Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9455 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. I, 09/04/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 09/04/2021), n.9455

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 7407/2019 proposto da:

S.M.H., rappresentato e difeso, come da procura

speciale in calce al ricorso per cassazione, dall’Avv. Berardo

Cerulli, e con lo stesso elettivamente domiciliato presso lo studio

legale dell’Avv. Simon Savini, in Roma, via Tacito, n. 23;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi, 12, presso gli

uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato.

– resistente –

avverso il decreto n. 469/2019 del Tribunale di L’Aquila, pubblicato

il 9 febbraio 2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’11/02/2021 dal consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. Con decreto del 9 febbraio 2019, il Tribunale di L’Aquila ha rigettato il ricorso proposto da S.M.H., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento negativo della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale, di cui chiedeva l’annullamento e, per l’effetto, il riconoscimento della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. Il richiedente ha dichiarato di avere lasciato il proprio paese a causa delle persecuzioni dei ribelli finalizzata ad ottenere il suo arruolamento nella lotta contro il governo (OMISSIS) e che aveva timore, nel caso di rientro in patria, di essere perseguitato e ucciso dai ribelli.

3. Il Tribunale ha ritenuto che non sussistano i requisiti richiesti dalla legge ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, tenuto conto dei motivi che avevano determinato la fuga del ricorrente dal (OMISSIS) e dell’evoluzione della situazione politica del paese a partire dal 2014, considerato una delle democrazie modello dell'(OMISSIS) e con una tradizione consolidata di governo civile; quanto alla protezione umanitaria, i giudici di merito hanno precisato che pur avendo il ricorrente dimostrato la volontà di integrarsi in Italia seguendo lezioni di lingua italiana, al contempo non svolgeva alcuna attività lavorativa, nè aveva intrapreso un percorso di formazione.

4. S.M.H. ricorre per la cassazione del decreto con atto affidato a tre motivi.

5. L’Amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il vizio di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14; del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g); del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e vizio di motivazione, non avendo il Tribunale, pure non contestando la non veridicità del racconto, considerato la condizione di destabilizzazione in cui versava il (OMISSIS) dove era in atto un conflitto tra gruppi antagonisti che rappresentava un danno grave ai sensi del D.Lgs. n. 215 del 2007, art. 14, lett. c), e soprattutto non avendo considerato che egli aveva rifiutato di arruolarsi con i ribelli dell’MFDC, fautori di una guerra di secessione avverso il governo (OMISSIS).

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, e vizio di motivazione, avendo il Tribunale trascurato che egli e il suo nucleo familiare avevano subito condotte violente e vessatorie per essersi opposti ai gruppi ribelli fomentatori di una guerra civile sanguinosa in (OMISSIS), ovvero la sussistenza di una situazione di vulnerabilità effettiva, essendo evidente lo sdradicamento dalla nazione di appartenenza e lo sforzo intrapreso per un percorso di inserimento nel tessuto sociale italiano.

3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero la verifica della natura degli scontri descritti, particolarmente endemici nella zona di provenienza dell’interessato, nonchè delle conseguenze persecutorie e afflittive nei suoi confronti, come emerso dal Report di Amnesty International 2018, Human Rights Watch e da molte testate giornalistiche richiamate da numerose ordinanze dei giudici di merito.

4. Il terzo motivo, che per ragioni di ordine logico e giuridico deve essere esaminato per primo, è fondato.

4.1 Ed invero il richiedente ha dichiarato di avere timore, nel caso di rientro in patria, di essere perseguitato e ucciso dai ribelli ai quali aveva opposto il suo rifiuto nella lotta al Governo e ha allegato che in (OMISSIS), come riscontrato anche nel Report Amnesty International 2018, Human Rights Watch e da molte testate giornalistiche internazionali, era in atto un conflitto tra forze antagoniste al di fuori di qualsivoglia controllo da parte delle autorità statali, che lo rendevano soggetto particolarmente esposto in ragione per l’appunto della sua vicenda personale e specificamente del rifiuto ad arruolarsi con i ribelli nella lotta contro il Governo.

