Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9432 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. I, 09/04/2021, (ud. 04/02/2021, dep. 09/04/2021), n.9432

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12901/2019 proposto da:

Y.A., elettivamente domiciliato in Roma, presso la Corte di

cassazione, difeso dall’avvocato Migliaccio Luigi;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’interno, (OMISSIS), Prefettura Napoli;

– intimato –

avverso l’ordinanza del GIUDICE DI PACE di NAPOLI, depositata il

17/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

04/02/2021 da Dott. DI MARZIO MAURO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. – Y.A. ricorre per due mezzi, illustrati da memoria, nei confronti del Ministero dell’interno e del Prefetto di Napoli, contro l’ordinanza del 17 ottobre 2018 con cui il Giudice di Pace di Napoli ha respinto la sua opposizione avverso il decreto di espulsione dell’8 marzo 2018 adottato nei suoi confronti dal Prefetto ai sensi dell’art. 13, comma 2, del Testo Unico Immigrazione.

2. – Le amministrazioni intimate non spiegano difese.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

3. – Il primo mezzo denuncia: “Error in iudicando in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio è stato oggetto di discussione tra le parti e il cui esame avrebbe determinato un esito diverso della controversia”, censurando l’ordinanza impugnata per aver omesso di esaminare (questo è il fatto al quale il motivo si riferisce) “la situazione in cui versa attualmente Burkina Faso, paese di origine del ricorrente”.

Il secondo mezzo denuncia: “Error in iudicando per violazione e falsa applicazione di legge (D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 4, testo vigente testo vigente dal 30.09.2015 al 18.2.2017) in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”, censurando l’ordinanza impugnata per aver respinto l’opposizione avverso il decreto di espulsione nonostante la pendenza del ricorso per cassazione volto al riconoscimento della domanda di protezione internazionale.

4. – Il ricorso è fondato nei limiti che seguono.

4.1. – E’ inammissibile il primo mezzo.

Il ricorrente sostiene di versare in condizione di “inespellibilità ex art. 19 T.U., art. 5 dir. 115/08/CE e 19 Carta Nizza”, in ragione delle condizioni del Paese di provenienza, il Burkina Faso: nel che esso ricorrente ravvisa un’ipotesi di omessa considerazione di un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Ma quest’ultima disposizione, applicabile ai ricorsi contro decisioni depositate dall’11 settembre 2012, introduce nell’ordinamento il vizio di omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia Le Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

Ora, le condizioni del Burkina Faso non costituiscono fatto storico, nel senso chiarito dalla Corte, con cui il giudice di merito ha omesso di misurarsi, ma sono oggetto di un giudizio critico da effettuarsi elettivamente sulla base delle c.o.i. rapportate al parametro normativo.

In ogni caso, anche a voler tralasciare questo aspetto, sta di fatto che il ricorso non dice affatto quali siano dette condizioni e per quale ragione esse sarebbero ostative al rientro del ricorrente nel suo Paese. E ciò vuol dire che egli non ha in realtà “indicato” il fatto storico, nè tantomeno, in disparte gli altri aspetti, la sua decisività (v. ancora una volta Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053).

Nè i termini della questione si modificherebbero se la Corte procedesse a riqualificare la censura come violazione di legge.

La regula iuris da applicare, invero, si riassume in ciò, che, in tema di protezione internazionale e in relazione all’istituto del divieto di espulsione o respingimento del D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 19, è sufficiente, in sede di opposizione alla misura espulsiva, che vi sia l’allegazione da parte dello straniero opponente del concreto pericolo di essere sottoposto a persecuzione o a trattamenti inumani e/o degradanti in caso di rimpatrio nel Paese d’origine, in quanto la citata norma di protezione introduce una misura umanitaria a carattere negativo, che conferisce al beneficiario il diritto a non vedersi nuovamente immesso in un contesto di elevato rischio personale (Cass. 17 febbraio 2020, n. 3875).

Ma rimane pur sempre fermo che le condizioni del paese di provenienza sono del tutto ignote alla Corte, sicchè difetta, per quanto consta, l’allegazione da parte dello straniero opponente del concreto pericolo di cui si è detto.

4.2. – E’ viceversa fondato il secondo mezzo.

Il ricorrente ha correttamente individuato la disciplina previgente applicabile.

Difatti, in tema di opposizione all’espulsione, nel caso in cui sia stata presentata, come nel nostro caso, domanda di protezione internazionale in data antecedente al centottantesimo giorno successivo all’entrata in vigore del D.L. n. 13 del 2017, conv. in L. n. 46 del 2017 e sia stato rigettato, con provvedimento non ancora definitivo, il ricorso avverso tale decisione, non si determina – in virtù della disposizione transitoria di cui al D.L. cit., art. 21 – la caducazione istantanea della sospensione dell’efficacia esecutiva del provvedimento impugnato, prevista dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13, introdotto dal D.L. citato, ma è applicabile, ratione temporis, del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 19, comma 4, come modificato dal D.Lgs. n. 142 del 2015, art. 27, comma 1, lett. c), che, non prevedendo un limite alla durata dell’effetto sospensivo dell’efficacia esecutiva del decreto impugnato determinatosi ex lege in virtù della mera proposizione del ricorso, deve ritenersi esteso a tutta la durata del giudizio, fino al passaggio in giudicato del provvedimento impugnato. Ne consegue che, in tale caso, dovendosi considerare nullo il provvedimento di espulsione impugnato, il rigetto dell’opposizione da parte del giudice di pace deve ritenersi illegittimo (Cass. 28 febbraio 2019, n. 6071). E cioè, la mancata previsione normativa di un limite all’effetto sospensivo fa sì che detto effetto abbia a perpetuarsi anche in relazione alla fase cassazione: il che, in mancanza di una espressa disposizione di segno diverso, rientra del resto nel sistema, ove si consideri la natura dichiarativa della decisione sulla domanda di protezione internazionale.

Nè rileva che questa Corte, con ordinanza n. 23487 del 2019, abbia dichiarato inammissibile il ricorso dello Y.A. avverso la decisione di rigetto della sua domanda di protezione internazionale-umanitaria, sicchè tale domanda più non è pendente: difatti la verifica della legittimità del provvedimento impugnato va operata in relazione al momento in cui esso è stato adottato.

5. – Le spese seguono la soccombenza.

PQM

dichiara inammissibile il primo motivo, accoglie il secondo, cassa l’ordinanza impugnata e, decidendo nel merito, annulla il decreto di espulsione; condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese processuali, che liquida in Euro 2.300,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, quanto a questo giudizio di legittimità, ed in Euro 1.600,00 di cui Euro 100,00 per esborsi quanto alla fase di merito.

Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

 

 

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