Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9442 del 21/04/2010

Cassazione civile sez. III, 21/04/2010, (ud. 08/03/2010, dep. 21/04/2010), n.9442

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. TALEVI Alberto – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2698/2006 proposto da:

D.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA NOMENTANA 911, presso lo studio dell’avvocato MARCHI

Gigliola, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MURATORI LEOPOLDO giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

T.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4173/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

Sezione Quarta Civile, emessa il 30/9/2004, depositata il

24/11/2004, R.G.N. 11050/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

08/03/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per l’inammissibilità, rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 19 ottobre 2000 D.A. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Roma a istanza di T.S., per il pagamento dell’importo di L. 3.960.000, oltre interessi e spese, dovuto a titolo di restituzione del deposito cauzionale a suo tempo versato.

Spiegava inoltre domanda riconvenzionale volta ad ottenere la condanna della controparte al pagamento di somme per canoni e oneri condominiali non corrisposti nonchè per danni arrecati all’immobile de quo.

Con sentenza del 22 gennaio 2002 il Tribunale dichiarava inammissibile l’opposizione nonchè la domanda riconvenzionale del T..

Proposto gravame dal soccombente, la Corte d’appello di Roma, in data 30 settembre 2004, lo respingeva.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione D. A., formulando tre motivi e notificando l’atto a T.S..

L’intimato non ha svolto alcuna attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 Col primo motivo l’impugnante lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 325 cod. proc. civ.. Evidenzia che, essendo stato il decreto ingiuntivo notificato il 22 agosto 2000, il termine di quaranta giorni per proporre opposizione andava a scadere il 26 ottobre successivo. Conseguentemente l’atto di citazione in opposizione, notificato all’opposto il 19 ottobre 2000, nel domicilio eletto presso il procuratore, e il 20 ottobre nel suo domicilio personale, era tempestivo.

1.2 La censura è per certi aspetti inammissibile, per altri infondata.

La Corte territoriale ha ritenuto corretta la declaratoria di inammissibilità dell’opposizione pronunciata dal Tribunale rilevando che, ai sensi degli artt. 645 e 648 cod. proc. civ., l’opposizione all’ingiunzione, qualora il ricorrente sia rappresentato in giudizio da un procuratore legale, deve essere notificata nel domicilio indicato in ricorso e che nessuna efficacia hanno eventuali notifiche successive effettuate in luogo diverso. Ha quindi evidenziato che nella fattispecie la notifica valida era intervenuta il 19 ottobre 2000, mentre priva di effetti era quella portata a compimento il giorno successivo a mani di familiari dello stesso T.. In tale contesto il dies a quo del termine di dieci giorni di cui all’art. 165 cod. proc. civ., doveva farsi decorrere dal 19 ottobre 2000, di talchè l’atto di opposizione, iscritto a ruolo il 30 ottobre 2000, era tardivo.

Questa essendo la ratio decidendo del provvedimento impugnato, il motivo di ricorso svolge all’evidenza censure eccentriche rispetto ad essa. Non già di tempestività della notifica dell’opposizione ha invero parlato il giudice a quo, ma piuttosto di tempestività della sua iscrizione a ruolo, correttamente applicando il principio per cui nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo la tardiva costituzione dell’opponente deve essere equiparata alla sua mancata costituzione e comporta, indipendentemente dalla circostanza che l’opposto si sia costituito entro il termine assegnatogli, l’improcedibilità dell’opposizione (confr. Cass. civ., 8 marzo 2005, n. 5039; Cass. civ., 14 giugno 2007, n. 13911).

2.1 Col secondo mezzo l’impugnante denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e 325 cod. proc. civ., nonchè mancanza di motivazione, per avere i giudici di appello esteso l’inammissibilità dell’opposizione a ogni pretesa introdotta con l’atto di citazione, così facendo malgoverno del principio per cui l’autorità del giudicato sostanziale, ex art. 2909 cod. civ., compete alle sole sentenze di merito e a quelle che statuiscono sulla competenza.

2.2 Le critiche sono fondate per le ragioni che seguono .

Dalla sentenza impugnata risulta che l’opponente, oltre a contestare la sussistenza dei presupposti per la restituzione del deposito cauzionale, ha chiesto, in via riconvenzionale, il pagamento dell’adeguamento ISTAT dovuto per gli anni dal 1993 al 1997, i canoni maturati tra (OMISSIS), tra febbraio e aprile 1997, gli oneri condominiali, nonchè il costo delle riparazioni dei gravi danni arrecati all’immobile dal conduttore.

Ora, va anzitutto confutato l’assunto che l’inammissibilità rectius, l’improcedibilità) della proposta opposizione precluda sempre e tout court l’esame del merito delle domande riconvenzionali con essa spiegate.