4.2 A fronte di ciò, il Tribunale ha escluso la sussistenza di ipotesi riconducibili al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14 ritenendo che la condizione attuale del (OMISSIS), Paese di origine del richiedente, fosse una delle democrazie modello dell'(OMISSIS), ma nulla ha affermato sulle specifiche allegazioni del ricorrente in ordine al rischio paventato in caso di rientro nel paese di provenienza, alla luce peraltro della sua situazione personale e dei motivi che lo avevano spinto ad allontanarsi dal (OMISSIS).

Il Tribunale, infatti, in modo generico, ha evidenziato che non si poteva considerare ancora attuale per i cittadini (OMISSIS) il rischio di subire trattamenti inumani o degradanti, atteso che il nuovo regime si poneva in antitesi con quello precedente e che le prospettazioni del ricorrente non erano state sufficientemente provate alla luce della documentazione prodotta.

4.3 Ed invero, la valutazione della domanda di protezione internazionale deve avvenire, a mente del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, lett. a), tramite l’apprezzamento di tutti i fatti pertinenti che riguardano il paese di origine al momento dell’adozione della decisione.

Ciò fa il paio con l’obbligo, previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, di esaminare ciascuna domanda alla luce delle informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel paese di origine dei richiedenti asilo.

Queste norme dunque, oltre a sancire un dovere di cooperazione del richiedente asilo consistente nell’allegare, produrre o dedurre tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, pongono a carico dell’autorità decidente un più incisivo obbligo di informarsi in modo adeguato e pertinente alla richiesta, soprattutto con riferimento alle condizioni generali del paese d’origine, allorquando le informazioni fornite dal richiedente siano deficitarie o mancanti (Cass., 10 giugno 2020, n. 11175; Cass. 10 aprile 2015, n. 7333).

Una simile verifica officiosa deve essere compiuta con riguardo alla situazione del paese sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 20 maggio 2020, n. 9230; Cass., 22 maggio 2019, n. 13897; Cass. 28 giugno 2018, n. 17075).

Ne consegue che incorre nella violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, oltre che nel vizio di motivazione apparente, la pronuncia che, nel prendere in considerazione la situazione generale esistente nel paese di origine del cittadino straniero, si limiti a valutazioni solo generiche o comunque non individui le specifiche fonti informative da cui vengono tratte le conclusioni assunte.

4.4 Nel caso in esame, nell’assolvere all’onere imposto dalla legge, i giudici di merito avrebbero dovuto considerare la posizione del ricorrente apprezzando specificamente il timore di essere ucciso dai ribelli in seguito al suo rifiuto di arruolarsi con essi nella lotta contro il governo (OMISSIS), alla luce del dedotto conflitto tra forze antagoniste al di fuori di qualsivoglia controllo da parte delle autorità statali.

Si trattava di accertare, in particolare, se la minaccia, da parte di un gruppo armato propugnante la secessione di una parte del territorio nazionale (nella specie, i ribelli del movimento di (OMISSIS) – (OMISSIS), denominato (OMISSIS)), di arruolare con la forza nelle sue fila giovani residenti, costituisse una minaccia attuale di persecuzione per motivi di “opinione politica”, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 8, comma 1, lett. e).

5. Dall’accoglimento del terzo motivo, nei termini appena indicati, deriva l’assorbimento del primo e del secondo.

6. In conclusione, va accolto il terzo motivo e vanno dichiarati assorbiti il primo e il secondo; il decreto impugnato va cassato, in relazione alla censura accolta, e la causa va rinviata al Tribunale di L’Aquila, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il terzo motivo e dichiara assorbiti il primo e il secondo; cassa il decreto impugnato, in relazione alla censura accolta e rinvia la causa al Tribunale di L’Aquila, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

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