Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9436 del 21/04/2010

Cassazione civile sez. III, 21/04/2010, (ud. 01/03/2010, dep. 21/04/2010), n.9436

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 593/2006 proposto da:

C.L. (OMISSIS) e P.V.,

elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati, e difesi

dall’avvocato GLIOZZI Ettore Maria con delega in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

N.G.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

REGINA MARGHERITA 278, presso lo studio dell’avvocato GIOVE Stefano,

che lo rappresenta e di tende unitamente all’avvocato UBERTINI MARCO

con delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1348/2005 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

Sezione Prima Civile, emessa il 12/09/2005; depositata il 19/09/2005;

R.G.N. 1129/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

01/03/2010 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FEDERICO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

C.L. e P.V. proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo concesso il 28.3.00 dal Tribunale di Torino – sez. dist. di Susa, con cui N.G.P., quale unico erede di N.G.F., aveva loro intimato il pagamento di L. 75.000.000, oltre interessi al 12% dal 15.3.91 al saldo, per rimborso di un mutuo loro concesso, disconoscendo la conformità all’originale della prodotta fotocopia del contratto di mutuo, nonchè l’autenticità della sua sottoscrizione, e deducendo che l’originale della scrittura era stato distrutto nel (OMISSIS) all’atto dell’estinzione del debito.

L’adito Tribunale, con sentenza n. 10/04, revocava il decreto ingiuntivo in quanto emesso in assenza dei presupposti di cui all’art. 634 c.p.c., e, proposto appello dal N., la Corte d’appello di Torino, con sentenza depositata il 19.9.05, pur confermando la revoca del decreto, accoglieva nel merito la domanda del creditore opposto, condannando in solido tra loro gli appellati al pagamento in favore del N. della somma di Euro 38.734,26, con gli interessi legali al 15.3.91 al saldo.

Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione il C. e la P., con tre motivi, mentre l’intimato resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la Corte di merito deciso la causa nel merito, pur essendosi limitato il N. a richiedere la conferma del decreto ingiuntivo.

Con il secondo motivo lamentano la violazione dell’art. 116 c.p.c., nonchè erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Con il terzo motivo deducono violazione di legge ed erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

1. Il primo motivo è infondato.

Infatti, come ha esattamente e correttamente rilevato la Corte di merito, deve ritenersi che nella richiesta di conferma del decreto ingiuntivo sia sempre implicita la domanda di merito, così come nel ricorso per decreto ingiuntivo sia sempre ricompresa in nuce la domanda di condanna al pagamento della somma oggetto dell’ingiunzione in caso di opposizione a decreto ingiuntivo da parte dell’ingiunto.

Deve, dunque, escludersi che il giudice d’appello sia incorso nel denunciato vizio di ultrapetizione, così come deve disattendersi la censura di illogicità, contraddittorietà ed insufficienza della motivazione sul punto in questione.

Ed invero, la Corte di merito ha ritenuto, da una parte, che nei motivi d’appello svolti dal N. fosse implicita la censura alla decisione del primo giudice di non essersi pronunciato nel merito e di essersi limitato alla revoca del decreto ingiuntivo per mancanza di prova scritta, mentre, dall’altra, ha ritenuto implicitamente proposta nella richiesta di conferma del decreto ingiuntivo opposto la domanda del creditore di condanna nel merito del debitore opponente, senza che tra le due proposizioni possa ravvisarsi alcuna incongruenza logica, in quanto dirette entrambe ad una evidente valorizzazione della volontà del creditore opposto di conseguire in ogni caso quanto considerato di sua spettanza.

2. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.

Ed invero, sebbene impropriamente rappresentate sotto il profilo della violazione di legge e sotto quello del vizio motivazionale, le doglianze addotte costituiscono tutte censure in punto di fatto, dirette come sono ad una rilettura delle risultanze probatorie e, quindi, ad un riesame del merito della causa, che non è consentito nel giudizio di cassazione.

La valutazione delle prove rientra, infatti, nel potere discrezionale del giudice di merito e si sottrae, perciò, ad ogni sindacato di legittimità, quando essa sìa sorretta, come si riscontra nel caso di specie, da logica ed adeguata motivazione.

A fronte, invero, di una minuziosa e corretta analisi degli elementi probatori in atti sia in ordine all’avvenuta ricezione del mutuo oggetto di causa che in ordine ai fatti estintivi del medesimo, i ricorrenti si limitano a generiche confutazioni, senza indicare specifiche lacune ed insanabili contraddizioni sottese al processo logico-giuridico che ha condotto la Corte di merito al convincimento espresso nella sentenza impugnata.

3. Quanto al terzo motivo, a prescindere dal rilevare che i ricorrenti omettono di specificare quali norme di legge sarebbero state violate, si osserva che i giudici d’appello hanno correttamente motivato circa la decorrenza degli interessi al tasso legale, facendola coincidere con la data di concessione del mutuo, quale risultante dagli atti ritualmente acquisiti in atti (come la stessa dichiarazione resa dal C. in sede di interrogatorio libero che – menzionata dagli stessi ricorrenti in ricorso colloca la data del prestito a 11-12 anni prima del 26.2.2001 e, quindi, addirittura ben prima della data di decorrenza degli interessi fissata al 15.3.1991) ed escludendo espressamente l’utilizzazione al riguardo della disconosciuta scrittura di mutuo.

Nè può muoversi censura alcuna alla parte della sentenza che regolamenta le spese del secondo grado di giudizio, in quanto la soccombenza degli odierni ricorrenti nel giudizio di merito, nonostante l’avvenuta revoca del decreto ingiuntivo, giustifica ampiamente la loro condanna alle spese giudiziali del grado d’appello.

4. Il ricorso va, pertanto, rigettato, con la conseguente condanna dei ricorrenti in solido tra loro al pagamento in favore della controparte delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento in favore di controparte delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 2000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 1 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2010

 

 

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