Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9428 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. I, 09/04/2021, (ud. 04/02/2021, dep. 09/04/2021), n.9428

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. ANDRONIO Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

C.M., n. in (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma,

Viale Vaticano 102, presso lo studio dell’avvocato Costantino

Tonelli Conti che lo rappresenta e difende in giudizio, per procura

speciale in atti, unitamente all’avv. Veronica Panarotto, del foro

di Verona;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, Prefettura di Padova, (c.f. (OMISSIS)),

domiciliato ex lege in Roma, Via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato;

– intimato –

avverso l’ordinanza n. 74 del Giudice di Pace di Padova, depositata

il 12.2.2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 4

febbraio 2021 dal Consigliere Dott. Giacomo Maria Stalla.

 

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. C.M., nato in (OMISSIS), propone cinque motivi di ricorso per la cassazione dell’ordinanza in epigrafe indicata, con la quale il giudice di pace di Padova ha respinto il ricorso proposto contro il decreto di espulsione dal territorio nazionale emesso nei suoi confronti dal Prefetto di Padova il 1 ottobre 2019 (sulla base del quale il Questore di Padova aveva poi emanato, ai sensi del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 bis, ordine di lasciare il territorio dello Stato entro 7 giorni dalla notifica).

Il giudice di pace, in particolare, ha osservato che:

il decreto opposto, adottato per l’indebita permanenza sul territorio nazionale del cittadino straniero, risultava essere stato regolarmente notificato ed adeguatamente motivato, anche considerato che il rigetto, da parte della competente Commissione Territoriale, di istanza di protezione internazionale non aveva consentito il rinnovo del permesso di soggiorno temporaneo per richiesta di asilo politico già rilasciato al ricorrente, ma scaduto il 26 settembre 2019;

nella presente sede, concernente esclusivamente il contenuto vincolato del provvedimento di espulsione amministrativa, non era sindacabile il suddetto provvedimento di rigetto dell’istanza di protezione internazionale, rilevando unicamente la mancata richiesta, in assenza di cause di giustificazione, del permesso di soggiorno, ovvero la sua revoca o annullamento ovvero, ancora, la mancata tempestiva richiesta di rinnovo (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 2, lett. b)).

Nessuna attività difensiva è stata posta in essere in questa sede dal Ministero degli Interni – Prefettura di Padova.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli artt. 77 e 100 c.p.c., D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18, comma 6, perchè nel giudizio di primo grado la Prefettura di Padova si era costituita con un funzionario amministrativo (Dott.sa L.N.) in assenza di allegazione della dovuta procura attributiva a questi del potere di rappresentanza processuale conseguente all’attribuzione della rappresentanza sostanziale dell’ufficio.

p. 2.2 Il motivo è inammissibile per due correlate ragioni.

In primo luogo, in esso non si dà minimamente conto dell’avvenuta rituale introduzione in giudizio, già avanti al giudice di pace, dell’eccezione concernente l’assenza di potere rappresentativo della Prefettura in capo alla funzionaria per essa costituitasi.

Nel ricorso per cassazione vengono analiticamente riportati (pag. 2) i motivi opposti al decreto di espulsione, e poi si precisa (pag. 3) che “all’udienza del 21 novembre 2019 il procuratore del ricorrente confermava i motivi del ricorso”; quindi, senza nulla indicare circa l’asserita irregolarità, o addirittura illegittimità, delle modalità di costituzione in giudizio della Prefettura.

Nell’ordinanza opposta, il giudice di pace dà a sua volta conto dei motivi di opposizione proposti dal ricorrente e delle modalità essenziali dello svolgimento del giudizio, ma nulla riferisce in ordine all’avvenuta deduzione della questione in esame avanti a sè (e su tale questione è mancata qualsivoglia pronuncia da parte di quel giudice).

Basta dunque richiamare – a riprova della inammissibilità della questione in quanto proposta per la prima volta in sede di legittimità;

– il fermo indirizzo giurisprudenziale, certo applicabile anche al procedimento in materia di espulsione amministrativa, secondo cui “qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto;

– non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa” (così, tra le molte: Cass. n. 32804/19; 2038/19; 15430/18).

In secondo luogo, il motivo sovrappone indebitamente profili diversi, lamentando la mancanza, in capo alla funzionaria costituitasi per il Prefetto, non di delega bensì di “procura” idonea ad investire il medesimo del potere di rappresentanza sostanziale e processuale.

