Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9423 del 27/04/2011

Cassazione civile sez. III, 27/04/2011, (ud. 22/03/2011, dep. 27/04/2011), n.9423

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 9351/2009 proposto da:

B.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI TRE OROLOGI 14, presso lo studio dell’avvocato GULLUNI

ANTONIO, rappresentato e difeso dall’avvocato PACIFICO Gianpietro

Vincenzo giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

UNIPOL ASSICURAZIONI SPA ORA UGF ASSNI SPA (OMISSIS) in persona

del suo procuratore ad negotia Dott. G.G., A.T.C.

BOLOGNA (OMISSIS), in persona del Presidente e Legale

rappresentante ing. S.F., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22, presso lo studio dell’avvocato

POTTINO Guido Maria, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PECCENINI FLAVIO giusta delega in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 357/2008 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

Sezione Seconda Civile, emessa il 20/02/2007, depositata il

20/02/2008; R.G.N. 1636/2002;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

22/03/2011 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito l’Avvocato FIORENTINO LEOPOLDO (per delega Avvocato PACIFICO

GIAMPIETRO);

udito l’Avvocato CUCCIA ANDREA (per delega Avvocato POTTINO GUIDO

MARIA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 25 gennaio 2002 il Tribunale di Bologna rigettava la domanda proposta da B.L. nei confronti di A.T.C. – Azienda Trasporti Comunali di Bologna e della Compagnia Assicurazioni per la R.C.A. UNIPOL s.p.a., tendente ad ottenere il risarcimento di tutti i danni, fisici e materiali, subiti a seguito di un incidente stradale avvenuto il (OMISSIS) in (OMISSIS), asseritamente ascrivibili a responsabilità esclusiva del conducente dell’autobus n. (OMISSIS) dell’A.T.C..

Su gravame del B. la Corte di appello di Bologna il 20 febbraio 2008 confermava la decisione di prime cure.

Avverso siffatta sentenza propone ricorso per cassazione il B., affidandosi a tre motivi.

Resistono con controricorso le intimate A.T.C, e la UNIPOL Assicurazioni s.p.a..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.-Con il primo motivo (formulato come insufficiente e contraddittoria motivazione – art. 360 c.p.c., n. 5 – circa la assunzione e la valutazione della prova testimoniale del teste C.D., motivatamente ammessa ed immotivatamente inutilizzata su fatti controversi e decisivi per il giudizio e delle ulteriori prove con i testi escussi) il ricorrente, in estrema sintesi, propone due profili del denunziato vizio di motivazione, a suo avviso, rinvenibile nella impugnata sentenza.

Con il primo profilo lamenta che una volta ammessa la prova testimoniale, come lo fu in primo grado con ordinanza del 1 giugno 2000, il giudice del merito avrebbe dovuto solo valutare la sua attendibilità, per cui non sarebbero condivisibili il pronunciamento del Tribunale, prima, e della Corte di appello, poi, in ordine alla giusta interpretazione ed applicazione dell’art. 246 c.p.c..

In punto di fatto, il B. assumeva che per evitare la collisione con l’autobus della A.T.C., che, a suo dire, aveva invaso la corsia di spettanza delle autovetture private, si sarebbe trovato costretto a sterzare verso l’opposta corsia di marcia, per cui si era venuto a scontrare con l’automezzo dei Vigili del Fuoco condotto da C.D..

Questi venne indicato tra i testi chiamati a deporre e fu ammesso con ordinanza del 1 giugno 2000, ma il giudice, pur dopo la sua ammissione, in sentenza erroneamente avrebbe ritenuto che il teste aveva un interesse potenziale, per cui in sentenza erroneamente avrebbe dichiarata inutilizzabile la sua testimonianza.

Difatti, se corrisponde al vero che il giudice di primo grado ammise il teste C. e poi ebbe a dichiarare la inutilizzabilità della sua testimonianza, il giudice dell’appello, esaminando la doglianza del B. in merito a tale inutilizzabilità, ha avuto modo di rinvenire nel teste “un suo specifico interesse a descrivere la dinamica dell’incidente in modo pedissequo alla tesi attorea e ciò lo ha reso incompatibile come teste, potendo potenzialmente assumere la posizione di parte” (p. 8 sentenza impugnata).

