Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9446 del 22/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 22/05/2020, (ud. 30/01/2020, dep. 22/05/2020), n.9446

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

F.LLI M. di GIUSEPPE s.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, M.R. e M.F.,

tutti elettivamente domiciliati in Bassano del Grappa, largo Parolin

54 presso lo studio dell’Avv. Gianpietro Contarin che li rappresenta

e difende per procura a margine del ricorso.

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12 preso gli

Uffici dell’Avvocatura Generale di Stato dalla quale è

rappresentata e difesa.

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 50/24/13 della Commissione

tributaria regionale del Veneto, sezione di Venezia-Mestre,

depositata il 3 luglio 2013.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

30 gennaio 2020 dal relatore Cons. Roberta Crucitti.

Fatto

RILEVATO

che:

in esito ad una verifica della Guardia di Finanza nei confronti della F.lli M. di Giuseppe s.r.l., vennero notificati alla Società avvisi di accertamento, relativi a IVA e IRPEG per l’anno 2005 e, in virtù della presunzione di distribuzione extracontabile di utili, ulteriori avvisi, ai fini dell’IRPEF della stessa annualità, vennero notificati a soci M.F. e M.R.;

i ricorsi proposti dalla Società e dai soci vennero, previa riunione, parzialmente accolti dalla Commissione tributaria di prima istanza (con rideterminazione dei ricavi ai fini dell’IRPEG e della somma dovuta ai fini dell’IVA) e tale decisione, appellata dai contribuenti, venne parzialmente riformata dalla Commissione tributaria regionale del Veneto (d’ora in poi, per brevità, C.T.R.) la quale, con la sentenza indicata in epigrafe, dichiarava che gli utili distribuiti debbano essere tassati in capo ai singoli soci al 40% del loro valore così come stabilito dall’art. 47 del TUIR;

in particolare, il Giudice di appello – rilevato che, nelle more del giudizio, la Società aveva definito, avvalendosi del condono, con pagamento di quanto dovuto relativamente all’unico avviso di accertamento inferiore ai 20.000 Euro- riteneva che le presunzioni fornite dall’Ufficio, quali l’importo maggiore dei mutui stipulati dagli acquirenti gli immobili rispetto ai prezzi dichiarati e le dichiarazioni rilasciate dagli stessi acquirenti, fossero idonee a fondare l’accertamento ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, commi 2 e 3, di maggiori ricavi e quindi di distribuzioni di utili;

in ordine a tale ultimo punto riteneva, però, di accogliere l’appello, rilevando che illegittimamente l’Ufficio aveva operato una duplice imposizioni tassando, a monte, gli utili della Società e poi, a valle, quelli dei singoli soci vanificando quanto espressamente previsto dall’art. 47 laddove prevedeva detta tassazione al 40%;

avverso la sentenza la Società e i soci hanno proposto ricorso, articolato su tre motivi;

l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso;

il ricorso è stato fissato in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e dell’art. 380-bis 1 c.p.c., introdotti dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1-bis convertito, con modificazioni, dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1 Con il primo motivo -rubricato: violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2 e art. 42, commi 2 e 3 – del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 55 e 56 – Omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione-Elusione dell’obbligo di specifica motivazione in ordine ai presupposti legittimanti l’accertamento induttivo puro-nullità delle rettifiche ai fini redditi/IRES, IVA ed IRAP e nullità derivata delle rettifiche IRPEF – i ricorrenti si dolgono, nella sostanza, che il Giudice di appello abbia omesso qualunque giudizio in merito alla dedotta causa di nullità (ovvero la mancata motivazione nell’avviso impugnato della sussistenza dei presupposti per procedere ad accertamento induttivo) limitandosi a affermare che “gli avvisi originariamente impugnati risultano essere ben motivati e privi di quei vizi formali e sostanziali ipotizzati” confondendo probabilmente il merito della vicenda con la questione formale della sussistenza di specifica motivazione in ordine al presupposto dell’accertamento induttivo;

1.1 il mezzo di impugnazione è inammissibile; lo stesso, infatti, proposto (per come si legge in rubrica) per violazione di legge e omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione, non esplicita poi, in seno all’illustrazione, le effettive censure, mosse sotto tali profili, alla sentenza impugnata se non quella sopra riportata (che parrebbe integrare nei termini in cui è formulato un’omessa pronuncia, nella specie insussistente, ovvero un vizio di motivazione non più proponibile, ai sensi del vigente disposto dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5);

in detta ipotesi, la giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 26790 del 23/10/2018; id. n. 7009 del 2017;24493 del 2018; Sezioni Unite n. 9100 del 2015), è ferma nel ritenere che ” in materia di ricorso per cassazione, l’articolazione in un singolo motivo di più profili di doglianza costituisce ragione d’inammissibilità quando non è possibile ricondurre tali diversi profili a specifici motivi di impugnazione, dovendo le doglianze, anche se cumulate, essere formulate in modo tale da consentire un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, al fine di ricondurle a uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse”;

2. con il secondo motivo, si deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di fatti decisivi in ordine ai maggiori ricavi (e maggiori utili da partecipazione) accertati;

2.1 la censura è fondata; la motivazione resa dalla C.T.R., in ordine alla concreta determinazione dei ricavi, non tiene conto di tutti gli ulteriori elementi di fatto (riprodotti in ricorso) che le erano stati offerti in ordine alle singole e diverse tipologie di immobili ed altre circostanze relative all’effettivo prezzo corrisposto;

invero, il Giudice di appello nel motivare il suo convincimento – facendo riferimento allo scostamento tra il prezzo dichiarato e l’importo dei mutui chiesti dagli acquirenti e alle dichiarazioni rilasciate da quest’ultimi, e giungendo alla conclusione della correttezza del prezzo realmente pagato dagli acquirenti sulla base della considerazione che non fosse ipotizzabile che nello stesso periodo alloggi compresi nello stesso fabbricato scontino prezzi molto differenti tra loro – ha, del tutto, omesso l’esame del fatto, allegato dai contribuenti ma risultante dallo stesso avviso di accertamento, che gli immobili si trovavano in diverse zone della città, e anche in città diverse e che, per alcune zone e per alcune annualità, non erano disponibili neanche i valori OMI;

3. con il terzo motivo si deduce la violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 47 (TUIR) laddove la C.T.R. aveva ritenuto di applicare detta norma, ritenendo imponibile, ai fini irpef, il reddito di impresa al lordo delle imposte a carico della società, mentre, secondo la prospettazione difensiva tale rilievo andava applicato all’utile civilistico, rispondendo a criteri di ragionevolezza che la supposta distribuzione fosse stata posta in essere previo accantonamento delle imposte dovute dalla società su apposito fondo extra contabile detenuto dalla società o da persona di sua fiducia;

3.1 la censura è inammissibile per difetto di specificità. Il mezzo di impugnazione, infatti, non riproduce il motivo di impugnazione che la C.T.R. ha ritenuto di accogliere, seppure in termini non condivisi dagli stessi appellanti oggi ricorrenti. Tale modalità di redazione del mezzo di impugnazione preclude a questa Corte la valutazione della stessa ammissibilità della doglianza;

4. in conclusione, accolto il solo secondo motivo, inammissibili il primo e il terzo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla C.T.R. del Veneto, in diversa composizione, che procederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e a regolare le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso, inammissibili il primo e il terzo;

cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione, il 30 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2020

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