E’ però evidente che, così formulato, il motivo lascia quantomeno adito a dubbi ricostruttivi ed interpretativi circa il fatto che la posizione della funzionaria costituitasi per il Prefetto di Padova potesse essere non conforme alla legge, secondo il ricorrente, per mancanza di apposita delega, sulla base di quanto prescritto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 18, comma 6, ovvero per mancanza di procura speciale alle liti (appunto conferente il potere di rappresentanza e difesa processuale), invece non prescritta dalla legge.

Non trattandosi di mandato defensionale presupponente il rilascio di una procura speciale alle liti, era per legge necessaria e sufficiente una delega di funzione rappresentativa interna all’ufficio di Prefettura.

Si è detto che le due ragioni di inammissibilità del motivo (novità ed aspecificità) sono tra loro correlate, nel senso che la mancata chiara ed esatta indicazione della fonte di potere rappresentativo di cui si lamenta l’assenza (delega di udienza ovvero procura speciale alle liti) sarebbe di per sè in grado di precludere in partenza qualsiasi certa ed univoca indagine ex actis sulla sua puntuale deduzione avanti al giudice di pace.

p. 3.1 Con il secondo ed il terzo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5 – “omesso esame” ovvero “motivazione apparente” circa un fatto decisivo per il giudizio, costituito dalla mancata notificazione al C. del provvedimento con il quale la commissione territoriale di Padova aveva respinto la sua istanza di protezione internazionale. Nonostante la Prefettura avesse affermato che tale notificazione era regolarmente avvenuta, a mezzo raccomandata, in data 19 agosto 2019, tale circostanza non risultava dagli atti di causa; e ciò perchè la notificazione in questione non era in realtà mai avvenuta (anche considerato che il provvedimento di rigetto sarebbe stato emesso, secondo la Prefettura, il 22 luglio 2019 e, quindi, addirittura prima della sua audizione davanti alla commissione territoriale, avvenuta il 29 luglio 2019), con conseguente preclusione per il C. di impugnare il rigetto avanti al tribunale e così opporsi all’espulsione.

p. 3.2 I due motivi – suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione delle questioni giuridiche poste – sono inammissibili.

Si evince dall’ordinanza del giudice di pace che, al contrario di quanto affermato dall’opponente:

era dagli atti “riscontrabile l’avvenuto perfezionamento della notifica” del provvedimento di rigetto della domanda di protezione internazionale da parte della commissione territoriale;

riscontrato, in particolare, era quanto evincibile sul punto “sulla base della documentazione prodotta dall’ente resistente” (secondo cui il provvedimento reiettivo della commissione territoriale era stato regolarmente notificato all’interessato nell’agosto 2019 e, quindi, dopo la sua audizione avvenuta a luglio);

la mancata impugnativa giurisdizionale di tale diniego (circostanza in sè pacifica perchè riferita dal difensore) faceva dunque seguito ad un provvedimento regolarmente notificato, in modo tale che la mancata pendenza del procedimento in materia di protezione internazionale doveva evidentemente imputarsi a ragione diversa dalla dedotta, ma smentita, mancata notificazione.

La ragione decisoria sul punto recepita dal giudice di pace è dunque stata nel senso che, al momento della decisione sul decreto di espulsione, non poteva ravvisarsi la causa impeditiva della pendenza del procedimento in materia di protezione internazionale, non risultando essere stato impugnato avanti al Tribunale il rigetto della commissione territoriale, nonostante che quest’ultimo fosse stato debitamente notificato all’interessato secondo quanto documentato in giudizio dalla Prefettura.

Ora, è evidente come ci si trovi di fronte ad una determinata ricostruzione fattuale argomentatamente (anche se sinteticamente) operata dal giudice di pace e di sicuro non rivedibile nella presente sede di legittimità.

Si tratta di una ragione decisoria che i motivi riuniti non sono in grado di sovvertire, risultando anzi essi inammissibili, come detto, sotto i seguenti plurimi aspetti:

dell’insussistenza di “omesso esame” di fatto decisivo da parte del giudice di merito ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, risultando infatti, come si è visto, che il giudice di pace, lungi da omettere la circostanza dell’avvenuta notificazione del provvedimento della commissione territoriale, l’ha invece affrontata e risolta; dell’insussistenza di motivazione meramente apparente ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, dal momento che il giudice di pace ha dichiaratamente basato il proprio convincimento all’esito di una determinata valutazione probatoria e dopo aver posto il relativo onere a carico della Prefettura (appunto nel senso dell’avvenuta dimostrazione in giudizio, da parte di quest’ultima, della regolare notificazione del provvedimento della commissione territoriale);

