Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9424 del 30/04/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9424 Anno 2014
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: MELONI MARINA

Data pubblicazione: 30/04/2014

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

DHL SUPPLY CHAIN (Italy)spa elettivamente domiciliata
in Roma Via Giambattista Vico 22 presso lo studio degli
Avv.ti Santacroce, Procida, Fruscione in virtù di
procura speciale a margine del ricorso per cassazione

– ricorrente –

1

Contro

AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro
tempore elettivamente domiciliata in Roma Via dei

che la rappresenta e difende

avverso la sentenza n.50/44/10

controricorrente-

depositata il

21/5/10 della Commissione Tributaria regionale
della Lombardia;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 17/12/2014 dal Consigliere
dott.ssa Marina Meloni;
udito per la ricorrente l’avvocato Alessandro
Fruscione presente in aula per delega Avv.to Mileto
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso; udito

Portoghesi 12 presso l’Avvocatura Generale dello Stato

per il controricorrente l’Avvocato dello Stato
Paola Maria Zerman che ha chiesto il rigetto del
ricorso; udite le conclusioni del P.M. in persona
del Sostituto Procuratore Generale dott. Giovanni
Giacalone che ha concluso per il rigetto del
ricorso.

2

19_,-

Svolgimento del processo

10/12/2007, una verifica presso il deposito
doganale fiscale gestito dalla ricorrente ed elevò
verbale di contestazione per irregolarità
contabili, relativamente al periodo 4/10/200231/12/2002, in ordine alla detenzione di prodotti
alcolici di proprietà di terzi soggetti ad accisa.
Con successivo avviso di pagamento in data 14
dicembre 2007 l’Agenzia delle Dogane di Milano
chiese il versamento delle somme dovute a titolo di
accisa su prodotti alcolici, oltre interessi e
sanzioni amministrative per irregolare tenuta della
contabilità.

L’Agenzia delle Dogane di Milano effettuò, in data

La società DHL SUPPLY CHAIN SPA presentò ricorso
avverso l’avviso di pagamento alla Commissione
Tributaria provinciale di Milano la quale emise
sentenza di accoglimento annullando l’avviso di
pagamento perché notificato in violazione del
termine di sessanta giorni di cui all’art.12 comma

3

sà/\

li

,

7 della legge 27/7/2000 nr. 212

(Statuto del

contribuente).
La Commissione tributaria regionale della Lombardia
con sentenza nr.50/44/2010 depositata in data

grado, accolse il ricorso in appello dell’Agenzia
delle Dogane, ritenendo inesistente qualsiasi
lesione al concreto diritto alla difesa del
contribuente in quanto sussisteva, nella
fattispecie, la situazione derogatoria prevista
dallo stesso art.12 comma 7 per il fatto implicito
dell’imminente scadenza del termine di decadenza
previsto per l’azione di accertamento da parte
dell’Ufficio.
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria
regionale della Lombardia propone ricorso per
cassazione la società contribuente con nove motivi
e resiste l’Agenzia delle Dogane con controricorso.
Ambedue le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

4

21/5/2010, in riforma della sentenza di primo

Con il primo motivo

di

ricorso

la

ricorrente DHL Supply Chain (Italy) spa lamenta
violazione e falsa applicazione della sentenza
della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del
18/12/2008 causa C-349/07 Sopropè r in riferimento

ha ritenuto che la violazione del termine di 60
giorni di cui all’art.12 coma 7 legge 27 luglio
2000 nr. 212 (Statuto del contribuente) non è
sanzionata con la nullità o l’annullabilità
dell’atto impositivo, ponendosi così in
contrasto con i principi affermati dalla Corte
di Giustizia dell’Unione Europea nella causa
18/12/2008 C-348/07 Sopropè .
Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente
lamenta violazione e falsa applicazione
dell’art.12 coma 7 legge 27 luglio 2000 nr. 212
ed artt. 3 e 21 septies 1.241 del 7 /8/1990 in
relazione all’art. 360 comma 1 n.3 cpc in quanto

all’art. 360 comma l nr.3 cpc f in quanto la CTR

la CTR ha ritenuto che la violazione del termine
di 60 giorni di cui all’art.12 comma 7 dello
Statuto del contribuente non fosse sanzionabile
con la nullità o l’annullabilità dell’atto
impositivo, sebbene l’Ufficio non avesse
motivato

adeguatamente

in

ordine

alle

eccezionali ragioni di urgenza che avevano
5

A-7

l’adozione

giustificato

dell’atto impositivo prima dello scadere del
termine di 60 giorni a decorrere dal rilascio
della copia del processo verbale di chiusura
delle operazioni da parte degli organi di

Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente
lamenta violazione e falsa applicazione
dell’art.12 comma 7 legge 27 luglio 2000 nr. 212
in relazione all’art. 360 comma 1 n.3 cpc in
quanto la CTR ha erroneamente ritenuto che le
ragioni di particolare urgenza che consentono ex
lege la deroga del termine di 60 giorni possono
essere integrate dall’imminente decorso dei
termini utili all’accertamento e non invece da
circostanze oggettive imprevedibili ed
eccezionali.
Con il quarto motivo di ricorso la ricorrente
lamenta violazione e falsa applicazione
dell’art.57 comma 2 D.L.gs 546/92 in relazione
all’art. 360 comma l n.3 cpc in quanto la CTR,
in violazione del divieto di proporre in appello
nuove eccezioni e nuovi temi d’indagine, ha
ritenuto legittimo l’utilizzo di un metodo di
accertamento di tipo induttivo da parte
dell’Ufficio fondato su presunzioni gravi,
6

controllo.

precise

e

concordanti

ex

art. 39 DPR 600/1973, in particolare basato su
elementi probatori rinvenuti presso terzi, e ciò
sebbene il nuovo tema d’indagine fosse stato
proposto dall’Ufficio per la prima volta nel

Con il quinto motivo di ricorso la ricorrente
denuncia violazione e falsa applicazione
dell’art. 112 cpc in relazione all’art. 360
comma 1 n.4 cpc per omessa pronuncia dei giudici
di appello sull’eccezione formulata dalla
società ricorrente relativamente alla novità del
thema decidendum introdotto dall’Ufficio solo in
appello, consistente nell’applicabilità al caso
di specie dell’art. 39 DPR 600/1973 che prevede
un metodo di accertamento di tipo induttivo.
Con

il sesto motivo di ricorso la ricorrente

censura la sentenza impugnata per violazione e
falsa applicazione dell’art. 39 DPR 600/1973 in

giudizio di appello.

relazione all’art. 360 comma 1 nr.3 cpc in
quanto il giudice di appello ha ritenuto
legittima l’applicazione da parte dell’Ufficio
del metodo di accertamento di tipo induttivo,
mediante utilizzo di elementi probatori

7

A-

rinvenuti presso terzi,nonostante la mancanza
dei presupposti tassativamente previsti dalla
norma applicata, consistenti in gravi violazioni
da parte del contribuente degli obblighi

riguardasse le imposte in materia di
accise,quando il metodo induttivo è invece
applicabile solo per l’accertamento delle
imposte sui redditi.
Con il settimo motivo di ricorso la ricorrente
censura la sentenza per violazione e falsa
applicazione dell’art.16 comma 2 D.L.gs 472/1997
e dell’art. 10 comma 3 legge 212/2000 in
relazione all’art. 360 comma l nr.3 cpc in
quanto il giudice di appello, senza tener conto
delle obiettive condizioni di incertezza sulla
portata e sull’ambito di applicazione della
norma tributaria e trascurando di considerare la

dichiarativi o contabili e nonostante la pretesa

circostanza che l’Ufficio non ha determinato
l’entità della sanzione irrogata, non ha
rilevato la mancanza di un elemento essenziale
dell’atto di contestazione e cioè la
quantificazione della sanzione comminata.
Con l’ottavo e nono motivo di ricorso la
8

(L_

ricorrente denuncia,

sotto

differenti

profili, violazione e falsa applicazione
dell’art. 112 cpc in relazione all’art. 360 n.4
cpc per vizio di extrapetizione , nonché per
omessa pronuncia dei giudici di appello sulla

inflitte nell’atto di contestazione delle
violazioni tributarie e sulla esistenza di
obiettive condizioni di incertezza sull’ambito
di applicazione della norma tributaria.

