Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9424 del 09/04/2021

Cassazione civile sez. trib., 09/04/2021, (ud. 16/12/2020, dep. 09/04/2021), n.9424

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina M. – Presidente –

Dott. TRISCARI G. – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28694 del ruolo generale dell’anno 2013

proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui uffici ha domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), società in accomandita semplice, in fallimento, in

persona del legale rappresentante pro tempore; P.P.,

in proprio e quale erede di P.R.; P.S.;

P.C., Pi.Ra.; M.A.;

– intimati –

Per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale della Lombardia, n. 132/31/2012, depositata il giorno 22

ottobre 2012;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16 dicembre

2020 dal Consigliere Giancarlo Triscari.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: l’Agenzia delle entrate aveva emesso nei confronti di (OMISSIS), società in accomandita semplice, esercente attività di costruzioni, due avvisi di accertamento, relativi agli anni di imposta 2003 e 2004, con i quali aveva contestato ricavi non dichiarati e costi fittizi non deducibili; avverso i suddetti atti impositivi la società ed i soci avevano proposto ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Como che, in parziale accoglimento, aveva annullato gli avvisi di accertamento limitatamente alla pretesa riguardante la deduzione dei costi per lavori eseguiti in favore della società dalla Impresa Costruzioni Ca. & c. s.p.a.; avverso la suddetta pronuncia l’Agenzia delle entrate aveva proposto appello;

la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che i costi sostenuti dalla società erano deducibili indipendentemente dal luogo di effettuazione delle prestazioni, essendo rilevante, per quanto concerneva i lavori eseguiti dalla Impresa Ca. & c. s.p.a. per conto della società, la sussistenza della documentazione contabile comprovante l’esecuzione dei lavori su beni e per conto della committente Sampietro s.p.a.;

avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso l’Agenzia delle entrate affidato a tre motivi `di censura;

la società ed i soci sono rimasti intimati;

il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Dott.ssa Sa. Ri. ha depositato le proprie conclusioni con le quali ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

con ordinanza del 29 gennaio 2020 questa Corte, preso atto della circostanza che dalla sentenza censurata si evinceva che parti del giudizio erano stati, fra l’altro, anche gli eredi di D.M.S., ha disposto il rinvio a nuovo ruolo, autorizzando le parti a depositare memoria in ordine alla questione relativa alla regolarità ed integrità del contraddittorio di tutte le parti del giudizio;

l’Agenzia delle entrate ha depositato memoria con la quale ha chiesto di essere autorizzata alla integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di D.M.S..

Diritto

CONSIDERATO

che:

preliminarmente, va dato atto che l’Agenzia delle entrate, con la memoria del 24 giugno 2020, depositata a seguito dell’ordinanza di questo Collegio del 29 gennaio 2020, ha evidenziato che, pur essendo gli eredi di D.M.S. stati parti del giudizio di appello, non risultava che gli stessi avessero accettato l’eredità;

va quindi osservato, ai fini della questione della integrità del contraddittorio, che questa Corte (Cass. civ., 29 marzo 2017, n. 8051) ha precisato che, nell’ipotesi di morte di una delle parti nel corso del giudizio, la relativa legittimatici ad causam si trasmette non al semplice chiamato all’eredità, ma all’erede, tale per effetto di accettazione, espressa o tacita, del compendio ereditario, non essendo la semplice delazione, conseguente alla successione, presupposto sufficiente per l’acquisto di tale qualità, nemmeno nell’ipotesi in cui il destinatario della riassunzione del procedimento rivesta la qualifica di erede necessario del de cuius, occorrendone, pur sempre, la materiale accettazione, anche tacita (art. 476 c.c., e art. 485 c.c., comma 2);

sicchè, è onere della parte nei cui confronti non si è verificato l’evento, accertare se il chiamato all’eredità rivesta effettivamente la qualità di successore della parte deceduta, circostanza non riscontrabile nella fattispecie, in cui l’Agenzia delle entrate ha evidenziato che lo stesso difensore in appello degli eredi di D.M.S. aveva dichiarato, per conto dei medesimi, che nessuno di loro aveva accettato l’eredità;

in mancanza, dunque, di specifici elementi di riscontro della legittimatio ad causam degli eredi di D.M.S. non può ragionarsi in termini di difetto di contraddittorio;

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 e art. 21, comma 7, e dell’art. 2697, c.c., per avere ritenuto la sussistenza delle operazioni passive di cui alle fatture emesse dalla Impresa Costruzioni Ca. & c. s.r.l. sulla base della sola documentazione contabile, senza tenere conto degli elementi presuntivi dedotti dalla ricorrente, invertendo, in tal modo, il regime relativo all’onere della prova;

il motivo è infondato;

la pronuncia censurata ha tenuto conto della prospettazione compiuta dall’amministrazione finanziaria in sede di accertamento, ai fini della contestazione della non deducibilità dei costi in quanto relativi a lavori ritenuti non eseguiti, e basata sulla non corrispondenza tra il luogo di esecuzione delle prestazioni indicato nelle fatture passive, consistente nei lavori di subappalto commissionati dalla società contribuente, rispetto a quello in cui la medesima società si era impegnata alla esecuzione nei confronti della società appaltante Sa. s.p.a.;

pur tenendo conto di tale circostanza, la pronuncia censurata ha, tuttavia, accertato che era lo stesso processo verbale di constatazione che aveva dato conto del fatto che i lavori erano stati eseguiti, sebbene presso un luogo diverso da quello risultante dalle fatture emesse dalla contribuente;

