Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9441 del 30/04/2014
Civile Sent. Sez. 5 Num. 9441 Anno 2014
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COLACICCHI ERMINIA,
rappresentata e difesa per procura
a margine del ricorso dall’Avv.Riccardo Gozzi presso il
cui studio in Roma, via G.Bettolo n.17 è elettivamente
domiciliata.
-ricorrentecontro
AGENZIA delle ENTRATE,
in persona del Direttore
generale pro tempore, elettivamente domiciliata in
Roma, via dei Portoghesi n.12, presso gli uffici
dell’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale
rappresentata e difesa
-controricorrente-
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Data pubblicazione: 30/04/2014
avverso la sentenza della Commissione Tributaria
Regionale della Lombardia-sezione staccata di Brescia,
n.379/63/2006 depositata il 23.1.2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12.2.2014 dal Consigliere Roberta Crucitti;
Generale Dott.Giovanni Giacalone che ha concluso per
l’inammissibilità ed, in subordine, per il rigetto del
ricorso.
Svolgimento del processo
Erminia Colacicchi ricorre, affidandosi a quattro
motivi, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, che
resiste con controricorso,avverso la sentenza, indicata
in epigrafe, con la quale la C.T.R. della Lombardiasezione staccata di Brescia, rigettandone l’appello, ha
confermato la decisione di primo grado di rigetto del
ricorso, proposto dalla contribuente, avverso avviso di
accertamento per i.r.p.e.f. ed addizionale regionale,
per l’anno 1998, il cui oggetto era la rideterminazione
del reddito da fabbricati.
Il Giudice di appello -premesso che oggetto di
imposizione era soltanto il 50% dell’ammontare
complessivo dei canoni annui, essendo la contribuente
comproprietaria in tale misura dell’immobile il cui
reddito era oggetto di contenzioso- ribadiva la
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
fondatezza dell’accertamento con l’argomentazione che
la contribuente era titolare di altri cespiti
immobiliari e che, mancando in dichiarazione dei
redditi la descrizione analitica dei singoli redditi
dagli stessi prodotti (come da previsione normativa),
ricomprendesse anche i canoni riguardanti il contratto
di locazione oggetto di controversia.
Motivi della decisione
1.11 primo motivo di ricorso -articolato ai sensi del
n.5, I comma, dell’art.360 c.p.c. e con il quale si
deduce che l’argomentazione della C.T.R. lombarda,
secondo cui
“la sentenza di primo grado risultava
motivata perché conteneva l’indicazione del percorso
logico giuridico”
seguito dal primo Giudice, era
inidonea a giustificare la decisione perché non avrebbe
reso edotto l’appellante né delle eccezioni
effettivamente sottoposte ad esame né del concreto
ragionamento seguito per arrivare al rigetto- va
rigettato.
1.1.11 motivo,
al limite dell’inammissibilità non
evidenziandosi puntualmente la censura mossa alla
sentenza di primo grado (ovvero rispetto a quale
eccezione svolta innanzi alla Commissione di prima
istanza, la motivazione svolta dalla C.T.R. apparisse
non risultava provato che l’importo dichiarato
carente) è, infatti, infondato.
Il Giudice di appello ha, invero, ritenuto congruamente
esposto “il percorso logico giuridico seguito” dal
primo Giudice il quale, come riportato nella sentenza
impugnata e dallo stesso ricorrente, aveva ritenuto
“contenendo l’indicazione del contratto di locazione di
fabbricato ed il relativo canone annuo pattuito il
quale costituisce maggior reddito accertato”.
2.Anche il secondo motivo di ricorso non è meritevole
di accoglimento, non sussistendo la dedotta, ai sensi
del n.3, I comma, dell’art.360 c.p.c., violazione e
falsa applicazione degli artt.54 d.p.r. n.633/72, 3
1.n.241/90 e 7 1.n.212/2000. In particolare, secondo la
prospettazione difensiva, non poteva condividersi
l’assunto
dei
Giudici
secondo
cui
l’avviso
di
accertamento, oggetto di impugnazione, era
sufficientemente motivato contenendo l’indicazione del
contratto di locazione, del relativo canone e del
reddito rettificato, avendo dovuto riportare sia il
calcolo del maggior reddito sia i motivi del mancato
riconoscimento del reddito già dichiarato come
ricomprensivo del reddito di specie.
• 2.1.Cosalìsce ius recpetum, in tema di contenzioso
(
?(‘
tributario,
che l’avviso di accertamento,
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avente
l’avviso di accertamento adeguatamente motivato
carattere di “provocatio ad opponendum”, soddisfa
l’obbligo di motivazione, ai sensi dell’art.56 del
d.p.r.n.633/72, ogni qualvolta l’Amministrazione abbia
posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa
tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di
debeatur”.