Osserva, al riguardo il Collegio, che la c.d. potenzialità non è riferita all’interesse, che è stato qualificato specifico e concreto a descrivere la dinamica dell’incidente, bensì alla possibilità che il teste avrebbe potuto assumere la posizione di parte, applicando, all’esito della fase istruttoria, così come doveva fare, letteralmente il disposto dell’art. 246 c.p.c., sul quale, come è noto, diverso è l’opinione di pur autorevole dottrina, secondo la quale la norma in esame sanzionerebbe una situazione di incompatibilità o altrimenti detto di insussistente legittimazione a deporre.

In altri termini, il giudice ebbe a dichiarare il teste incapace a testimoniare e sul punto la sentenza non merita censura, perchè conforme all’orientamento interpretativo di questa Corte e di cui a Cass. n. 3432/98.

Peraltro, l’apprezzamento della inutilizzabilità della deposizione testimoniale è insindacabile in sede di legittimità (Cass. n. 12317/03).

Con il secondo profilo il B. lamenta che il giudice dell’appello avrebbe fatto mal governo delle prove acquisite, che, invece, avrebbero condurre a concludere per la verifica dei fatti come descritti nella narrativa della citazione (p. 18 ricorso).

Il profilo va disatteso in quanto, come è noto, è di esclusiva competenza del giudice del merito il giudizio sulle prove acquisite e su di essa è sufficiente leggere la sentenza impugnata per accorgersi della correttezza e congruità dell’argomentare.

2. – Con il secondo motivo ( violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 111 Cost., relativamente ai principi di diritto di difesa, contraddittorio e di parità processuale delle parti unitamente a vizio di motivazione – art. 360 c.p.c., n. 3) il ricorrente si duole che, avendo il giudice di primo grado limitato a due per parte i testi da escutere, la successiva declaratoria di inutilizzabilità del teste C. lo avrebbe privato di poter provare il suo assunto.

La doglianza è infondata.

Di vero, il giudice ammise due testi per parte; di uno dei testi di parte B. ritenne inutilizzabile il teste C. per quanto sopra esposto.

Quindi, nessuna violazione del principio nè del contraddittorio nè di quello della c.d. parità delle armi è a lui addebitabile.

Del resto, tutte le altre osservazioni contenute nel ricorso circa il verbale delle udienze, gli errori riferibili sia alle date e sia ai fatti dell’istruttoria processuale integrerebbero tutt’al più un errore revocatorio non ammissibile in questa sede.

3. – Con il terzo motivo (violazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost., relativamente alla richiesta prova testimoniale ex art. 345 c.p.c., comma 3 – art. 360 c.p.c., n. 3; insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza sul punto – art. 360 c.p.c., n. 5), in estrema sintesi, il ricorrente lamenta che il giudice dell’appello non avrebbe ammesso le prove da lui ulteriormente dedotte.

Al riguardo, va precisato che non è rinvenibile alcuna contraddittorietà dei due pronunciamenti – dell’ordinanza e della sentenza, nel senso che la ritenuta presunta rinuncia al mezzo istruttorio non può essere assimilata all’inutilità e defatigorietà dello stesso, essendo queste due cose diverse.

Infatti, a ben leggere il passo argomentativo della impugnata sentenza che si censura, esso si configura come l’ulteriore corollario dell’attendibilità delle deposizioni dei testi M., citato dal B., e del teste G. e della piena condivisibilità della ricostruzione della dinamica dell’incidente operata dal primo giudice (p. 9-10 sentenza impugnata).

Quindi, nessuna violazione delle norme di diritto invocate nè alcun vizio di motivazione sono rinvenibili nella decisione soggetta a ricorso, anche perchè quanto valutato dal giudice dell’appello circa il contenuto delle testimonianze, ritenute sufficienti a descrivere la vicenda nella sua fattualità, in sostanza non viene censurato dal ricorrente, che, invece, si limita ad insistere sulla ammissibilità, negata, delle prove ulteriori richieste.

Conclusivamente il ricorso va respinto e le spese che seguono la soccombenza vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2011

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