Dalla improseguibilità del mezzo consegue invero soltanto il passaggio in giudicato della statuizione contenuta nel provvedimento monitorio. E tale effetto è idoneo a paralizzare lo scrutinio sul fondamento delle domande riconvenzionali spiegate con l’atto di opposizione se e nella misura in cui esse siano incompatibili con l’accertamento divenuto incontestabile. Questa Corte ha del resto ripetutamente affermato il principio che la domanda riconvenzionale, atteso il suo carattere autonomo di controdomanda volta ad ottenere un provvedimento positivo favorevole nei confronti dell’attore e non il mero rigetto delle avverse pretese, come avviene nel caso di eccezione riconvenzionale – deve essere esaminata e decisa anche se sia dichiarata inammissibile la domanda principale (confr. Cass. civ. 29 gennaio 2004, n. 1666; Cass. civ. 26 settembre 1991, n. 10043), specificamente segnalando, con riguardo a quella spiegata in sede di opposizione a decreto ingiuntivo, che l’inammissibilità o l’improponibilità dell’opposizione non osta a che l’opposizione medesima produca gli effetti di un ordinario atto di citazione, nel concorso dei requisiti previsti dagli artt. 163 e 163 bis cod. proc. civ., con riguardo alle domande che essa contenga, autonome e distinte rispetto alla richiesta di annullamento e revoca del decreto (confr. Cass. civ. 15 marzo 2001, n. 3769; Cass. civ. 19 aprile 1982, n. 2387; Cass. civ. 9 dicembre 1980, n. 6355; Cass. civ. 22 gennaio 1974, n. 185).

2.3 L’attenzione deve a questo punto necessariamente spostarsi sul contenuto delle pretese azionate in via riconvenzionale, al fine di verificare se esse debbano o meno ritenersi coperte dal giudicato formatosi sulla domanda dell’ingiungente.

La risposta è negativa per le ragioni che seguono.

Il deposito cauzionale, come generalmente affermato in dottrina sulla scorta dei caratteri comuni alle varie forme di cauzione diffuse nella pratica degli affari, costituisce una forma di garanzia dell’eventuale obbligazione di risarcimento del danno. Esso comporta la consegna di denaro o di altre cose mobili fungibili con funzione di garanzia dell’eventuale obbligo di risarcimento a carico del cauzionante: sulla somma o sul valore dei beni ricevuti l’accipiens potrà invero agevolmente soddisfarsi ove la controparte gli abbia cagionato un danno e per l’ammontare del danno stesso (confr. Cass. civ. 4 marzo 2004, n. 4411).

Dall’evidenziata funzione del deposito cauzionale è stato poi desunto, in materia di locazione, che l’obbligazione del locatore di restituirlo sorge al termine della locazione, non appena sia avvenuto il rilascio dell’immobile locato, di talchè, ove l’accipiens invece lo trattenga, senza proporre domanda giudiziale per l’attribuzione, in tutto o in parte, dello stesso a copertura di specifici danni subiti o di importi rimasti impagati, il conduttore può esigerne la restituzione (confr. Cass. civ., 15 ottobre 2002, n. 14655).

Ma allo svincolo del deposito cauzionale, volontario o coattivo che sia, non può, in via di principio, essere riconosciuto effetto diverso e ulteriore rispetto alla perdita della garanzia liquida da esso rappresentata, costituendo conseguenza disarticolata e disarticolante, avuto riguardo alla causa tipica dell’istituto di cui si discute, inferire sempre e comunque dalla sua dismissione l’insussistenza di obbligazioni inadempiute del conduttore o di danni da risarcire. Così, con particolare riguardo alla fattispecie dedotta in giudizio, a tali conclusioni sarebbe stato possibile pervenire solo laddove l’affermazione dell’obbligo di restituzione del deposito cauzionale fosse stato il punto di approdo dell’accertata rinuncia del locatore a far valere i suoi crediti, ovvero dell’accertata infondatezza delle relative pretese. Non essendosi ciò verificato, l’efficacia di giudicato acquistata dalla statuizione contenuta nel decreto ingiuntivo, per effetto della tardiva iscrizione a ruolo dell’opposizione, resta limitata alla perdita della disponibilità di una garanzia di immediata e pronta esecuzione, perdita che dovrà pertanto considerarsi definitiva e insuscettibile di essere nuovamente posta in discussione in altro successivo giudizio (confr. Cass. civ. 28 agosto 20009, n. 18791).

2.4 Non è superfluo aggiungere che la scelta decisoria del giudice a quo non smentisce affatto la tesi, qui accolta, della insussistenza di un giudicato negativo sui crediti fatti valere in via riconvenzionale dall’opponente: e invero, ciò che il decidente ha (erroneamente) ritenuto impraticabile, è la sola celebrazione del simultaneus processus una volta accertata l’improcedibilità del mezzo col quale le domande riconvenzionali erano state introdotte in giudizio, lasciando peraltro chiaramente intendere, in trasparenza, che quelle stesse domande ben potevano essere separatamente azionate con autonomo atto di citazione.

2.5 Deriva da tanto che, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, nel quale resta assorbito il terzo, volto a denunciare pretese carenze motivazionali della sentenza impugnata, questa deve essere cassata con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione che, nel decidere, si atterrà al seguente principio di diritto:

l’inammissibilità o l’improponibilità dell’opposizione avverso il decreto ingiuntivo non osta a che l’opposizione medesima produca gli effetti di un ordinario atto di citazione con riguardo alle domande che essa contenga, autonome e distinte rispetto alla richiesta di annullamento e revoca del decreto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo, assorbito il terzo. Cassa in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 8 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2010

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