Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9452 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. I, 09/04/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 09/04/2021), n.9452

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18354/2019 proposto da:

O.A., elettivamente domiciliato in Ferrara, Via

Guglielmo degli Adelardi n. 61, presso lo studio dell’avv. Simona

Maggiolini, con procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di BOLOGNA, depositato il

13/02/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

11/02/2021 da Dott. NAZZICONE LOREDANA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

E’ proposto ricorso, sulla base di tre motivi, avverso il decreto del Tribunale di Bologna del 13.2.2019, n. 853, il quale ha rigettato il ricorso in opposizione innanzi a sè contro il provvedimento della Commissione territoriale di diniego dell’istanza di riconoscimento della protezione internazionale e di quella umanitaria.

Il decreto impugnato ha osservato – dopo l’audizione del richiedente, il quale ha ivi narrato di essere fuggito dal suo paese per evitare persecuzioni di natura religiosa e familiare – che: il racconto reso dal ricorrente, cittadino nigeriano dell’Edo State, innanzi alla Commissione e al Tribunale è generico e non credibile, ampiamente argomentando le carenze del racconto e l’assoluta evanescenza di ogni dettaglio o notizia, ignorata dal soggetto, nonchè la lontananza nel tempo dei fatti narrati; tale inattendibilità del ricorrente induce ad escludere i presupposti dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, di cui alle fattispecie del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, sub lett. a) e b); nè egli ha neppure dedotto di essersi rivolto alle autorità del suo paese per avere protezione dall’asserita minaccia proveniente dagli zii paterni; è da escludere anche la fattispecie di cui del suddetto art. 14, lett. c), in quanto dall’esame ampio delle fonti esaminate non si desume la sussistenza di una situazione di violenza generalizzata derivante da conflitto armato nella regione di provenienza; non è, infine, riconoscibile la protezione umanitaria per la mancata allegazione di condizioni individuali di vulnerabilità.

Il Ministero non si è costituito.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi del ricorso vanno come segue riassunti:

1) violazione dell’art. 16 direttiva n. 32/13/UE e art. 2729 c.c., avendo il Tribunale ritenuto non credibile il ricorrente, pur avendolo ampiamente ascoltato in udienza innanzi a sè, senza però porlo in condizioni di chiarire le ritenute discrepanze di quanto dichiarato;

2) violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27, in quanto il Tribunale non avrebbe adeguatamente valutato la situazione socio politica del paese di provenienza, omettendo una approfondita istruttoria sul punto, da cui sarebbe invece emerso che la zona è caratterizzata da conflitto generalizzato e comunque da azioni che interessano gravemente anche la popolazione civile;

3) violazione degli artt. 6,13 Convenzione EDU, art. 47 Carta diritti fondamentali UE, art. 46 direttiva n. 32/13/UE, artt. 24 e 111 Cost., per aver il giudice omesso l’esame completo degli elementi di fatto e di diritto della fattispecie, e per non aver ritenuto il ricorrente meritevole almeno della protezione umanitaria.

2. – Il ricorso è inammissibile.

Al pari di quanto già ritenuto da questa S.C. in casi analoghi (con lo stesso difensore: cfr. Cass. 26 gennaio 2021, n. 1718; Cass. 2 novembre 2020, n. 24256), il ricorso non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che, essendo considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una esposizione che idonea a garantire alla Corte di cassazione, di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. sez. un. 11653 del 2006).

La prescrizione del requisito risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass. sez. un. 2602 del 2003).

Stante tale funzione, per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed in fine del tenore della sentenza impugnata.

Il fatto è descritto alla pagina 2 del ricorso, il quale però riporta semplicemente la menzione del primo grado di giudizio, senza esporre le ragioni poste a sostegno della istanza innanzi alla Commissione e di quelle che ne hanno determinato il rigetto innanzi al Tribunale.

Le domande introduttive sono descritte semplicemente dicendo che “con ricorso depositato presso il competente Tribunale Civile di Bologna, il sig. (…) impugnava il provvedimento di rigetto chiedendo, sulla base delle motivazioni in esso esposte, in via principale il riconoscimento dello status di rifugiato, in subordine della protezione internazionale, ed in ulteriore subordine il diritto ad ottenere la protezione c.d. umanitaria. Il Tribunale adito, con ordinanza, rigettava il ricorso proposto”: palesando, addirittura, di riferirsi ad altro giudizio, in cui il tribunale provvede con ordinanza e non con decreto.

Nessuna menzione è fatta dei propri motivi, nè delle ragioni del rigetto.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

3. – Non occorre provvedere sulle spese di lite, non svolgendo difese l’intimato.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

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