Il terzo motivo di ricorso, relativo all’art. 12
comma 7 legge 27 luglio 2000 nr. 212,è fondato e
deve essere accolto con assorbimento dei
restanti motivi.
Occorre premettere che questa Corte a Sezioni
Unite con sentenza nr. 18184 in data 29/7/2013
in tema di art. 12 comma 7 legge 27 luglio 2000
nr. 212 ha affermato il seguente principio: ” In
tema di diritti e garanzie del contribuente
sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma
7, della legge 27 luglio 2000, n. 212 deve
essere interpretato nel senso che l’inosservanza
del termine dilatorio di sessanta giorni per
l’emanazione dell’avviso di accertamento

mancata indicazione dell’entità delle sanzioni

termine

dal rilascio al

decorrente

contribuente, nei cui confronti sia stato
effettuato un accesso, un’ispezione o una
verifica nei locali destinati all’esercizio
dell’attività, della copia del processo verbale

sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di
urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo
emesso “ante tempus”, poiché detto termine è
posto a garanzia del pieno dispiegarsi del
contraddittorio procedimentale, il quale
costituisce primaria espressione dei principi,
di derivazione costituzionale, di collaborazione
e buona fede tra amministrazione e contribuente
ed è diretto al migliore e più efficace
esercizio della potestà impositiva. Il vizio
invalidante non consiste nella mera omessa
enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che
ne hanno determinato l’emissione anticipata,
bensì nell’effettiva assenza di detto requisito
(esonerativo dall’osservanza del termine), la
cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e
all’epoca di tale emissione, deve essere provata
dall’ufficio.”

10

di chiusura delle operazioni – determina di per

Risulta

definitivamente

quindi

acclarato il principio secondo il quale il
mancato rispetto del termine di 60 giorni per
l’emissione dell’avviso di accertamento – a
decorrere dal rilascio al contribuente della

operazioni di accesso o ispezione nei locali
dell’impresa – costituisce violazione del
diritto alla difesa del contribuente e del
contraddittorio tra le parti, salvo che
ricorrano specifiche ragioni di urgenza, secondo
i principi di buona fede e collaborazione che
costituiscono criterio di comportamento operante
non soltanto nei rapporti obbligatori di
diritto privato ma anche in quelli tra pubblici
poteri e contribuenti e tale violazione comporta
un vizio di legittimità dell’atto impositivo
emesso ante tempus, che può essere fatto valere
dal contribuente al fine di ottenere, per ciò
solo, in sede contenziosa, l’annullamento
dell’atto stesso. Ciò premesso, il differente
quesito al quale questa Corte è chiamata a dare
risposta nel presente ricorso, e sul quale non
si è espressa la sentenza a sezioni unite sopra
richiamata, attiene alla natura dei casi di
11

copia del processo verbale di chiusura delle

particolare

e

motivata

urgenza

che, secondo la norma richiamata, giustificano
l’adozione di atto impositivo prima della
scadenza del termine di sessanta giorni – a
decorrere dal rilascio al contribuente della
copia del processo verbale di chiusura delle
operazioni di accesso o ispezione nei locali
dell’impresa – entro il quale è concesso al
contribuente comunicare osservazioni o richieste
che gli Uffici impositori devono valutare.
L’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212
(Disposizioni in materia di statuto dei diritti
del contribuente), rubricato Diritti e garanzie
del contribuente sottoposto a verifiche fiscali,
dispone, al comma 7, che: “Nel rispetto del
principio di cooperazione tra amministrazione e
contribuente, dopo il rilascio della copia del
processo verbale di chiusura delle operazioni da
parte degli organi di controllo, il contribuente
può comunicare entro sessanta giorni
osservazioni e richieste che sono valutate dagli
uffici impositori. L’avviso di accertamento non
può essere emanato prima della scadenza del
predetto termine, salvo casi di particolare e

12

.

motivata

urgenza.

