Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9454 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. I, 09/04/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 09/04/2021), n.9454

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18359/2019 proposto da:

L.B., elettivamente domiciliato in Ferrara, Via Guglielmo

degli Adelardi n. 61, presso lo studio dell’avv. Simona Maggiolini,

con procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il

13/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

11/02/2021 da Dott. NAZZICONE LOREDANA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

E’ proposto ricorso avverso il decreto del Tribunale di Bologna del 13.5.2019, n. 2251, il quale ha rigettato il ricorso in opposizione innanzi a sè contro il provvedimento della Commissione territoriale di diniego dell’istanza di riconoscimento della protezione internazionale e di quella umanitaria.

Il Ministero non si è costituito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi del ricorso vanno come segue riassunti:

1) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, comma 1, lett. g) e h), artt. 3, 14 e 16 oltre ad omesso esame di fatto decisivo, per non averlo ritenuto il Tribunale meritevole della protezione sussidiaria, non avendo adeguatamente valutato la situazione socio-politica del paese di provenienza, omettendo una approfondita istruttoria sul punto;

2) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3,4 e 5 oltre ad omesso esame di fatto decisivo, avendo il Tribunale ritenuto non credibile il ricorrente, pur avendolo ampiamente ascoltato in udienza innanzi a sè, non ritenendolo soggetto al rischio di persecuzione politica;

3) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 14 e 16 oltre ad omesso esame di fatto decisivo, in quanto egli compì attività politica, che lo espone a repressioni nel suo paese;

4) omesso esame di fatto decisivo, con riguardo all’incidente stradale avvenuto nel (OMISSIS) al richiedente, che il tribunale infondatamente non ha ritenuto ricollegato alla sua vicenda politica;

2. – Il decreto impugnato ha osservato – dopo l’audizione del richiedente, il quale ha ivi narrato di essere fuggito dal suo paese per ragioni politiche risalenti nel tempo – che: il racconto reso dal ricorrente, cittadino del (OMISSIS), innanzi alla Commissione e al Tribunale è credibile soltanto quanto all’avere preso parte all’associazione ed al partito di opposizione negli anni 2012-2013, ma è rimasto del tutto generico e non credibile quanto ai pretesi episodi, peraltro ampiamente risalenti nel tempo, di cui sarebbe stato vittima, adeguatamente argomentando il Tribunale le plurime carenze del racconto al riguardo e l’assoluta evanescenza di ogni dettaglio o notizia, oltre alle intime contraddizioni; tale inattendibilità del ricorrente induce ad escludere i presupposti dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, di cui alle fattispecie sub D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); è da escludere anche la fattispecie di cui al suddetto art. 14, lett. c) in quanto dall’esame ampio delle fonti esaminate non si desume la sussistenza di una situazione di violenza generalizzata derivante da conflitto armato nella regione di provenienza; non è, infine, riconoscibile la protezione umanitaria per la mancata allegazione di condizioni individuali di vulnerabilità.

3. – Ciò posto, il ricorso è inammissibile.

In tutti i suoi motivi, invero, esso si sostanzia nel tentativo di riproporre l’esame dei fatti, ampiamente compiuto e largamente argomentato dal giudice del merito, ed invece precluso in sede di legittimità.

Invero, le doglianze del ricorrente consistono nella mera riproposizione di rilievi già sottoposti al Tribunale in relazione a una situazione di minaccia alla quale egli sarebbe sottoposto nel suo paese di origine; ed il richiedente sostiene che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto non credibile la narrazione del richiedente e non avrebbe operato i necessari accertamenti in adempimento del dovere di cooperazione istruttoria: tuttavia, tali motivi i) non sono riconducibili ad una censura di violazione di legge, dal momento che non mettono in alcun modo in discussione il significato e la portata applicativa della disposizione richiamata in rubrica, ma si limitano a censurare la concreta applicazione che di esse il giudice di merito ha fatto, sulla base del materiale istruttorio giudicato rilevante, per i fini del rigetto della domanda proposta; ii) non sono neppure riconducibili ad una censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, giacchè si omette totalmente di individuare un qualche fatto storico che il giudice di merito non avrebbe considerato.

Il giudice del merito – con argomentazione approfondita, la quale fa perno su profili cronologici e contraddittorietà del racconto – non ha ritenuto il racconto verosimile nei punti di rilievo, confermando le valutazioni della Commissione: e, al riguardo, questa Corte ha chiarito come “In tema di protezione internazionale, l’attenuazione dell’onere probatorio a carico del richiedente non esclude l’onere di compiere ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. a) essendo possibile solo in tal caso considerare “veritieri” i fatti narrati; la valutazione di non credibilità del racconto, costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito il quale deve valutare se le dichiarazioni del richiedente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c) ma pur sempre a fronte di dichiarazioni sufficientemente specifiche e circostanziate” (Cass. 30 ottobre 2018, n. 27503) e “In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona; qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 27 giugno 2018, n. 16925; e v. Cass. 5 febbraio 2019, n. 3340, fra le molte): ed il giudice del merito – come già prima la commissione – ha esaminato le dichiarazioni del richiedente, con proprio accertamento insindacabile in fatto, ed ha motivato largamente le ragioni per cui esse sono inattendibili ed inaffidabili.

Inoltre, a fronte dei generici rilievi del richiedente, il Tribunale ha correttamente applicato il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui in tema di protezione internazionale, il disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 1, nell’imporre al richiedente di presentare tutti gli elementi e la documentazione necessari a motivare la domanda, costituisce un aspetto del più generale dovere di collaborazione istruttoria a cui lo stesso è tenuto, ma non fissa una regola di giudizio, sicchè la scelta degli elementi probatori e la valutazione di essi, ai sensi del successivo comma 3, lett. b), rientrano nella sfera di discrezionalità del giudice di merito, il quale non è obbligato a confutare dettagliatamente le singole argomentazioni svolte dalle parti su ciascuna delle risultanze probatorie, nè a compiere l’analitica valutazione di ciascun documento prodotto, ma deve soltanto fornire, mediante un apprezzamento globale della congerie istruttoria raccolta, un’esauriente e convincente motivazione sulla base degli elementi ritenuti più attendibili e pertinenti (e plurimis, Cass. 30 agosto 2019, n. 21881; 12 giugno 2019, n. 15794).

Dunque, il ricorrente a null’altro mira che a riprodurre il giudizio sul fatto e, sotto il velo della denuncia di violazione di legge e di vizio motivazionale, ha in realtà inteso rimettere inammissibilmente in discussione l’accertamento di merito svolto dal Tribunale.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

4. – Non occorre provvedere sulle spese di lite, non svolgendo difese l’intimato.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

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