Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9427 del 17/04/2018


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Cassazione civile, sez. VI, 17/04/2018, (ud. 30/01/2018, dep.17/04/2018),  n. 9427

Fatto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con sentenza n. 1866/2016 la Corte d’appello di Roma ha rigettato l’impugnazione proposta da O.M., cittadina nigeriana, avverso l’ordinanza del Tribunale della medesima città che le aveva negato il riconoscimento della protezione internazionale e umanitaria. A sostegno del rigetto la Corte d’appello, per quanto ancora interessa, ha ritenuto di dover escludere la sussistenza dei presupposti della protezione sussidiaria e umanitaria in quanto la richiedente, irregolarmente presente in Italia da sedici anni e a lungo detenuta in carcere, aveva lasciato il proprio Paese d’origine unicamente per la ricerca di migliori condizioni di vita, come dalla stessa dichiarato dinanzi alla Commissione territoriale competente.

Avverso suddetta pronuncia propone ricorso per cassazione la cittadina straniera sulla base di due motivi, accompagnati da memoria. Non svolge difese l’Amministrazione intimata.

La ricorrente denuncia, dapprima sotto il profilo della violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3, poi sotto il profilo dell’omesso esame circa un fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5, la mancata valutazione della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria e, in subordine, umanitaria, non avendo la Corte d’appello, pur a fronte delle allegazioni della richiedente, considerato la condizione di grave instabilità sociale e politica esistente in Nigeria, sfociante in una sostanziale guerra civile, caratterizzata da gravi episodi di violenza da parte di gruppi terroristici.

I due motivi, che possono trattarsi congiuntamente, sono fondati.

La Corte d’appello ha escluso la sussistenza dei presupposti giustificanti la protezione sussidiaria (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14) e umanitaria (D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6) unicamente sulla base di quanto dichiarato dalla cittadina straniera riguardo ai motivi che la spinsero a lasciare il proprio Paese, mancando tuttavia di accertare, con riferimento all’attualità, la dedotta sussistenza di una situazione di instabilità socio-politica e di violenza indiscriminata in Nigeria ai sensi del cit. D.Lgs. n. 251, art. 14, lett. c), (che prevede “la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”).

Invero, non può negarsi il riconoscimento delle predette misure di protezione unicamente per la ragione che la richiedente, peraltro molti anni prima, ha lasciato il proprio Paese per cercare in Italia migliori condizioni di vita, dovendo il giudice, a fronte delle allegazioni di parte, esaminare la domanda “alla luce di informarzioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine” (D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3), anche facendo uso, ove occorra, dei propri poteri istruttori o fficiosi (cit. D.Lgs. n. 25, art. 27, comma 1 bis). Ai sensi del cit. D.Lgs. n. 251, art. 4, il bisogno di protezione internazionale, infatti, può sorgere anche in un momento successivo rispetto alla partenza del richiedente dal proprio Paese, tanto per ragioni oggettive (“avvenimenti”) quanto per ragioni soggettive (“attività svolte dal richiedente”). La normativa in esame, pertanto, impedisce che la sussistenza di un “rischio effettivo di subire un danno grave” (presupposto della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 2, lett. g)) venga accertata esclusivamente alla stregua della situazione oggettiva e della condizione personale del richiedente come cristallizzate al momento della sua partenza.

La Corte territoriale, in definitiva, avrebbe dovuto farsi carico di verificare il presupposto di cui all’art. 14, lett. c, cit., che, secondo quanto statuito dalla Corte di giustizia nella pronuncia n. 172/2009 (Elgafaji), non è subordinato alla condizione che il richiedente fornisca la prova che egli è interessato in modo specifico, a motivo di elementi peculiari della sua situazione personale, da una “minaccia grave e individuale”, potendo l’esistenza di siffatta minaccia essere considerata provata, in via eccezionale, “qualora il grado di violenta indiscriminata che caratterizza il conflitto armato in corso (…) raggiunga un livello così elevato che sussistono fondati motivi di ritenere che un civile rientrato nel paese in questione o, se del caso, nella regione in questione correrebbe, per la sua sola presenza sul territorio di questi ultimi, un rischio effettivo di subire la detta minaccia”.

Le censure rivolte al diniego di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari sono assorbite dall’accoglimento della censura relativa alla forma di protezione maggiore quale la protezione sussidiaria.

Conclusivamente, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2018

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