Per

gli

accertamenti e le verifiche aventi ad oggetto i
diritti doganali di cui all’articolo 34 del
testo unico delle disposizioni legislative in
materia doganale approvato con decreto del

43, si applicano le disposizioni dell’articolo
11 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n.
374> (l’ultimo periodo è stato aggiunto
dall’art. 92 del d.l. n. 1 del 2012, convertito
in legge n. 27 del 2012).
La norma non indica quali sono i casi di
particolare e motivata urgenza che giustificano
la deroga all’osservanza del termine di 60
giorni e, nella fattispecie, i giudici di
appello hanno ritenuto legittimo l’avviso di
pagamento notificato in data 18/7/2007, a
distanza di soli otto giorni dal processo

Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n.

verbale di verifica delle violazioni commesse,
in quanto implicitamente motivato con
l’imminente scadenza del termine di decadenza
per l’azione di accertamento della pretesa
impositiva.
Ritiene il Collegio, in aderenza alla decisione
13

fr

delle Sezioni Unite

sopra citata, che

non tanto la mancata enunciazione delle ragioni
di particolare e motivata urgenza richieste
dall’art. 12 comma 7 legge 212/2000 quanto
l’effettiva assenza di un motivo valido di
esonero dall’osservanza del termine comporta
l’illegittimità del provvedimento per
inosservanza del termine.
Le ragioni che giustificano la deroga alla
volontà del legislatore non possono essere
integrate dall’imminente decorso dei termini
utili all’accertamento in quanto, diversamente
opinando, si verrebbe a giustificare un ritardo
tutt’altro che occasionale ma fisiologico al
modus operandi degli Uffici finanziari che
spesso, senza alcun motivo eccezionale o
imprevedibile, portano a compimento
l’accertamento a ridosso dello spirare dei
termini, svuotando così la norma della sua
funzione di garanzia.
In

altri

dell’imminente

il

termini,
scadenza

fatto
del

implicito
termine

di

accertamento, ritenuto qui sufficiente dalla CTR
a giustificare la deroga all’osservanza del
14

.,

termine
legittimare

di

60

giorni,

l’operato

non può

dell’Ufficio

che

altrimenti, sarebbe autorizzato a comprimere il
diritto del contribuente, senza valido ed
adeguato motivo, operando sistematicamente solo

in assenza di un oggettivo impedimento che abbia
ostacolato un tempestivo accertamento.
Deve quindi essere affermato il seguente
principio di diritto: La violazione del termine
previsto dall’art. 12 comma 7 legge 212/2000
consentita solo ove sussistano ragioni di
urgenza il cui onere probatorio ricade
sull’Ufficio. Tali ragioni non possono
consistere nell’incombenza dello spirare del
termine di decadenza previsto per l’accertamento
da parte dell’Amministrazione, ove il ritardo
sia dovuto esclusivamente ad ingiustificata

nell’imminenza dei termini di prescrizione anche

inerzia o negligenza dell’Ufficio e non anche ad
altre circostanze che abbiano ritardato
incolpevolmente l’accertamento oppure che, per
vari motivi come per esempio un grave stato di
insolvenza del contribuente, rendano
difficoltoso col passare del tempo il pagamento

15

té,

del tributo e necessario procedere senza il
rispetto del termine.
Per quanto sopra il ricorso proposto deve essere

assorbimento dei restanti motivi.
La sentenza deve essere cassata senza rinvio e
la causa può essere decisa nel merito ex art.
384 cpc non richiedendo ulteriori accertamenti
in punto di fatto, con accoglimento del ricorso
introduttivo.
Ricorrono giusti motivi per compensare fra le
parti le spese dei gradi del giudizio di merito,
stante l’evolversi della vicenda processuale,
mentre le spese del giudizio di legittimità
possono essere compensate tra le parti
considerata la complessità della problematica e
la novità della questione affrontata.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso proposto, cassa la sentenza ed
accoglie il ricorso introduttivo. Compensa tra le
parti le spese del giudizio di merito e di
legittimità.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della V
sezione civile il 17/12/2013
16

)L

eo“i

DEperer

accolto in relazione al terzo motivo con

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