– della devoluzione a questa Corte, in sostanza, di una diversa ricostruzione fattuale (secondo cui, invece, la notificazione in questione non sarebbe avvenuta) ovvero di una diversa valutazione probatoria della documentazione ad essa relativa, aspetti tutti avulsi dal giudizio di legittimità;

– della prospettazione nella presente sede di un vero e proprio travisamento delle risultanze probatorie concernenti l’avvenuta notificazione in esame (come dovrebbe asseritamente desumersi in maniera lampante dalla discordanza tra data di notificazione e data di audizione dell’interessato), in termini in realtà senz’altro riconducibili alla svista percettiva nella quale sarebbe incorso il giudice di pace e, per ciò soltanto, ad un tipico errore di fatto di natura revocatoria eventualmente deducibile in diversa sede.

p. 4.1 Con il quarto ed il quinto motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 5 e 4 – “omesso esame” e “motivazione apparente” circa un ulteriore fatto decisivo per il giudizio, costituito dalle gravi condizioni di salute nelle quali si trovava il C. (colelitiasi sintomatica, addominalgia in coprostasi, esofagite erosiva di grado A ed incontinenza cardiale, con persistente e debilitante mal di schienà). Si trattava di uno stato perdurante di malattia attestato dal SSN (come da ampia documentazione allegata), già dichiarato alla Commissione Territoriale in sede di protezione internazionale e di per sè ostativo al rimpatrio, posto che in Marocco l’accesso alle necessarie cure mediche risultava significativamente difficoltoso per i non abbienti.

p. 4.2 I due motivi – suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione delle questioni giuridiche poste – sono inammissibili.

Ricorre anche in proposito quanto già ad altro fine osservato (p. 2.2) in ordine alla necessità che – a fronte della mancata considerazione della questione nel provvedimento impugnato per cassazione – il ricorrente indichi se, e attraverso quali modalità, la questione stessa sia stata formulata nei precedenti gradi di giudizio.

Ciò perchè soltanto all’esito della verifica di tale indicazione questa Corte di legittimità è posta in grado di verificare la effettiva sussistenza del vizio lamentato sub specie di omesso esame, ovvero di omessa o apparente motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 5 e 4.

Ebbene, i motivi riuniti di ricorso si soffermano nel ricostruire la situazione clinica del richiedente, nel rimarcarne la sua avvenuta ed esauriente dimostrazione in causa mediante documentazione proveniente dal Sistema Sanitario Nazionale, nell’argomentare sul pericolo concreto che il richiedente correrebbe qualora, con l’espulsione, fosse costretto a fare ritorno in Marocco, Paese la cui struttura sanitaria non sarebbe in grado di garantire adeguate terapie ad un caso clinico serio, ingravescente e soprattutto implicante spese mediche economicamente non sopportabili per il C..

Essi non riferiscono partitamente, però, della formulazione di uno specifico motivo di ricorso avanti al giudice di pace in opposizione al decreto espulsivo: una cosa essendo, com’è evidente, l’avvenuta tempestiva formulazione di uno specifico motivo in tal senso, e tutt’altra la mera deduzione nel corso dell’audizione avanti al giudice di pace (con allegazione della documentazione sanitaria all’udienza di comparizione del 21.11.2019) della situazione di salute dell’interessato (evenienza riferita in ricorso).

Così come del tutto ininfluente è che la precarietà delle condizioni di salute del C. (eventualmente legittimanti un’istanza di permesso di soggiorno per cure mediche D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 19, comma 2, lett. d bis) potesse essere stata già dedotta avanti alla Commissione Territoriale nel diverso ed autonomo procedimento amministrativo di protezione internazionale.

In definitiva, in mancanza di tale precisazione, non può dirsi con la dovuta certezza che il silenzio serbato sul punto dal giudice di pace integri davvero le doglianze qui formulate, o non costituisca piuttosto il risultato – normale, scontato ed anzi processualmente imposto della mancata rituale devoluzione in giudizio della questione di cui si afferma l’indebita pretermissione.

Nulla si provvede sulle spese, stante la mancata partecipazione al giudizio dell’Amministrazione intimata.

Poichè dagli atti il processo risulta esente dal contributo unificato, non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte

dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, tenutasi con modalità da remoto, il 4 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

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