Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9445 del 30/04/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9445 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: PERRINO ANGELINA MARIA

SENTENZA
sul ricorso iscritto al 6864 del ruolo generale dell’anno
2009, proposto
da
Agenzia delle entrate, in persona del direttore pro
tempore, rappresentato e difeso dall’avvocatura dello
Stato, presso gli uffici della quale in Roma, alla via dei
Portoghesi, n. 12, domicilia

54-5

– ricorrentecontro

Ventura Gregorini Giovanni Andrea
-intimatoper la cassazione della sentenza della Commissione
tributaria regionale della Lombardia, sezione 22°,
depositata in data 27 novembre 2008, n. 99/22/08;

RG n. 6864/09
Angelina- kria

estensore

Data pubblicazione: 30/04/2014

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udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in data 12
febbraio 2014 dal consigliere Angelina-Maria Perrino;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore
generale Giovanni Giacalone, che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso per quanto di ragione

In esito a controllo della dichiarazione dei redditi relativi
all’anno d’imposta 2000, l’Agenzia delle entrate notificò al
contribuente una cartella di pagamento concernente l’omesso o
carente versamento di imposta sostitutiva su plusvalenze da
cessione a titolo oneroso di partecipazioni sociali.
Il contribuente impugnò la cartella, eccependo, per quanto
ancora d’interesse, l’insussistenza del presupposto impositivo,
giacché la cessione di quote societarie in realtà era un negozio
simulato, che schermava un prestito di danaro della sorella.
La Commissione tributaria provinciale accolse il ricorso,
ravvisando nel contratto di cessione una simulazione assoluta e
affermando che l’Agenzia delle entrate non si era costituita.
La sentenza è stata confermata dalla Commissione tributaria
regionale in relazione ad entrambe le valutazioni, facendo leva,
quanto alla prima, su una pronuncia del Tribunale di Milano che,
estinguendo il processo intercorso tra il contribuente e la sorella, ha
dato atto della conciliazione giudiziale intercorsa fra le parti, che
prevedeva la retrocessione della quota a Ventura Gregorini
Giovanni Andrea e, quanto alla seconda, che la tardività del
deposito dell’atto di costituzione dell’ufficio equivale alla sua
mancata costituzione.
Propone ricorso l’Agenzia delle entrate per ottenere la
cassazione della sentenza, affidandolo a tre motivi.
RG n. 6864/09
Angelina-Maria

Fatto

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Il contribuente non si difende.
Diritto
/.- I primi due motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente,

in quanto afferenti alla medesima censura, con i quali,
rispettivamente, la ricorrente si duole:

sentenza per violazione degli articoli 23 e 32 del decreto legislativo
546 del 1992 nonché degli articoli 166 e 167 del codice di
procedura civile, là dove ha considerato non costituita l’Agenzia
delle entrate per l’inutile decorso del termine di venti giorni
stabilito dall’articolo 32 del decreto legislativo numero 546/92, che,
invece, si riferisce al deposito di documenti e di memorie, così
privando l’ufficio del diritto di difendersi in giudizio —primo
motivo;
-ex articolo 360, 1° comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli
articoli 23 e 32 del decreto legislativo 546 del 1992 nonché degli
articoli 166 e 167 del codice di procedura civile, là dove la sentenza
ha considerato non costituita l’Agenzia delle entrate per l’inutile
decorso del termine di venti giorni stabilito dall’articolo 32 del
decreto legislativo numero 546/92, che, invece, si riferisce al
deposito di documenti e di memorie, così privando l’ufficio del
diritto di difendersi in giudizio —secondo motivo,
sono infondati, perché carenti d’interesse ad agire.
E ciò in quanto le doglianze dell’Agenzia paiono meramente
astratte: per un verso, in secondo grado l’ufficio ha compiutamente
esplicato le proprie difese e, per l’altro, col ricorso per cassazione
non ha dedotto la violazione dell’articolo 59, 10 comma, lettera b),
del decreto legislativo numero 546 del 1992, che, nella
prospettazione proposta in appello e riportata nella sentenza
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Angelina-Maria

ore

-ex articolo 360, 10 comma, n. 4, c.p.c., della nullità della

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impugnata, sarebbe conseguita all’erronea valutazione della
Commissione provinciale relativa alla mancata costituzione in
giudizio. Non può che essere ribadito, allora, il consolidato
orientamento della Corte (per l’espressione del quale, vedi, da
ultimo, Cass. 27 settembre 2013, n. 22289), secondo cui

