Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9448 del 21/04/2010
Cassazione civile sez. III, 21/04/2010, (ud. 16/03/2010, dep. 21/04/2010), n.9448
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VARRONE Michele – Presidente –
Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –
Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –
Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –
Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 14168/2006 proposto da:
IMPRESA GNAN RODOLFO & C SNC in persona del legalo
rappresentante
G.R. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,
PIAZZA DELLA LIBERTA’ 10, presso lo stadio dell’avvocato BALAS
GIAMPAOLO, rappresentato e difeso dall’avvocato MATERA Antonio con
delega in calce al ricorso;
– ricorrente –
e contro
L.G., C.C.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 205/2005 del TRIBUNALE di VENEZIA Sede
Distaccata di PORTOGRUARO, emessa depositata il 12/12/2005; R.G.N.
14761/C/2004;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
16/03/2010 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;
udito il P.M., in persona del Sostituito Procuratore Generale Dott.
VELARDI Maurizio, che ha concluso per l’accoglimento.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 12 dicembre 2005 il Tribunale di Venezia accoglieva l’appello proposto da L.G. e C.C. contro la sentenza del 16 marzo 2004, con la quale il Giudice di Pace di Portogruaro aveva respinto la domanda degli appellanti, dispiegata nei confronti dell’impresa GNAN Rodolfo & C. s.n.c., volta ad ottenere il risarcimento dei danni, quantificati in Euro 1.450,00 più IVA o nella diversa somma ritenuta di giustizia, asseritamente cagionati dall’impresa alla tenda esterna del loro esercizio commerciale.
Avversa siffatta decisione propone ricorso per cassazione l’impresa su indicata, affidandosi ad un unico articolato motivo.
Non hanno svolto attività difensiva gli intimati.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con l’unico motivo (art. 360 c.p.c., n. 5, per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione; violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione alle norme sul giudicato), la ricorrente lamenta che il giudice dell’appello avrebbe errato nel non ritenere fondata la domanda ai sensi dell’art. 1218 c.c..
Peraltro, poichè l’appello degli attuali intimati non si era svolto sulla circostanza, ritenuta nella sentenza di primo grado, che la tenda fosse stata posizionata su indicazione degli stessi, si sarebbe formato “un giudicato parziale”, non considerato dal giudice dell’appello (p. 9-10 ricorso).
Il primo profilo è inammissibile.
Di vero, come è giurisprudenza consolidata, (di recente ribadita da S.U. n. 24772/08, p. 62-63, in motivazione) la ricorrente richiede a questa Corte non già il controllo sulla logicità della motivazione, ma una rivalutazione di fatti attuata dal giudice del merito, avendo presenti sia la testimonianza del teste N.A., escusso in sede di appello, sia le dichiarazioni del rappresentante legale della società, che ammise di aver depositato la tenda sopra una terrazza per effettuare i lavori condominiali, sia la documentazione fotografica prodotta in giudizio, peraltro mai contestata dall’attuale ricorrente: tutti elementi che smentivano il suo assunto circa la inesistenza di difetti della tenda al momento della rimozione.
E’, peraltro, indubbio che l’impresa ebbe a prendere in custodia la tenda e secondo la diligenza del buon padre di famiglia avrebbe dovuto restituirla immune da difetti, perchè non preesistenti alla sua allocazione sulla terrazza, avendo, da quel momento, l’appaltatore assunto anche la custodia della tenda.
Infatti, risulta pacifico che l’obbligo di prendere in custodia la tenda fu preso dall’impresa, che ne divenne depositarla e, quindi, era tenuta fornire la prova liberatoria in ordine ai danni rinvenuti alla riconsegna sulla stessa (giurisprudenza costante): prova ritenuta mancante dal giudice del gravame.
La stessa ricorrente riconosce l’ineccepibilità delle argomentazioni addotte dal giudice dell’appello (p. 7 ricorso) salvo a divergere dalla decisione, perchè essa non sarebbe stata che un nudus minister dei proprietari di essa, attuandone le specifiche direttive (p. 9 ricorso).
Ma questa deduzione urta contro il rapporto di fatto che si costituisce con la cosa custodita e della cui rovina risponde solo il detentore.
Ne consegue l’assorbimento del secondo profilo, tenuto conto che l’eventuale mancanza di impugnazione da parte degli appellanti circa la statuizione del giudice di primo grado sulla circostanza, da lui ritenuta, dell’aver impartito gli ordini sul dove sistemare la tenda costituisce circostanza ininfluente sugli obblighi cui è tenuto il depositario.
Peraltro, il profilo sembra inammissibile, in quanto carente del requisito di autosufficienza.
Non si riporta, infatti, il motivo dell’appello, che f conforterebbe l’assunto della ricorrente, ma che, a quanto è dato leggere nella parte narrativa della sentenza impugnata (p. 2), smentisce l’assunto della stessa.
In conclusione, il ricorso va respinto. Nulla va disposto per le spese di questo grado.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2010