la medesima pronuncia, inoltre, ha evidenziato che la Impresa Ca. & c. s.p.a. (cioè la società subappaltatrice) aveva documentato di avere effettivamente eseguito i lavori svolti su beni e per conto della società Sa. s.p.a., società committente dei lavori alla contribuente e da questi dati, a sua volta, in subappalto, alla suddetta impresa;

va quindi osservato che, secondo questa Corte (Cass. civ., 14 gennaio 2020, n. 444) quando l’ufficio contesti al contribuente l’indebita detrazione per operazioni oggettivamente inesistenti, ha l’onere di provare che l’operazione non è mai stata posta in essere, indicandone i relativi elementi, anche in forma indiziaria o presuntiva, raggiunta la quale incombe sul contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza delle operazioni contestate, a norma dell’art. 2697 c.c., fermo restando che tale prova non può consistere nella esibizione della fattura o nella dimostrazione della regolarità formale delle scritture contabili o dei mezzi di pagamento, poichè questi sono facilmente falsificabili e vengono normalmente utilizzati proprio allo scopo di far apparire reale un’operazione fittizia;

tuttavia, come detto, il giudice del gravame, ponendosi nella prospettiva di verificare l’effettività della prestazione di cui alle fatture emesse dalla contribuente, ha espresso il proprio convincimento facendo riferimento alla circostanza che l’amministrazione finanziaria aveva unicamente contestato il luogo di esecuzione della prestazione, non l’effettiva realizzazione delle stesse, ed ha supportato l’argomento facendo riferimento alle risultanze contabili della società subappaltatrice;

il richiamo, quindi, alle scritture contabili della società subappaltatrice non ha costituito l’unico argomento preso in considerazione dal giudice del gravame per basare la legittimità dei costi dedotti e delle detrazioni iva operate dalla contribuente: come detto, tale circostanza è stata assunta dal giudice del gravame ai fini del rafforzamento del proprio convincimento relativo alla effettività delle prestazioni;

sotto tale profilo, proprio l’accertamento della effettività delle prestazioni, secondo quanto sopra evidenziato, comporta la insussistenza, nel caso di specie, della violazione di legge, tenuto conto del fatto che la detrazione di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, non si ricollega alla formale corresponsione dell’imposta, che il soggetto passivo afferma a sua volta assolta o dovuta per l’acquisto di beni o servizi nell’esercizio dell’impresa, ma richiede che l’iva sia effettivamente dovuta, e cioè che tale imposta corrisponda ad operazioni effettivamente poste in essere ed ad essa soggette, in coerenza con quanto prescritto dalla sesta Dir. del Consiglio CEE n. 388 del 1977, artt. 17 e 20, e del principio affermato dalla Corte di Giustizia (sentenza 13 dicembre 1989, C342/87);

conseguentemente, nella specie, la prova della effettività delle operazioni è stata accertata dal giudice del gravame non tanto sulla base della realtà documentale della fattura, quanto sull’effettività dell’operazione e sul conseguente suo corretto assoggettamento all’imposta esattamente dovuta;

con il secondo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per nullità della sentenza, per avere omesso di motivare sugli elementi di prova forniti dall’amministrazione finanziaria in sede di motivazione degli atti impositivi nonchè di indicare i criteri di valutazione dei mezzi di prova utilizzati ai fini della decisione, rendendo, in tal modo, una motivazione apparente;

il motivo è infondato;

questa Corte (Cass., Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232) ha precisato che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture;

come visto, il giudice del gravame ha delineato il ragionamento logico seguito al fine di ritenere che le operazioni di cui alle fatture emesse dalla contribuente, in relazione alle quali aveva dedotto i costi e detratto l’Iva, era da considerarsi effettive, basando, in particolare, il ragionamento sia sul contenuto dello stesso processo verbale di constatazione che sulle risultanze contabili della società alla quale la contribuente aveva, a sua volta, subappaltato i lavori; sicchè, non può ritenersi che la pronuncia sia viziata perchè emessa sulla base di una motivazione apparente;

con il terzo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere motivato senza indicare adeguatamente l’iter logico giuridico seguito, per non avere dato riscontro alle specifiche deduzioni dell’amministrazione finanziaria e, infine, per non avere indicato gli elementi sulla base dei quali ha tratto il proprio convincimento;

il motivo è inammissibile;

le Sezioni unite di questa Corte (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, nn. 8053 e 8054), hanno precisato che “La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione”;

sicchè, a seguito della riforma del 2012, è venuto meno il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sull’esistenza (sotto il profilo dell’assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta) della motivazione, ossia con riferimento a quei parametri che determinano la conversione del vizio di motivazione in vizio di violazione di legge, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata; con riferimento alla pronuncia in esame, avendo il giudice del gravame esaminata e definita la questione, relativa alla non legittimità della pretesa relativa al recupero dei costi e dell’Iva detratta, sulla base di un ragionamento logico non passibile di censura, non può ritenersi ammissibile, invero, la prospettazione di un vizio motivazionale, quale quello in esame, in cui la parte lamenta, in sostanza, la mancata considerazione delle proprie tesi difensive prospettate nel giudizio di appello, senza, peraltro, indicare specificamente quale fatto decisivo, e rilevante ai fini della decisione, non è stato preso in considerazione dal giudice del gravame;

ne consegue il rigetto del ricorso, nulla sulle spese attesa la mancata costituzione degli intimati.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 16 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 9 aprile 2021

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