giudizio mandataria; la ritenuta non tempestività di tale produzione è oggetto del quarto motivo di censura, che verrà esaminato più avanti. E’, invece, infondato, il profilo di censura secondo cui per la prova della cessione del credito, sarebbe sufficiente la pubblicazione dell’avviso di cessione nella Gazzetta ufficiale, perchè quest’ultima non è sostitutiva della cessione stessa (Cass. n. 31188/17 – richiamata dal ricorrente – non afferma affatto il contrario, occupandosi invece del diverso profilo della indicazione, tanto nel contratto di cessione quanto nel relativo avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale delle caratteristiche identificative del “blocco” di crediti oggetto della cessione).

Il terzo motivo è fondato, in quanto la ricorrente ha riportato (cfr. p. 25 del ricorso, anche ai fini dell’autosufficienza) le premesse dell’atto di costituzione in primo grado di Capitalia service j.v. srl che non si è dichiarata, contrariamente a quanto si legge nella sentenza impugnata, mandataria della Banca di Roma spa, bensì mandataria di Capitalia spa a sua volta mandataria di Trevi Finance spa. Inoltre, ha prodotto la richiamata procura in data 11.10.1999.

Il quarto motivo è fondato, in quanto, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “Nel giudizio di appello, costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3, nel testo previgente rispetto alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, quella di per sè idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado” (Cass. n. 10790/17).

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha fondato il rigetto della domanda proprio sulla mancanza della prova relativamente alla cessione dei crediti dalla Banca di Roma spa alla Trevi Finance spa, sicchè appare evidente la decisività del documento ad essa relativo in grado d’appello.

Il quinto motivo è infondato, perchè, come già argomentato relativamente al secondo profilo del secondo motivo di ricorso, la pubblicazione dell’avviso della cessione del credito sulla Gazzetta Ufficiale non è decisivo al fine di dimostrare l’atto di cessione. Pertanto, in accoglimento del secondo, terzo e quarto motivo, rigettato il primo e il quinto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia, affinchè, alla luce dei principi sopra esposti, riesamini il merito della controversia.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Accoglie il secondo, terzo e quarto motivo, rigetta il primo e il quinto.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2020

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