Tale
applicato
dalla
principio
Commissione
è
stato
correttamente
Tributaria
Regionale
lombarda la quale, in conformità, ha ritenuto,
condividendo la pronuncia di primo grado, che l’avviso
fosse sufficientemente motivato, essendo stato indicato
il contratto di locazione, il relativo canone, ed il
reddito rettificato facendo, peraltro, presente che la
contribuente era titolare di altri cespiti immobiliari,
per i quali non aveva indicato in dichiarazione la
descrizione analitica dei singoli redditi. Peraltro, la
ricorrente, la quale ha svolto tutte le sue pertinenti
difese, non ha neppure dedotto la concreta lesione
subita dal suo diritto di difesa dalla mancata
indicazione in avviso degli elementi ritenuti, a suo
dire, necessari (calcolo del maggior reddito e mancato
riconoscimento del reddito già dichiarato come
comprensivo del reddito di specie).
3.Con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa
applicazione dell’art.2697 c.c. e dell’art.115 c.p.c.
contestarne efficacemente l'”an” ed il “quantum
per essersi il Giudice malamente attenuto al principio
dell’onere probatorio e al principio di disponibilità
delle prove. Secondo la ricorrente, infatti, incombeva
sull’Ufficio, attore in senso sostanziale, vertendosi
nella specie di redditi presunti non dichiarati e non
dimostrazione della mancata inclusione di tale reddito
in quello già dichiarato.
3.1.11 motivo è inammissibile per inidoneità del
quesito, ex art.366 bis c.p.c. (applicabile al ricorso
per essere stata la sentenza impugnata depositata il
23.1.2007), così formulato:
“dica codesta 111.ma
Suprema Corte se sulla base del principio dell’onere
probatorio di cui all’art.2697 c.c. la dimostrazione
della pretesa impositiva riguardante una componente
positiva di reddito quale quella della supposta mancata
dichiarazione di redditi da fabbricato spetta
all’Agenzia delle Entrate”.
Il quesito, nei termini
sopra riportati in cui è formulato, senza alcun
riferimento concreto alla fattispecie, si risolve in un
interrogativo tautologico meramente riproduttivo della
norma della quale si deduce la violazione.
Costituisce, invero, ius receptum che il quesito di
diritto deve essere formulato, ai sensi dell’art. 366
bis cod. proc. civ., in termini tali da costituire una
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di costi illegittimamente dedotti, dare la
sintesi logico-giuridica della questione, così da
consentire al giudice di legittimità di enunciare una
“regula iuris” suscettibile di ricevere applicazione
anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla
sentenza impugnata. Ne consegue che è inammissibile il
formulazione sia del tutto inidonea ad assumere
rilevanza ai fini della decisione del motivo, sia
perché risolventesi in una tautologia o in un
interrogativo circolare, sia perché insufficiente a
chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza
impugnata in relazione alla concreta controversia (cfr.
Corte cass. SU 30.10.2008 n. 26020; id. SU 2.12.2008 n.
28536; id. sez. lav. 25.3.2009 n. 7197 id. III sez.
25.5.2010 n. 12712).
4. Infine, con il quarto motivo, la ricorrente deduce,
ai sensi del n.5, I comma, dell’art.360 n.5 c.p.c.,
la carenza, nella sentenza impugnata, delle ragioni per
cui, pur risultando dalla dichiarazione relativa
all’anno accertato redditi da fabbricato dichiarati per
lire 38.091.000, tale importo non sia stato ritenuto
ricomprensivo anche del reddito indicato dall’Ufficio.
4.1. Anche tale mezzo va incontro alla sanzione di
inammissibilità per la sua estrema genericità e difetto
di specificità laddove, peraltro, nella sua concreta
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motivo di ricorso sorretto da quesito la cui
MENTE DA REGISTRAZIONE
Al SENSI DEL D.P.R. 26/4119.6
N. 131 TAB. ALL. B. – N. 3
MATERIA TIMUTAIJA
formulazione
pare,
inammissibilmente,
diretto
a
provocare un accertamento in fatto diverso da quello
operato dal Giudice di merito sulla base di presupposti
di fatto che, in mancanza di specifiche indicazioni da
parte della ricorrente, devono ritenersi introdotti,
In conclusione, il ricorso va rigettato e la ricorrente
condannata al pagamento delle spese processuali,
liquidate come in dispositivo, sulla base dei parametri
di cui al D.M. n.410/2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente
alla refusione in favore dell’Agenzia delle Entrate
delle spese processuali che liquida in complessivi euro
1.100,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del
12.2.2014.
inammissibilmente, solo in questa sede.