dell’attività giudiziaria, garantendo soltanto l’eliminazione del
pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del
denunciato error in procedendo.
3. -Col terzo motivo di ricorso, proposto ex articolo 360, 1°
comma, n. 5, c.p.c., l’Agenzia delle entrate lamenta l’insufficiente
motivazione circa il fatto controverso e decisivo costituito dalla
natura simulata del contratto di cessione stipulato dal contribuente.
3.1.-La censura è fondata e va accolta.
La sentenza sostiene che la cessione sia stata negozio affetto da
simulazione assoluta, facendo leva sulla pronuncia del Tribunale di
Milano che, estinguendo il processo, ha dato atto della intervenuta
conciliazione tra le parti alla condizione che «Ventura Gregorini
Giovanni Andrea pagherà a Ventura Gregorini Luisa l’equivalente
in euro di lire 500 milioni, oltre interessi legali dal 13.04.2000,
dietro retrocessione della quota del 24% della Vefin entro il
30.7.2005, termine concordemente considerato tassativo dalle
parti».
3.2.-Ebbene, è la stessa pattuizione negoziale richiamata ad
escludere la simulazione assoluta.
3.3.-È difatti occorsa, nella stessa ricostruzione della sentenza
impugnata, una conciliazione —non essendo, invece, emersa,
l’esistenza di una controscrittura fra le parti-, quindi, un successivo
contratto, che ha propiziato l’estinzione del giudizio in corso, per
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Angelina-Mari Pe f estensore

l’ordinamento non tutela il mero interesse all’astratta regolarità

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retrocedere al contribuente la quota, in cambio della versamento
della somma di lire 500 milioni. E giova rilevare che:
-per un verso, la quota, per essere retrocessa, necessariamente
era stata ceduta, secondo il principio generale in virtù del quale per
elidere l’effetto traslativo prodottosi occorre un contrarius actus,
-per altro verso, il versamento della somma di lire 500 milioni,
innestandosi in un contrarius actus, richiede, almeno sul piano
logico, che una somma almeno equivalente sia stata corrisposta
perché prevista dal contratto precedente.
3.4.-La motivazione è dunque illogica e manifestamente
contraddittoria, evidenziando, proprio in base alle circostanze di
fatto evidenziate, che il contratto di cessione è stato vero e reale.
4.-Ciò posto, la Corte ha più volte rimarcato che la plusvalenza
fiscalmente rilevante collegata ad una cessione si realizza al
momento della conclusione del contratto, mentre non hanno rilievo
alcuno le vicende successive relative all’adempimento degli
obblighi contrattuali od all’estinzione dell’obbligazione per effetto
di una transazione con carattere novativo, oppure di un negozio di
risoluzione del precedente contratto per mutuo dissenso,
quest’ultimo essendo, per giunta, inopponibile, ai sensi dell’art.
1372, 2° comma, c.c., ai terzi e, quindi, anche all’amministrazione
finanziaria (Cass. 23 febbraio 2011, n. 4366).
4. /.-Ed anzi, con specifico riguardo al contratto con il quale

siano trasferite quote di una società dietro pagamento di un prezzo,
si è aggiunto che la sola stipula del contratto in questione
costituisce il presupposto richiesto ai fini dell’imposta sostitutiva
sulle plusvalenze, a nulla rilevando il mancato pagamento del
corrispettivo pattuito, con l’ulteriore conseguenza che la successiva
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Angelina-Mari Perriteiore

rappresentato dalla retrocessione;

nem DA REGISTRAZIONE

AI SENSI DEL D.P.R. 2614/1986
N. 131 TAB. ALL. B. N. 5

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MATERIA TRIBUTARIA

risoluzione dello stesso contratto per mutuo dissenso non può avere
alcuna rilevanza nei confronti dei terzi ed a maggior ragione nei
confronti dell’erario (Cass. 19 dicembre 2008, n. 29745).
5.-La sentenza va in conseguenza cassata, con rinvio ad altra
sezione della Commissione tributaria regionale della Lombardia,

narrativa della sentenza che il contribuente aveva formulato
richieste subordinate.
per questi motivi
La Corte:

-accoglie il ricorso;
-cassa sul punto la sentenza impugnata;
-rinvia, anche per la regolazione delle spese, ad altra sezione della
Commissione tributaria regionale della Lombardia.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione quinta
civile, il 12 febbraio 2014.

che esaminerà le ragioni rimaste assorbite, emergendo dalla

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